Lettere al Direttore
Medici di famiglia: chi pensa male sbaglia, ma spesso ci indovina
di Ornella MancinGentile direttore,
quando Giorgetti, attuale ministro dell’economia, nel 2019 al Meeting di Rimini diceva “nei prossimi 5 anni mancheranno 45 mila medici di base, ma chi va più dal medico di base” evidentemente anticipava uno scenario prevedibile che la politica pensava di risolvere semplicemente portando ad esaurimento una figura professionale ritenuta non più necessaria.
Il clamore allora suscitato dalle sue parole rendeva ragione del fatto che il medico di famiglia rimane ancora la porta di ingresso principale al nostro SSN ma la mancanza di mmg è ormai un fenomeno che si sta espandendo in tutta Italia e sempre più persone sono rimaste prive di questa figura professionale.
Alla gobba pensionistica, fenomeno noto a cui la politica non ha pensato di dare risposta, si sta aggiungendo quello dell’abbandono da parte dei giovani colleghi che dopo avere preso l’incarico, spesso già con un numero considerevole di assistiti e uno stipendio dignitoso, abbandonano questa professione non trovandola rispondente ai loro desiderata. Questo è descritto molto bene nella lettera che la collega Anna Maria Campisi ha inviato a QS (9 novembre). Dice la collega “non sono stata l'unica a fare una scelta del genere...tanti colleghi mmg come me hanno detto basta ad un sistema che ci ha relegato a bancomat di ricette per la popolazione” e dopo due anni di attività ha gettato la spugna per non voler più fare un “un lavoro che è meramente burocratico e dove la clinica imparata durante il corso di laurea in Medicina rimane un vecchio ricordo”.
La collega ha decisamente ragione: questo lavoro si è progressivamente svilito e anche chi come me ha all’incirca 30 anni di attività, può ricordare che all’inizio non era così. Non serve arrivare ai tempi del medico della mutua per coglierne le differenze.
L’informatizzazione, con tutti i benefici innegabili che ha portato, ha dato una spinta notevole a una burocratizzazione che toglie il fiato, che ci opprime senza sosta. Oggi è più importante scrivere sul computer, caricare dati sul gestionale, trasferire dati sulle piattaforme regionali e nazionali che visitare il paziente, anzi spesso non puoi prescrivere se tutto non è “informaticamente” apposto.
Mi viene in mente una frase del vangelo quando Gesù ci ricorda che” Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato» (Mc 2,27). La tecnologia e l’informatizzazione sono diventate il fine del nostro lavoro e non viceversa.
A questo si aggiunge che per qualunque prestazione il paziente necessita di una “ricetta” che nella stragrande maggioranza dei casi deve ancora essere fornita dal medico curante, mancando quasi sempre la presa in carico (pur stabilita per legge) dello specialista.
Da troppo tempo ormai il lavoro del medico di base è divenuto un lavoro impiegatizio dove l’essenza dell’essere medico si è ridotta a un lumicino; sempre meno tempo del nostro lavoro è dedicato all’ascolto e alla visita del paziente, alla diagnosi e alla cura.
Non sembra che la politica sia però interessata a ridare dignità a questa professione, forse convinta come Giorgetti che il medico di famiglia non sia più necessario. In fondo se serviamo solo per fornire ricette, inserire dati sul computer, inviare flussi siamo diventati poco più che di un “passaggio burocratico” facilmente rimpiazzabile da altre figure professionali o da un robot. A che serve andare dal medico di base, come dice Giorgetti, basta inserire dei dati nel computer e qualcuno ti darà il lasciapassare verso farmaci o altri servizi, magari verso specialisti di centri accreditati o convenzionati con polizze sanitarie.
Se lo scopo è contribuire a smantellare il SSN rendendo inutile il medico di famiglia che ne rappresenta attualmente la porta di ingresso, la strada è ampiamente spianata e forse fermare la fuga dei medici dalla medicina generale non è fra gli obiettivi della politica. Chi pensa male sbaglia, ma spesso ci indovina!
Ornella Mancin
Medico di Medicina Generale