5 dicembre -
Gentile Direttore,due proposte di legge saranno discusse in Senato che riguardano l’inclusione lavorativa delle persone con autismo (n.647, primo firmatario Sen. Russo) e quella per la ripartizione dei fondi per l’autismo, portati da 27 a 30 milioni (n.739, prima firmataria Sen. Castellone). Il finanziamento è specifico per le persone con autismo ed è aggiuntivo e in quanto tale non deve dunque sostituire gli altri finanziamenti già di competenza delle Regioni. Il tema è stato affrontato in una audizione che si è svolta in Senato il 29 novembre convocata per raccogliere i pareri delle associazioni. Le integrazioni proposte si innestano su quelle presentate da Fish di cui Angsa aderisce.
Danilo Pistillucci, tesoriere dell’Angsa, ha ricordato che dal 1989 Angsa fa parte dell’Associazione Internazionale Autism Europe, che unisce i rappresentanti di un centinaio di Federazioni e di Associazioni di tutta Europa. Autism Europe ha chiesto un impegno del Parlamento Europeo che il 4 ottobre u.s. ha prodotto la
Risoluzione sull'armonizzazione dei diritti delle persone autistiche ( 2023/2728(RSP) ). Angsa ad oggi è presente nel Paese con oltre 70 Associazioni locali sparse in tutte le Regioni con attività di supporto alle Famiglie in collaborazione con le istituzioni locali e nazionali. Apprezza pertanto l’attività dei Senatori che hanno firmato per primi le due proposte di legge in audizione e per le quali presenta alcune integrazioni.
Per Angsa è necessaria una forte sinergia fra tutti i vari ministeri interessati; anche la collaborazione del Ministero del lavoro e della solidarietà si rende necessaria, per far sì che sul tema dell’inclusione lavorativa si diano diverse soluzioni alle diversissime esigenze delle persone con autismo. L’inclusione per alcuni può essere finalizzata alla produzione ed essere sullo stesso livello di efficienza degli altri lavoratori, mentre per altri può avere una finalità prevalente di inclusione sociale, per poche ore di lavoro al giorno passate preferibilmente in ambiente comune con altri lavoratori senza disabilità.
In ogni caso l’inclusione esige una preparazione nella scuola e un’attenzione particolare alla transizione scuola-lavoro. Il nostro sistema scolastico si vanta di una inclusione nelle classi comuni anche degli allievi con grandi disabilità come l’autismo profondo, che esigono interventi complessi di operatori scolastici, sanitari e sociali, ma purtroppo la loro preparazione soltanto raramente ha la specializzazione necessaria per consentire che l’inclusione nella società continui anche dopo la fine della scuola. Per questo motivo si richiede che la preparazione degli educatori, degli insegnanti di sostegno e curricolari, del personale tutto della scuola venga effettuata dalle nostre Università in modo specialistico, adeguato a rispondere alle esigenze del resto della vita.
La scarsa preparazione della scuola alla vita adulta e al lavoro rappresenta uno degli aspetti drammatici per queste persone. Occorre evitare gli sprechi nella scuola: ’l’impegno di risorse pubbliche è enorme, circa il doppio delle risorse analoghe impiegate dagli USA pro capite di allievo con autismo, ma i risultati sono molto modesti.
Vi sono ancora molte resistenze ad applicare correttamente i principi della legge 134 del 2015 e dell’art.60 dei LEA del 2017”. L’intervento psicoeducativo basato sull’analisi del comportamento (sigla inglese ABA) applicata ai casi di autismo, che è il più diffuso nel mondo, deve essere insegnato in corsi di laurea appositi. La ricerca scientifica biomedica deve essere incentivata, e perché abbia speranze di successo occorre che sia a livello mondiale: ottima occasione è offerta dal Memorandum dell’8 settembre 2021, che prevede collaborazione fra Ministeri della sanità degli USA e dell’Italia, che si sono incontrati il 27 novembre per promuovere ricerca di base e applicata sui vari interventi sanitari. Anche in questo caso il Ministero dell’Università e della ricerca deve svolgere il suo ruolo principale in sinergia con il ministero della salute.
La fine della scuola oggi termina drasticamente in particolare per i casi di autismo profondo, e si scaricano troppi compiti assistenziali sulla famiglia.
Il lavoro per la maggior parte delle persone con diagnosi di Disturbi dello spettro autistico (in sigla inglese ASD) in Italia, che ancora oggi si colloca al livello 3, ha generalmente lo scopo principale di non abbandonarle alla noia e di includerle nella società piuttosto che perseguire il fine produttivo. Per i casi a livello 3, vi possono essere lavori, in genere ripetitivi, dove le persone con ASD possono anche rendere quanto gli altri lavoratori. Spesso queste persone necessitano della presenza di un Tecnico occupazionale o di un Educatore socio pedagogico, ma raramente riescono a lavorare ad orario pieno e spesso le ore settimanali si abbassano al di sotto del livello considerato minimo per un rapporto di lavoro contrattuale.
Le Regioni, come l’Emilia Romagna hanno legiferato per sostituire le vecchie borse-lavoro con tirocinio biennale ripetibile senza limiti di tempo, non retribuito dalla ditta ospitante ma semmai dal fondo apposito derivante dai versamenti delle ditte che non assumono le quote obbligatorie di disabili.
La necessità di predisporre atti e misure utili sta nei numeri. A conferma la scelta fatta da 8 regioni su 20 di utilizzare parte dei 100 milioni del Fondo inclusione su progetti di inserimento lavorativo. “Ora la prevalenza dell’ASD - che comprende oltre all’autismo anche le forme già indicate come sindrome di Asperger (livello 1 dell’ASD) è molto elevata e in rapida crescita in tutto il mondo- la prevalenza è massima in Australia, dove è aumentato di 100 volte dall'inizio di questo secolo arrivando nel 2020 ad un caso ogni 25 allievi. Dati simili si ritrovano anche per Giappone e Corea del Sud. In Italia gli allievi della scuola primaria e secondaria di primo grado certificati con “Disturbi evolutivi globali dello sviluppo psicologico” (classificazione molto simile a quella di ASD) sono passati da 43.000 nell’anno scolastico 2017-18 a 47.000 nell’anno 2018-19, circa uno su cento del totale”.
Ma nel 2019 l’ISS ha fatto un’indagine con il metodo del CDC americano e ha trovato 1,33 su cento; a questa stessa frequenza gli USA erano arrivati un decennio addietro. Ci si attende una crescita analoga in Italia, soprattutto, ma non soltanto, per l’aumento delle diagnosi dei livelli 1, attualmente neppure diagnosticati nella scuola (perché in genere vanno bene ed hanno bei voti). Invece occorre intervenire anche su di loro, perché acquisiscano nella scuola la capacità di socializzazione e perché vengano introdotti nel lavoro facendo un’adeguata preparazione dell’ambiente di lavoro.
Carlo Hanaugià Professore di programmazione e organizzazione dei servizi sociali e sanitari UNIMORETra i fondatori di Angas, Associazione Nazionale Genitori Persone con Autismo