13 febbraio -
Gentile Direttore, la situazione nei Pronto Soccorso in questo inizio anno è diventata sempre più critica a causa dell’aumento di patologie respiratorie dovute all’influenza e ad altri virus in circolazione, che hanno scompensato ulteriormente lo stato di sofferenza cronico delle strutture di emergenza. E quando la crisi è al suo massimo, con il sovraffollamento di malati ben oltre i livelli di guardia e le attese sempre più lunghe, si assiste da parte degli amministratori agli immancabili annunci di misure finalmente risolutive, accompagnati dagli altrettanto immancabili scarichi di responsabilità, prendendosela per lo più con i medici di medicina generale che non avrebbero fatto filtro e con i malati che abuserebbero del Pronto Soccorso accedendovi per cose di poco conto.
Va ricordato che il Pronto Soccorso è la prima linea della sanità e quindi è la prima struttura ad essere “colpita” quando l’intero sistema salute funziona poco e male. Da un lato il PS soffre la mancanza di posti letto in ospedale, dall’altra gli accessi in aumento, poiché i malati trovano sempre meno risposte sul territorio e quindi non sanno dove rivolgersi se non al Pronto Soccorso.
Per molti amministratori è diventato un luogo comune giudicare come impropri i codici verdi e bianchi, ma è fuorviante riferirsi ai codici colore per valutare l’appropriatezza degli accessi in PS, visto che il codice del triage è solo una sorta di semaforo per la priorità d'accesso alle cure, ovvero misura il grado di urgenza, ma NON è un indice di appropriatezza dell’uso del PS. Basta osservare che tra i codici verdi si trovano, ad esempio, la gran parte dei traumi cranici, delle fratture di testa e collo di femore, delle sincopi (ovviamente risolte), e tanti altri quadri clinici che necessitano di cure, di accertamenti diagnostici, di osservazione in ambiente protetto, che solo il Pronto Soccorso può garantire.
Va inoltre ricordato che tra i codici cosiddetti "minori" (bianchi e verdi) si nascondono le insidie e i casi spesso più difficili da interpretare (es.: la lombalgia/dorsalgia che si rivela dissezione aortica, gli edemi cronici che nascondono uno scompenso cardiaco con edema polmonare imminente). Sono del resto proprio i codici bianchi e verdi a produrre molte denunce. E ciò dovrebbe indurre gli amministratori a maggiore prudenza nel reclutare medici cosiddetti “a gettone”, senza una preliminare valutazione dei livelli di formazione ed esperienza.
La mancanza di personale sanitario è un problema gigantesco da cui dipende la tenuta del sistema di emergenza, interessa tutte le regioni, ma alcune sono più colpite di altre, in genere quelle dove i professionisti non sono trattati bene e allora se ne vanno.
Il FVG è agli ultimi posti tra le regioni italiane per il trattamento economico del personale medico, che oltre a pagare di meno paga anche in ritardo. Ma non è solo questione di soldi, alla fuga dei professionisti contribuiscono anche le scarse o nulle prospettive di carriera che la regione offre loro dopo il taglio selvaggio dei reparti ospedalieri. E neppure vengono prontamente coperti i posti di primariato superstiti, e si assiste al fiorire di “facenti funzioni” a capo di reparti e dipartimenti, molto meno retribuiti, e che, in quanto precari, alimentano il fenomeno degli yes men che continua ad essere molto apprezzato dalle amministrazioni più ottuse.
Oltre alla carenza di personale l’altro grosso problema comune a tutte le regioni italiane è la mancanza di posti letto negli ospedali, soprattutto di medicina. E così i malati bisognosi di cura rimangono in Pronto Soccorso nell’attesa che si liberino i letti nei reparti - fenomeno del “boarding” - sottoponendo il personale, già ridotto all’osso, a ulteriori carichi di lavoro per assistere i malati in attesa di ricovero. In parallelo la carente ricettività delle strutture territoriali ritarda di giorni le dimissioni dai reparti di pazienti che non necessitano più di cure ospedaliere ma di assistenza sul territorio.
Difficile uscire dalla crisi dei Pronto Soccorso se non si rivede la dotazione dei posti letto ospedalieri per acuti. L’Italia con 3.1 letti per mille abitanti si situa ben al disotto della media europea che è di 4,9, ricordando che la Germania ha 8 letti ogni mille abitanti, l’Austria 7.1, la Francia 5.9.
Ed è sbagliato contrapporre ideologicamente il territorio all’ospedale, servono l’uno e l’altro, perché quando l’anziano ha una frattura o un infarto o un ictus ha bisogno dell’ospedale come e più del giovane.
Bisogna quindi pensare ad una seria pianificazione della sanità pubblica, che parta dai bisogni essenziali di salute e non da ideologie e altri interessi, e si eviti di concentrare la colpa della crisi sui cittadini che accedono al Pronto Soccorso, anche se può risultare comodo scaricare su questi le responsabilità per fornire così un alibi a chi non sa governare e gestire, mentre sa e fin troppo bene sottofinanziare.
Walter Zalukar già Direttore Dipartimento di Emergenza e Accettazione e Primario Pronto Soccorso dell’Azienda ospedaliero universitaria di Trieste già Consigliere Regionale XII Legislatura FVG