Lettere al Direttore
Infermieri, sulle pensioni la beffa per gli anziani e il danno per i giovani
di Andrea BottegaGentile direttore,
con l’emendamento al DDL bilancio 2024 presentato dal governo per attenuare le previsioni dell’art. 33 in materia previdenziale, sono state introdotte delle possibilità di mantenimento del vecchio regime di calcolo per l’assegno pensionistico.
Tuttavia, se lo sforzo prodotto presenta alcune via d’uscita alle penalizzazioni del testo base non possiamo esprimere un giudizio positivo sulle soluzioni trovate soprattutto perché comportano un innalzamento degli anni di lavoro e un onere anche sui più giovani che erano minimamente toccati dalla riforma.
Il testo dell’emendamento, infatti, nel salvaguardare con le norme pregresse i dipendenti che alla data del 31.12.2023 hanno già maturato il diritto alla pensione - ma che per scelta personale sono rimasti in servizio - sembrerebbe introdurre altre possibilità innovative e, precisamente:
La cessazione per “il raggiungimento dei limiti di età o di servizio previsto dagli ordinamenti di appartenenza” che verrebbe salvaguardata con la pregressa normativa. Nella fattispecie si tratterebbe dei limiti vincolanti per tutti i dipendenti pubblici fissati dalla normativa generale (compimento del 65° anno di età in base all’art. 4 del d.p.r. n° 1092 del 1973 per i dipendenti dello stato e l’art. 12 della legge n° 70 del 1975 per i dipendenti degli enti pubblici). Tali limiti, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 24 del decreto legge n° 201 del 2011, convertito in legge n° 214 sempre del 2011 (cd. decreto Salva Italia), non sono stati modificati, ma è stato espressamente previsto il trattenimento in servizio fino al raggiungimento delle nuove uscite per la pensione di anzianità ovvero per la pensione di vecchiaia.
La salvaguardia per le pensioni di vecchiaia.
La possibilità di ridurre/azzerare, limitatamente al personale medico ed agli infermieri, la penalizzazione prevista dall’applicazione della nuova tabella di cui art. 33 comma 1, rimanendo in servizio fino ad un massimo di tre anni con riduzione della penalizzazione pari ad un trentaseiesimo per ciascun mese di lavoro aggiuntivo.
Per quanto sopra ed al fine di una corretta rappresentazione della materia, a decorrere dal 2024 i lavoratori afferenti alle casse pensioni CPS, CPDEL, CPI, CPUG avrebbero le seguenti possibilità di uscita pensionistica con evidenziate per ciascuna le possibili penalizzazioni. Inoltre, per una facile lettura si precisa che:
Per pensioni di anzianità si intendono i requisiti di 42 anni e 10 mesi per i maschi con l’aggiunta di una finestra mobile, per il 2024 di 3 mesi e di un anno in meno per le donne.
Per il raggiungimento del limite di età del proprio ordinamento si intende l’età anagrafica di 65 anni.
Per il raggiungimento della pensione di vecchiaia si intende il compimento di 67 anni di età.
Ecco le nuove combinazioni delle uscite previdenziali:
Nessuna penalizzazione economica e/o di attività lavorativa aggiuntiva (si applica la tabella di cui all’allegato A della legge 965/1965):
Pensione con i requisiti di quota 100 (art 14 del dl n° 4/2019 convertito nella legge n° 26/2019) già acquisiti alla data del 31.12.2021 e pari a 62 anni di età anagrafica e almeno 38 di anzianità contributiva.
Pensione con i requisiti di quota 102 (art. 1 comma 87 della legge n° 234/ 2021) già acquisiti alla data del 31.12.2022 e pari a 64 anni di età anagrafica e almeno 38 di anzianità contributiva.
Pensione con i requisiti di quota 103 (art 1 comma 283 della legge n° 197/2022) già acquisiti alla data del 31.12.2023 e pari a 62 anni di età e almeno 41 di anzianità contributiva.
Pensione di vecchiaia senza il raggiungimento del requisito per la pensione anticipata (67 anni di età).
Pensione per il raggiungimento del limite di età del rispettivo ordinamento ed il contestuale raggiungimento del requisito per la pensione anticipata (65 anni di età e 42 anni e 10 mesi di contributi per i maschi, 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne)
Nessuna penalizzazione economica, ma aumento di attività lavorativa aggiuntiva (si applica la tabella di cui all’allegato A della legge 965/1965).
Pensione per il raggiungimento del limite di età del rispettivo ordinamento (65 anni per gli infermieri) dopo il raggiungimento del requisito per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi di contributi per i maschi, 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne).
Pensione per il raggiungimento del limite di età per la pensione di vecchiaia (67 anni) dopo il raggiungimento del requisito per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi di contributi per i maschi, 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne).
Nessuna penalizzazione economica, ma aumento di attività lavorativa aggiuntiva di tre anni prevista per i soli medici ed infermieri (si applica la tabella di cui all’art 33 comma 1 della proposta di legge di bilancio).
