6 ottobre -
Gentile Direttore,da più parti viene la sollecitazione di usare, più ampiamente dell’esistente (circa il 50 % delle prestazioni), l’attività delle strutture sanitarie private convenzionate con il Ssn. Lo stesso Ministro della salute ha, molte volte auspicato, che il privato convenzionato partecipi all'abbattimento delle liste d’attesa: “Il pubblico e il privato dovrebbero mettere insieme le loro disponibilità in un'unica agenda, in modo da intervenire in maniera selettiva”. La cosa strana è che appena si propone questa soluzione siano proprio gli esponenti della sanità privata a voler fare marcia indietro.
In Lombardia l’Assessore Bertolaso, che non dimentichiamo è anche un medico, sta portando vanti, non senza difficoltà, un’unica piattaforma di prenotazione cui partecipino sia le strutture pubbliche che quelle private convenzionate. Il Cup dovrebbe favorire proprio il sistema che deve rispondere ad una richiesta sempre maggiore, anche se in alcuni periodi e momenti può essere o sembrare sovrabbondante rispetto all’ esigenze reali. Alla richiesta di partecipazione paritetica l’associazione di categoria, Aiop, è intervenuta con una determinazione negativa in quanto sostiene che la soluzione comporterebbe un aumento significativo dei costi peraltro poco utili. Bertolaso non ha potuto che richiamarli all’obbligo, per convenzione, di aderire alla “agenda unica” salvo di voler scegliere il privato puro ed esclusivo. La questione appare, oltre che tecnicamente molto intricata, anche avere risvolti politici non indifferenti, in specie in Lombardia dove la maggioranza ha bloccato, con un atto giuridicamente discutibile, un referendum proprio per abolire l’equivalenza fra pubblico e privato.
L'iniziativa referendaria è il proseguimento di una mobilitazione in atto da tempo in Lombardia sulla situazione del servizio sanitario pubblico. “Occorre - affermano i promotori (Marco Caldiroli, presidente nazionale di Medicina Democratica, Vittorio Agnoletto responsabile dell’Osservatorio Salute, Massimo Cortesi, presidente regionale ARCI, Federica Trapletti, segretaria regionale SPI-CGIL, Andrea Villa, presidente ACLI Milano - rapidamente e radicalmente cambiare la direzione del servizio sanitario. “Sappiamo bene – aggiungono - che lo strumento del referendum abrogativo, per suoi limiti intrinseci, non permette di modificare radicalmente una legge complessa e più volte modificata come la legge sanitaria regionale, ma certamente toccherà alcuni nodi fondamentali”. La proposta, vagliata dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio è stata rimandata all’Aula dove è stata bocciata. Per cui il referendum non si potrà svolgere. Il Comitato Promotore si è riunito al Pirellone, alla presenza dei rappresentanti opposizione in Consiglio, e ha deciso il ricorso al TAR, e 10 giornate di manifestazioni nei territori, con manifestazione finale a Milano.
Sarebbe opportuno, dopo le risposte negative date dall’Aiop all’Assessore, che i nostri governanti riesaminino gli intendimenti di un settore importante del complesso sanitario ma che non può solo auspicare di ricercare il difficile equilibrio tra il diritto alla salute, l’unico definito fondamentale dalla nostra Costituzione e le esigenze dei cittadini senza mettere le proprie attività a disposizione del servizio sanitario.
Claudio Testuzza