Lettere al Direttore
Le risorse non bastano, si dovrà rivedere l’organizzazione della salute mentale?
di Andrea AngelozziGentile Direttore,
pare che nel corso di un consiglio comunale sul finanziamento di un intervento, un consigliere molto ferrato in economia abbia suggerito che, visto che nel bilancio c’erano alcune migliaia di euro di passivo, si poteva cominciare intanto a spendere quelle.
Questo ricordo mi è sorto cercando di mettere insieme quanto emerso dall’accurato resoconto che Quotidiano Sanità ha riportato dell’evento di presentazione dei risultati del Progetto MORe, Mental health Optimization of Resources, a cui hanno partecipato importanti nomi della psichiatria, appartenenti alla Università, alle Associazioni Scientifiche ed al Tavolo Tecnico ministeriale per la Salute Mentale, oltre a politici di rilievo.
Dopo le consuete premesse sulla importanza della psichiatria e sul peso crescente del disagio mentale, i protagonisti hanno sottolineato le evidenze dello studio, che indicava la necessità di aggiungere agli attuali 4 miliardi annui dedicati alla salute mentale, un incremento di almeno 1,9 miliardi, in linea con quanto richiesto dalla Società Italiana di Psichiatria (SIP) e dalla lettera di appello del Gennaio 2023, in cui 91 Direttori dei DSM hanno richiesto di raggiungere l’obiettivo minimo del 5% del fondo sanitario per la salute mentale. Lo studio dettaglia anche come andrebbero utilizzate queste risorse.
Sulle stesse colonne di Quotidiano Sanità, in questo periodo emergono costantemente i dati allarmanti circa il finanziamento del SSN, di cui la salute mentale fa parte. Riassumendo sembra di capire che le previsioni della Nadef sul triennio 2024-2026 indichino un rapporto spesa sanitaria/Pil del 6,6% del 2023, che crollerà al 6,2% nel 2024 e nel 2025, sino a toccare il 6,1% nel 2026. Alla fine, tenuto conto dell’incremento del PIL, risulterà un incremento assoluto della spesa sanitaria, che dovrebbe assestarsi su 4 miliardi di euro nel triennio, ma che in realtà non basterà a coprire nemmeno l’aumento dei prezzi.
Nell’analisi pubblicata oggi su Quotidiano Sanità di Fabrizio Starace sulla situazione della salute Mentale, viene mostrata con chiarezza la grave situazione di risorse in questo ambito specifico di interventi.
Da una parte dunque la psichiatria descrive come obiettivo, per risolvere l’attuale situazione di crisi, un oneroso raggiungimento di quel mitico 5% che risulta una promessa irrealizzata da quando i presidenti delle Regioni si assunsero un impegno in tal senso nel lontano 1997; dall'altra vengono sottolineati i problemi che il sottofinanziamento del SSN porterà nell’assicurare ai cittadini gli aspetti minimi per permettere loro di curarsi nei vari ambiti, aggravando il progressivo abbandono delle cure che sta già avvenendo.
Sono due direzioni completamente opposte che lasciano l’impressione che sia solo una surreale fantasia quella di potersi incontrare, a meno che non ci rifugiamo negli universi non euclidei degli spazi curvi, di difficile applicazione in questo caso.
Se non si vuole cedere alla illusione o allo sconforto, è da domandarsi se non occorra pensare qualcosa di diverso, che prenda atto della situazione. Mi rendo conto di quanto sia sgradevole subìre questa cancellazione di un modo dignitoso di lavorare nella salute mentale, rinunciando ad un modello scientifico e culturale che da oltre 40 anni caratterizza l’attuale organizzazione. Ma è anche vero che voler credere veramente che questo finanziamento arriverà a salvare tutti rischia solo di innescare una complessità nuova ed incontrollabile.
Laddove non si dica chiaramente che i servizi non sono in grado di assolvere ai loro compiti di istituto e lo saranno ancora meno nel prossimo futuro, pazienti ed operatori saranno esposti a questa falsa coscienza, i primi con il giusto esigere diritti che non possono essere garantiti, i secondi con l’essere costantemente esposti a gravi fragilità assistenziali di cui non possono essere responsabili, anche se lo sono nell’immaginario dei media e dei magistrati.
Credo che sia necessario, invece di continuare a formulare e credere in richieste destinate inevitabilmente all'insuccesso, di cominciare a dire la verità segnalando alla popolazione cosa è lecito attendersi e cosa si vorrebbe e sarebbe giusto fare, ma semplicemente non è possibile.
E di cominciare a pensare che la attuale organizzazione forse va rivista, proprio ripensando cosa è in grado di garantire, quali siano i suoi obiettivi, di quali strumenti possa disporre e quale sia il modello operativo che consente di costruire una possibile coerenza tra cosa è esigibile e cosa può essere assicurato.
Questo chiaramente si pone in contrasto con i toni propagandisti di Regioni e ASL, che tentano di assicurare che a parte qualche difficoltà il sistema funziona, ma forse , fra silenzio o illusione, può rappresentare un modo corretto di rispettare e prendersi cura di cittadini e pazienti.
Andrea Angelozzi
Psichiatra