Pensione con tre anni di attività lavorativa aggiuntiva rispetto al requisito per la pensione di anzianità (uomini 42 anni e 10 mesi di contributi, con l’aggiunta della finestra di uscita, donne 41 anni e 10 mesi di contributi, con l’aggiunta della finestra di uscita), senza aver raggiunto dopo i tre anni aggiuntivi il limite di età del rispettivo ordinamento (65 anni) e neppure il limite della pensione di vecchiaia (67 anni).
Penalizzazione economica, con aumento di attività lavorativa aggiuntiva inferiore a tre anni prevista per i soli medici ed infermieri (si applica la tabella di cui all’art 33 comma 1 della proposta di legge di bilancio).
Pensione con meno di tre anni di attività lavorativa aggiuntiva rispetto al requisito per la pensione di anzianità (uomini 42 anni e 10 mesi di contributi, con l’aggiunta della finestra di uscita, donne 41 anni e 10 mesi di contributi, con l’aggiunta della finestra di uscita), senza raggiungere il limite di età del rispettivo ordinamento (65 anni per gli infermieri) e neppure il limite della pensione di vecchiaia (67 anni).
Penalizzazione economica completa senza aumento di attività lavorativa aggiuntiva (si applica la tabella di cui all’art 33 comma 1 della proposta di legge di bilancio).
Pensione con i soli requisiti della pensione di anzianità (uomini 42 anni e 10 mesi di contributi, con l’aggiunta della finestra di uscita, donne 41 anni e 10 mesi di contributi, con l’aggiunta della finestra di uscita), senza raggiungere il limite di età del rispettivo ordinamento (65 anni per gli infermieri) e neppure il limite della pensione di vecchiaia (67 anni).
Appare chiaro che, per non avere penalizzazioni, l’emendamento prevede in molti casi un aumento degli anni di permanenza al lavoro (almeno fino a 65 anni) che, per il caso degli infermieri, significa invecchiare ulteriormente le dotazioni organiche delle aziende, avere in servizio più personale con esoneri, assistere a un aumento del fenomeno della salvaguardia della propria salute con conseguente scadimento della qualità di assistenza, allontanare ulteriormente i giovani dalla professione perché su di loro graveranno i maggiori carichi di lavoro.
È noto, anche se non considerato, che quello dell’infermiere è un lavoro usurante: non da scrivania, da referti o su chiamata, ma un impiego da assistenza diretta al letto del malato, con turni attivi di notte, con le ore notturne intense quanto quelle diurne per le attività che si svolgono e per la complessità dei pazienti pluripatologici che si assistono.
In più, la platea di infermieri che è penalizzata da questo provvedimento è quella che ha iniziato a lavorare prima del 1996 quando ancora non erano disponibili gli attuali presidi individuali di sicurezza (es. sollevatori, mobilizer), i letti elettrici non esistevano, non era ancora in vigore il dlgs 66/2003, di recepimento della normativa europea sull’orario di lavoro, e il mattina-notte era la normalità. I presidi per la mobilizzazione dei pazienti erano limitati e i sistemi di protezione dagli agenti chimici di allora oggi sarebbero vietati in quanto non in grado di tutelare la salute del lavoratore. Questa platea di infermieri, inoltre, è proprio quella che, forte della sua esperienza in servizio, ha assistito gli italiani durante la pandemia da Covid-19 senza risparmiarsi in termini di salute e di turni massacranti, senza tornare a casa per giorni o settimane. Sono quei professionisti che il lockdown non l’hanno mai sperimentato, così come lo smartworking, che sono stati faccia a faccia con il Covid ogni santo giorno nella sua realtà più cruda, e non guardandolo in Tv da casa.
È giusto ricordare che l’intento dichiarato (quello non dichiarato è di far cassa risparmiando sulle pensioni di queste categorie) è di omogenizzare il sistema di queste casse previdenziali con il sistema pensionistico dei privati e degli statali. Se così fosse sommessamente facciamo presente che:
I lavoratori privati possono chiedere l’anticipo del TFR e alle dimissioni viene loro liquidato in breve tempo il totale maturato. Nel pubblico impiego non solo non è possibile chiedere un anticipo, ma il TFR lo si riceve con una finestra di almeno due anni (e nemmeno si rispetta la sentenza della Corte Costituzione 130/2023).
Permangono per alcune categorie di dipendenti dello Stato, anche giustamente, significativi privilegi in termini di calcolo e di età per la pensione.
Sarebbe giusto riconoscere come lavoro usurante il lavoro dell’infermiere e stabilire delle anticipazioni nell’uscita dal lavoro.
Infine, è altresì da evidenziare che la proposta emendativa prevede una modifica della finestra di uscita nel caso delle pensioni di anzianità che riguarderebbe anche gli assunti successivamente al 1995 e, precisamente:
Tre mesi fino al 31.12.2024
Quattro mesi nel 2025
Cinque mesi nel 2026
Sette mesi nel 2027
Nove mesi nel 2028
Ciò comporta una penalizzazione di queste categorie che si vedrebbero allungare di 6 mesi l’accesso alla pensione rispetto a tutti gli altri lavoratori. A noi pare chiaro che questa discriminazione abbia carattere di incostituzionalità e in tal senso ci muoveremo per evitare che oltre alla beffa per i più “anziani” ci sia anche il danno per i giovani.
Andrea Bottega
Segretario nazionale NurSind