Lettere al Direttore
Riflessioni sull’Ecm
di Antonio PantiGentile direttore,
in questi giorni si è svolto un grandioso convegno sull’ECM, organizzato dal COGEAPS (l’idea, rinviata ancora, era di trasformarlo in fondazione), col fine di rilanciare il sistema dei crediti formativi alla presenza del Ministro della Salute e per l’insediamento del nuovo Presidente. Lodevole l’impegno di tutti i professionisti coinvolti e apprezzabili le parole del Ministro che ha tracciato il percorso del sistema per i prossimi anni e promesso la ripresa dei lavori della Commissione Nazionale.
Ottime le intenzioni, ma nessuna proposta per affrontare le contraddizioni del sistema, presenti fin dagli esordi e mai risolte, tanto che il nuovo Governo ha dovuto provvedere, a fine dicembre, all’ennesima sanatoria; oltre vent’anni di sperimentazione ed essere costretti ancora a rabberciarne le falle forse è troppo anche per questo straordinario (e stravagante) paese.
Confesso, con qualche rimorso, di esser stato coinvolto nella discussione sulle garanzie formative dei professionisti della sanità ai primordi dell’ECM, avendo un ruolo sindacale. Leggendo la cronaca di questa giornata mi si presenta qualche tardivo dubbio che vorrei esternare, non sul piano tecnico ma della politica professionale.
Il senso del provvedimento è ovvio. Lo Stato, responsabile della tutela della salute e gestore del servizio sanitario, vuol garantire ai cittadini l’offerta di personale competente, aggiornato e capace di costante sviluppo delle conoscenze scientifiche, tecniche e relazionali. Se non erro la formazione permanente è anche un obiettivo del PNRR!
In tal modo sembra un problema esclusivamente contrattuale, una questione da risolvere tra il responsabile dell’impresa sanitaria, pubblica o privata che sia, e i professionisti che vi operano. Invece nei contratti e nelle convenzioni si prevede l’aggiornamento a carico del datore di lavoro ma non si fa cenno di premi e sanzioni correlate all’adempimento dell’obbligo.
Inoltre in Europa vi sono soluzioni diverse e le norme di parificazione degli adempimenti formativi non sono state ancora applicate. Il sistema dei crediti forse è inevitabile ma si presta a innumerevoli distorsioni; le offerte che arrivano ai medici via internet si confondono con qualsiasi pubblicità e fanno venire in mente il supermercato piuttosto che le austere aule del sapere.
Forse sarebbe opportuno migliorare il rapporto tra il numero dei crediti assegnati a ciascuna ciascuna iniziativa formativa e la qualità della stessa, una specie di DOGC. Manca, inoltre, ogni correlazione con i risultati dell’attività del professionista. Il personale deve essere in regola con l’ECM se il privato vuol essere accreditato, ma non credo che questa norma, squisitamente amministrativa, ne garantisca le performances. Comunque nel servizio sanitario pubblico non esiste alcuna correlazione.
Il vero problema tuttavia è che il sistema fa perno sull’Ordine. Nel Codice Deontologico del 2014 è stata inserita la norma per cui l’Ordine “certifica i crediti acquisiti dai propri iscritti e ne valuta l’inadempienza”. Ciò significa trasporre nel Codice regole scritte in altre istituzioni – l’accordo Stato Regioni del 2012- secondo una logica e secondo principi non solo deontologici. Non vi sono altri casi simili nel Codice.
Come si misura dal punto di vista deontologico la competenza professionale o, meglio, quello che si dice “saper fare il medico”? L’Ordine potrebbe, forse, ricertificare la laurea ma fare la fatica di ricontare i crediti degli iscritti già contati altrove non significa la certezza che questi abbiano praticato con successo “a life for learning”.
Vorrei chiedere al Presidente del COGEAPS, quando indosserà la veste di Presidente di Ordine, come pensa di sanzionare i medici inadempienti, quelli che non hanno conseguito crediti. Dal punto di vista deontologico il buon medico deve saper capire il paziente e indirizzarlo per la strada più consona. Altra cosa è non assicurare chi non ha conseguito i crediti stabiliti dalla Commissione.
Nessuno si è posto il problema del contenzioso qualora la stessa carenza percentuale di crediti sia valutata diversamente in province finitime i cui medici possono essere iscritti in una e lavorare nell’altra? Nel Codice Deontologico questo è l’unico caso in cui il comportamento deontologico del medico è valutato sulla base di criteri rigidamente quantitativi.
Il Codice afferma che il medico esercita attività basate su competenze specifiche e esclusive, secondo i principi di libertà, indipendenza, autonomia e responsabilità, nonché di efficacia e appropriatezza “aggiornandoli alle conoscenze scientifiche disponibili e mediante una costante verifica e revisione dei propri atti”.
Il sistema dei crediti, tanto più in un libero mercato della formazione, può avere senz’altro valore contrattuale ma stride con la deontologia. La FNOMCeO si appresta a rinnovare il Codice Deontologico: una riflessione sull’articolo 19 “Aggiornamento e formazione professionale permanente” è senz’altro opportuna. Ma lo è anche ripensare all’ECM, se sia veramente lo strumento più adatto per migliorare le cure offerte ai cittadini.
Antonio Panti