Lettere al Direttore
Non medici: prendete esempio... dai medici
di Calogero SpadaGentile Direttore,
il dibattito tra i dott.ri Miglietta e Bozza, non ha potuto non destare la mia riflessione oltre la mia attenzione, per diversi motivi che vanno oltre il contendere, benché comunque lo stesso dialogo sottenda delle limitazioni di fondamento ad un atteggiamento (quello del Bozza) di piena indipendenza intellettuale, che film come “Braveheart - Cuore impavido - 1995” ci ricordano non sempre sia ripagata nel modo più giusto …
ebbene, trovo ammirevole che i due riescano, uscendo da un limite – tutto Italiano – reso eccessivamente problematico: quello di non aver mai fatto i conti con la più controversa storia recente, a parlare di periodi storici precisi, arrivando anche a riferire l’esatto “nome e cognome” di quei periodi, senza che nessuno dei due abbia accennato a stracciarsi le vesti, o intentare altre azioni indirette, pur ribadendo – legittimamente, in pieno ed autentico rispetto di quel corposo nucleo di valori che amiamo denominare democrazia (a questo punto anche intellettuale) – le proprie (apparenti) inamovibili posizioni.
Quello che – per converso – trovo deplorevole è che la stessa “dignità e lealtà d’armi” non sia dimostrata dai non medici, ove – l’accezione confermi la regola – questa volta tale differenza non è dovuta a discriminazioni di tipo esterno, ma intestinamente generate, in un dimostrato “sgomitare” che è sintomo di un evidente complesso di inferiorità nei confronti dei medici, che nessun aiuto porta alla tanto agognata causa di emancipazione ed equiparazione – che suona sempre come una altra blasfemìa – dei non medici ai medici.
I commenti dei due medici sul ruolo del sindacato trovano entrambe la loro ragion d’essere: da un lato la scontentezza per la situazione oggettiva raggiunta, dall’altro l’entusiasmo (che dovrebbe essere genuino) per invertire lo staus quo: certamente chi dovesse avversare il sindacato si troverebbe immediatamente a rivedere le sue posizioni se investito da qualche problema di carattere giudiziario o disciplinare … ma quelle ragion d’essere restano … e non sono confinate al mondo dei medici.
Diversa sarebbe stata la situazione di innescare un inutile vespaio per le espressioni reciprocamente scambiate: perché i due attori si sono distinti nella scambievole rappresentazione del proprio pensiero senza inutilmente lagnarsi della forma dello stesso.
Purtroppo la stessa capacità non interviene nel momento in cui, forse a corto di argomenti, si escogitino situazioni di intolleranza mista ad odio, soltanto perché qualcuno tra i non medici (come già indicato in altro intervento) non è – almeno non sempre – disposto a dare sempre la colpa agli altri o a guardare sempre all’erba più verde del vicino, ma pone puntuali (e sempre motivati) argomenti di riflessione, per gli stessi identici intenti dei due medici: per la evidente situazione di uno status quo cui qualcuno ha certamente contribuito a creare, contemporaneamente scoraggiando anche chi, dall’altra parte (eventualmente) non voglia far invertire rotte ormai acclaratamente sbagliate.
Ulteriormente, le stesse considerazioni fatte sul sindacato, che ha come obiettivo la tutela dei diritti dei lavoratori, vanno applicate invariabilmente alle strutture ordinistiche, che hanno come obiettivo una tutela della professione “tout court”, che prevede implicitamente – e non andrebbe affatto spiegato – la tutela dei professionisti, ove gli stessi dovrebbero poter far riferimento alla propria struttura rappresentativa professionale in un modo ben più esteso rispetto al previsto (ma ormai obsoleto) “interporsi” sub art. 3 lettera g del d. lgs. cps 233/1946; perché qualsivoglia “attacco” portato al professionista dovrebbe vedere al suo fianco chi lo vada a difendere a titolo istituzionale, integrando nella tutela della professione a garanzia dei cittadini, quella difesa “di parte” di quel gruppo cui il singolo professionista appartiene.
Invece si arriva al paradosso: proprio quella istituzione cui riferirsi in caso di tutela, è quella che interpreta soltanto l’assicurare un formale (e per di più presunto) rispetto delle regole “deontologiche”, addirittura muovendo azioni unilaterali contro i suoi stessi iscritti, restando però del tutto indifferente a rispettivi contenuti e ruoli; ecco che il previsionale rischio del Bozza, che «sia sempre esistita e sempre esisterà la devianza di diventare un potentato per affiliati e mai garanzia democratica» … si concretizza ed applica con precisione agli Ordini professionali post riforma L. n. 3/2018.
Il dottor Bozza non poteva fare analisi più azzeccata … perché anche gli ordini sono effettivamente diventati dei potentati e chi mostri di avere un orientamento intellettuale critico … si ritrova nella condizione di Sir William Wallace.
La responsabilità dei dirigenti di questi organi sussidiari dello Stato è di far funzionare codesti enti in modo davvero democratico e non alla stregua di potentati.
Prendano pertanto spunto dalla lealtà dimostrata dai due medici, perché se si vuole assurgere a dignità “superiori”, allora bisogna configurarsi in modo autenticamente superiore.
Calogero Spada
TSRM – Dottore Magistrale