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QS Edizioni - domenica 24 novembre 2024

Lettere al Direttore

L’importanza della ricerca mitocondriale nelle malattie cardiovascolari

di Massimiliano Cinque
8 febbraio - Gentile Direttore,
le patologie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte al mondo, con oltre il 17 milioni di decessi all’anno; in Italia il dato è quanto meno allarmante, il 35% di decessi, ovvero oltre 230 mila morti che, di conseguenza, si ripercuotono anche sull’economia del Sistema Sanitario Nazionale. Si stima che i costi variano tra i 19 e i 24 miliardi di €, cui 11-16 miliardi di costi diretti e 5-8 miliardi di indiretti. Se da un lato la prevenzione e i corretti stili di vita possono aiutare a ridurre le patologie, i decessi e i costi indiretti, dall’altro occorre obbligatoriamente intervenire con profilassi farmacologica.

Dall’ultimo rapporto OsMed dell’Agenzia Italiana del Farmaco fuoriesce che i farmaci per l’apparato cardiovascolare sono i più utilizzati, i consumi si attestano a 505.32 dosi giornaliere ogni 1000 abitanti, con profilo di esposizione per fasce d’età e genere in costante incremento all’aumentare dell’età. Il genere maschile è più colpito in quanto vi è a carico del cromosoma Y un deperimento del mosaico ematopoietico (cellule staminali del sangue da dove derivano tutti gli elementi fondamentali per il sangue), con conseguente comparsa di patologie.

I ricercatori dell’Associazione Italiana Ricerca Mitocondriale (AIRM), in un loro recente studio1, hanno individuato una serie di possibili target farmacologici su proteine mitocondriali in grado di contrastare ipertensione ed in generale malattie cardiovascolari.

Un passo indietro: perché i mitocondri, organelli cellulari di dimensioni dell’ordine di un milionesimo di metro, sono importanti bersagli farmacologici nelle patologie cardiache? I Mitocondri, tra le loro varie funzioni, sono deputati principalmente alla produzione di ATP (adenosina trifosfato) – substrato energetico per reazioni metaboliche – e nella respirazione cellulare, con la formazione di ROS (specie reattive dell’ossigeno), ovvero i radicali liberi. Queste molecole sono dotate in enorme instabilità e reattività con altre molecole, che per raggiungere un equilibrio reagiscono a loro volta con altri radicali liberi, diventando instabili e pericolosi. Questo processo porta ad uno stress ossidativo cellulare, ovvero attivazione di numerosi processi antiossidanti per evitare il danneggiamento del DNA, di proteine e lipidi, che porterebbero altrimenti alla comparsa di numerose malattie.

I cardiomiociti, cellule specifiche dell’apparato cardiovascolare, sono ricchi di mitocondri. Quando vi è un problema cardiovascolare, si generano condizioni di ipossia (carenza di ossigeno) che influenza gravemente la respirazione mitocondriale e la fosforilazione ossidativa – processo biochimico fondamentale per la produzione di energia cellulare – causando la deplezione di ATP con conseguente aumento di ROS che possono generare gravi danni al tessuto cardiaco, attraverso apoptosi e necrosi cellulare. È stato dimostrato in studi su topi che un over espressione di trasportatori di ATP sulla membrana mitocondriale porti effetti positivi nel preservare le funzioni cardiopatiche, in quanto si riesce a mantenere un apporto di energia cellulare costante e bilanciata. D’altro canto una mutazione al trasportatore dei fosfati – che altera la via della fosforilazione ossidativa – è associato a cardiomiopatia ipertrofica, ipotonia muscolare, ritardi della crescita e morte precoce in età infantile; discorso analogo lo si fa quando si notano mutazioni al trasportatore mitocondriale carnitina/acetilcarnitina (ovvero favorisce l’ingresso di acidi grassi a catena lunga per esser poi convertiti in energia cellulare).

La pubblicazione dei ricercatori AIRM prende in considerazione piccole molecole che hanno attività su specifici bersagli mitocondriali. Occorre specificare che questa pratica farmacologica è agli albori e tanto dev’esser ancora studiato e analizzato. Dallo studio emergono, comunque, risultati entusiasmanti, dove una serie di piccole molecole possono dare effetti positivi nella cura delle malattie cardiovascolari. Ad esempio, la molecola che desta più interesse, anche nei modelli sperimentali, è una idrossilammina derivata (BGP-15) che accresce la fusione mitocondriale, ovvero un processo cellulare che porta alla fusione di più mitocondri come meccanismo di protezione da danni derivati da stress ossidativo.

Come detto, siamo ancora agli inizi di questo entusiasmante capitolo della ricerca umana per cercare di ridurre al minimo i rischi derivati dalle patologie cardiovascolari, dove i mitocondri, piccoli organelli, racchiudono segreti e potenzialità che dovranno essere esplorati a fondo.

Dott. Massimiliano Cinque
AIRM – Associazione Italiana Ricerca Mitocondriale


NOTE

1 https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0006295222005019?via%3Dihub
8 febbraio 2024
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