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QS Edizioni - sabato 27 luglio 2024

Lettere al Direttore

Aborto e appropriatezza

di Anna Pompili
22 settembre -

Gentile direttore,
a proposito di appropriatezza e salute sessuale e riproduttiva. Invitato alla festa nazionale di Italia Viva, il Ministro Orazio Schillaci, parlando dei mali che affliggono il nostro Sistema sanitario nazionale, ha denunciato l’esistenza di “un 20-30% di inappropriatezza” nei nostri ospedali.

L’appropriatezza delle prestazioni è uno degli indicatori fondamentali nel monitoraggio dell’attività delle strutture ospedaliere: nel DPCM del 29.11.2001, definendo i livelli essenziali di assistenza (LEA), si afferma che sono “inappropriati i casi di ricovero ordinario o in day hospital che le strutture sanitarie possono trattare in un diverso setting assistenziale con identico beneficio per il paziente e con minore impiego di risorse”.

E’ doveroso, dunque, ricordare al Ministro le innumerevoli denunce di inappropriatezza fatte negli anni in tema di interruzione volontaria della gravidanza: ancora oggi, nonostante l’aggiornamento delle linee di indirizzo ministeriali abbia finalmente ammesso, nell’agosto 2020, la deospedalizzazione delle procedure farmacologiche, queste continuano ad essere eseguite per la quasi totalità in day hospital e, in alcuni casi, addirittura in regime di ricovero ordinario. Ciò viene fatto non sulla base di motivazioni e valutazioni cliniche, ma esclusivamente sulla base di dichiarazioni di principio basate su pregiudizi ideologici. Gli stessi pregiudizi che avevano spinto AIFA ad ammettere il regime ambulatoriale sin dal 2013, ma solo per gli aborti spontanei.

Possibile sulla carta, il diritto delle donne di scegliere se assumere i farmaci per l’aborto a domicilio viene di fatto ancora negato, imponendo setting assistenziali inappropriati, che comportano uno spreco ingiustificato di risorse fondamentali per il nostro Servizio sanitario nazionale. A fronte di richieste sempre crescenti da parte delle donne, ancora una volta si ignora l’evidenza scientifica e la pratica ormai consolidata negli altri paesi e si giustifica l’inappropriatezza affermando che non si vogliono “lasciare sole” le donne. Che, invece, chiedono di poter esercitare il diritto di scegliere di gestire autonomamente la procedura per l’aborto.

Ancora una volta, soprattutto nel campo della salute riproduttiva, si confonde il concetto di assistenza sanitaria con quello di “assistenza spirituale”, in virtù della quale ci si erge a tutori degli interessi altrui. Non è questo il compito delle strutture sanitarie, che dovrebbero, invece, prima di tutto informare correttamente le persone, per consentire loro di scegliere liberamente. Eppure, questo dovere primario è largamente disatteso dalle istituzioni, a cominciare dallo stesso Ministero della Salute e dalla stragrande maggioranza delle regioni.

Ma l’aborto farmacologico non è il solo caso di grave inappropriatezza in tema di salute sessuale e riproduttiva: il nuovo governo ha infatti bloccato la decisione del Comitato Prezzi e Rimborsi di AIFA circa la rimborsabilità dei moderni metodi contraccettivi, motivando questa gravissima decisione con la spesa “eccessiva” che ne deriverebbe. Nessuno, però, sembra preoccuparsi della spesa che comporta il rimborso di esami inutili e costosi, che vengono richiesti routinariamente per la prescrizione della contraccezione ormonale, in spregio alle linee guida internazionali e alle raccomandazioni nazionali (il Sistema nazionale linee guida ne sconsigliava la prescrizione già nel lontano 1998).

Pur non esistendo alcuna evidenza scientifica della utilità di tali esami, che di fatto costituiscono, insieme al costo elevato, un importante ostacolo all’accesso alla contraccezione, non viene fatto alcun controllo su tali prescrizioni e sui medici prescrittori, che, come dipendenti del Servizio sanitario nazionale, dovrebbero conoscere e attenersi alle linee di indirizzo e alle linee guida. L’esempio fatto dal Ministro è calzante: “Se uno ha mal di schiena non deve fare la risonanza magnetica, deve andare dal medico che lo visita e capisce qual è l'esame che deve fare” (QS 14.9). Analogamente, se una donna vuole prendere la pillola contraccettiva, deve andare dal medico, che non deve prescrivere di default la ricerca di polimorfismi dei fattori della coagulazione, ma deve valutare l’esistenza o meno di controindicazioni, e, in assenza di esse, rilasciare la prescrizione.

Se la maggioranza dei medici, per la paura di ritrovarsi soli davanti al magistrato, o anche per ignoranza, prescrive esami inutili, il dovere delle istituzioni sarebbe quello di colmare con una corretta formazione eventuali lacune, e di rassicurare i prescrittori che attenersi alle linee guida e alle raccomandazioni non comporterà, in caso di inevitabili, possibili seppur rare complicazioni, il rischio di trovarsi soli a fronteggiare una richiesta di risarcimento.

Il ministro Schillaci è un clinico e un uomo di scienza.

Speriamo dunque che saprà voltare le spalle ai tabù e ai pregiudizi che considerano la salute sessuale e riproduttiva una questione privata, e che, da clinico e uomo di scienza, vorrà affrontare il tema dell’appropriatezza organizzativa e delle prestazioni, ascoltando i clinici e le società scientifiche, valutando le evidenze e le esperienze degli altri paesi.

Oggi, come in passato, chi sceglie di fare il medico sceglie un percorso di studi lungo e difficile, che non sarebbe sostenibile se non vi fosse, oltre alla prospettiva professionale, una motivazione etica. Se però, oggi, i giovani devono confrontarsi con un modello di medicina che è sempre più quello di un mestiere ostaggio dei pregiudizi ideologici, non ci si deve stupire se molti neolaureati optino poi, come ha sostenuto il Ministro, per le specializzazioni più remunerative e che lasciano maggiore spazio all’attività privata, fuggendo dalla Sanità pubblica. Sarebbe compito delle Università e delle istituzioni, a cominciare dal Ministero della Salute, non deludere quella spinta iniziale che dovrebbe, invece, essere alimentata e sostenuta, avendo cura delle risorse economiche ed umane del nostro Sistema sanitario nazionale, che si intrecciano, inevitabilmente, con i fondamentali diritti delle persone.

Anna Pompili
Consigliere Generale Associazione Luca Coscioni

22 settembre 2023
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