Lettere al Direttore
Aspettando il ministro della Salute Orazio Schillaci
di Roberto PolilloGentile direttore,
ormai, come Vladimiro ed Estragone siamo in attesa che il signor Godot, ovvero sia il ministro della salute Orazio Schillaci, si faccia avanti e chiarisca cosa vuol fare della medicina generale.
Nella speranza che, a differenza del dramma di Beckett, in cui il signor Godot non arriverà, il ministro si palesi e sciolga rapidamente la riserva dopo la sua intervista sulla medicina generale sulla Stampa.
Intervista in un certo senso riletta dal dottor Silvestro Scotti che, fornendo una sorta di interpretazione autentica del pensiero del ministro, ha chiarito come Schillaci, che lui incontra frequentemente, di dipendenza per i MMG non ne abbia mai parlato.
Occasione per ribadire autorevolmente la sua assoluta contrarietà di segretario della FIMMG al passaggio a dipendenza.
Dei numerosi interventi sul tema e pubblicati su QS, ritengo che il più coraggioso e significativo sia quella di Pina Onofri segretaria di SMI che, partendo dalla situazione attuale e della stratificazione dolorosamente esistente nel mondo dei MMG ad altissimo indice GINA per quanto riguarda la ripartizione dei vantaggi assicurati dal rapporto convenzionale (significativi per i vertici, di segno fortemente negativo per i proletari della professione) ha condiviso per intero quanto da me e altri scritto sull'argomento.
In sintesi: meglio la dipendenza che una libera professione poco redditizia, senza diritti e schiacciata dal sovraccarico burocratico e dal burnout.
Di scarso interesse gli interventi di altri esponenti del mondo sindacale che degli apparati ideologici dei medici (FnomCeo ed Enpam) sono i sottoufficiali, perché la loro posizione è pedissequamente allineata a quanto prescritto dalla corporazione.
Nella loro perorazione della libera professione e nel loro tecnicismo leguleio, arricchito da un pizzico di supponenza, c'è meno empatia di quanto avrebbe potuto riversare, in un solo batter d'occhio, un programma di scrittura artificiale come GPT-3.
A costoro basterebbe ricordare che il MMG è ormai uno dei soggetti (insieme al farmacista al medico di pronto soccorso e alle reti di prossimità) a cui il cittadino si rivolge per avere risposta ai suoi problemi.
E spesso, per lo scarso numero di MMG presenti sul mercato e per l’alto numero di assistiti a loro carico (ben oltre il massimale in molti casi), essi sono paradossalmente gli specialisti della prossimità, molto spesso meno raggiungibili degli altri.
Un’attenzione diversa invece va riservata all'intervento di Antonio Panti che della vecchia generazione di MMG, ha conservato cultura e impegno civile ma, fortunatamente, non il vestito con naftalina acclusa di già Presidente dell'Ordine di Firenze
Antonio Panti, dunque, condivide le posizioni della CGIL e la mia personale sul ruolo del MMG nel distretto, mostrando una importante discontinuità con i sindacati dell'area, tutti stretti intorno ai microteam, ma dissente sullo strumento contrattuale più idoneo che, per lui, rimane il rapporto libero professionale.
E per questo fa riferimento a una figura di MMG di prossimità che però non esiste più ed è solo un ricordo di lontano passato pieno di sentita nostalgia.
“Guido i vorrei che tu e Lapo ed Io fossimo presi per incantamento” sembra riecheggiare nelle sue parole.
La realtà odierna però è ben diversa. Oggi infatti i pazienti non possono scegliere i propri MMG e si devono accontentare di quelli che hanno posti disponibili e che neanche conoscono, e poi, quando ne hanno necessità, non sempre riescono ad incontrare se privi di regolare prenotazione.
Per una serie di cause: carico burocratico, telefonate, email, messaggi su WhatsApp relazioni, ricettazioni, certificazioni; una serie di attività che senza l’aiuto di personale amministrativo, soprassaturano la giornata di incombenze che rendono difficile il contatto vis a vis con il paziente
Le posizioni dunque sono chiare. La medicina generale è a un bivio e il ministro, a differenza di Godot, deve mostrarsi a Didi e Gogò (i due personaggi già citati) e poi tertium non datur, deve scegliere tra due alternative:
mantenere lo status-quo non cambiando nulla per non scontentare la corporazione secondo un consolidato costume italico
fare la scelta del cambiamento passando a rapporto di impiego i medici che lavoreranno nel loro studio ma anche e soprattutto nelle strutture del distretto dando slancio alle cure primarie.
Urge una decisione e nel noi frattempo aspettiamo fiduciosi.
Roberto Polillo