Lettere al Direttore
Le preferenze degli specializzandi sposano le logiche del mercato
di Giuseppe BelleriGentile Direttore,
vorrei tornare in modo più analitico sulle scelte dei neo-laureati riguardo alle specializzazioni, che documentano rilevanti novità rispetto al passato.
Infatti le preferenze si sono distribuite lungo un continuum che si polarizza tra due estremi:
- da un lato le scuole meno attrattive, con posti vacanti superiori al 70%, sono quelle prive di sbocchi sul mercato, di natura clinica generalista a diretto contatto con gli utenti (la medicina di comunità e quella di emergenza/urgenza) oppure quelle non cliniche strettamente legate ad un'organizzazione sanitaria (farmacologia, anatomia patologica, microbiologia, statistica, patologia clinica etc..).
- al polo opposto troviamo le specializzazioni cliniche più gettonate, con assegnazione dei posti superiore al 90%, sono quelle in sintonia con la privatizzazione strisciante in atto, in cui la professione viene esercitata sia in ambiente organizzativo sia in un contesto libero-professione, intra moenia o totalmente privato, come dermatologia, cardiologia, oftalmologia, chirurgia plastca etc...
Le opzioni espresse dai neo-laureati possono essere interpretate come una sorta di indice di fiducia nella futura carriera e sembrano assecondare la tendenza alla privazione di fatto per il gap emergente sul mercato tra domanda di prestazioni non corrisposta dall'offerta pubblica, nel settore della specialistica ambulatoriale e per alcune tipologie di ricoveri. Le tendenze emerse possono essere assimilate agli indici statistici sulla fiducia dei consumatori o dei manager, circa gli sviluppi a breve dell'economia, del proprio reddito o del business e, in quanto tali, potrebbero innescare una sorta di profezia che si auto-avvera, soprattutto quelle in negativo, mentre quelle in positivo potrebbero indurre ulteriori stimoli alla crescita della privatizzazione sanitaria.
Ad ogni modo le preferenze degli specializzandi sposano le logiche del mercato accentuando la disaffezione dalla sanità pubblica, difficilmente reversibile sul medio periodo; a mio parere il loro significato non è stato ancora ben valutato nei suoi diversi aspetti e nei potenziali effetti sulla tenuta di un sistema già in affanno, specie se a causa dei tagli delle pensioni dei dipendenti statali si dovesse aggiungere l’uscita di migliaia di medici pensionandi nel prossimo biennio, andando ad aggravare la carenza di professionisti del SSN.
Questi dati sono la spia di tendenze più profonde, a livello socio-culturale, già emerse in altri contesti geografici. Il passaggio dal professionalismo classico a quello organizzativo, segnato dalla svolta manageriale e dalla inarrestabile burocratizzazione del SSN, non sarebbe estraneo ad un cambiamento del ruolo sociale del medico e soprattutto della sua identità di professionista. La cultura aziendalistica e la prevalenza delle logiche neo-liberiste mercantili segnerebbero il tramonto della chiamata professionale vocazionale, tratto caratteristico del ruolo sociale e dell'identità dei medici della prima riforma sanitaria, avviati all'uscita pensionistica di massa e spesso anticipata per il venir meno della spinta ideale degli esordi sotto i colpi dell'accanimento burocratico.
Come ha commentato il sociologo delle professioni Sofritti il “disconoscimento della vocazione come caratteristica definitoria e quasi ontologica della professione” lascia il posto ad un impegno lavorativo liquido e flessibile, come una delle molteplici sfere in cui si articola l’identità individuale, che reclama “un adeguato bilanciamento tra tempi di vita e tempi di lavoro [...] per cui il lavoro avrebbe perso la sua centralità rispetto alle altre sfere di vita e la sua capacità di struttutrare l'identità degli attori e i loro percorso biologico". La richiesta di maggiori tutele garantite dal passaggio alla dipendenza dei MMG matura in un simile clima emotivo e sulla spina di tali motivazioni "esistenziali".
In questo contesto di profondi cambiamenti culturali avviene l'imponente ricambio generazionale in atto, soprattutto sul territorio, complicato da una fase storica problematica come il post Covid-19, nei modi più incerti e turbolenti per l'avvio di una professione in grave sofferenza e difficle transizione; le difficoltà di adattamento che incontrano le nuove leve gettate precocemente nell'arena territoriale mettono a rischio la tenuta individuale e il futuro collettivo di un'intera generazione, chiamata a sostituire quella della prima riforma sanitaria, a quel tempo motivata da un professionalismo vocazionale ormai tramontato ed improponibile per la sua obsolescenza rispetto allo spirito dei tempi.
Dott. Giuseppe Belleri
Ex MMG - Brescia