11 maggio -
Gentile Direttore,su tutto il territorio nazionale, ed in particolare in regione Toscana, il sistema di emergenza territoriale sta sempre più spostandosi sul livello infermieristico. Che questo accada per convinzione intrinseca dei decisori o per necessità a questo punto poco importa. Quello che importa è che il bisogno si è spostato, improvvisamente ma non inaspettatamente, su questo livello e gli infermieri, che in quest’area già lo facevano con ottimi risultati da anni, hanno risposto.
Personalmente ho sempre pensato che sia un errore madornale vedere, o proporre, la figura infermieristica come sostitutiva di altre professionalità in questo setting. Allo stesso tempo credo che chi, e sono per fortuna sempre meno, affermi che gli infermieri non possano adempiere perfettamente ai compiti loro assegnati sia, nella migliore delle ipotesi ignorante in materia o, in qualche situazione, in malafede.
Lasciando perdere le diatribe interprofessionali, che per anni ci hanno ammorbato con prese di posizione a volte al limite del ridicolo, ritengo però che la professione infermieristica debba aprire una riflessione seria al suo interno. Il corso di laurea tratta, in verità, l’argomento dell’emergenza extra ospedaliera in maniera molto superficiale non permettendo, in alcuni casi, di svolgere in questi setting neppure brevi periodi di tirocinio. In molte situazioni, nell’intero Paese, i sistemi acquisiscono il personale infermieristico bypassando totalmente regole che se non altro dovrebbero essere di buon senso attingendo, molte volte anche da strutture private per le quali risulta molto complesso valutare gli standard formativi, a neolaureati che vengono poi impiegati su mezzi di soccorso, a volte privi di procedure operative realmente utili e ben scritte, senza nessuna o quasi esperienza operativa.
Chi dice che l’Italia è lunga e stretta, intendendo con questo la grande variabilità delle realtà organizzative che si possono trovare, ha grande ragione specie su questo argomento. Sono anni che diciamo che è necessario un processo di revisione della normativa che regola il settore, e abbiamo adesso, forse, qualche speranza di essere ascoltati, ma dobbiamo anche iniziare a riflettere sull’iter formativo che riteniamo minimo e necessario affinché un infermiere operi in sicurezza in quest’ambito.
La Laurea Magistrale ad indirizzo clinico non può più attendere ma, nel contempo, non si può più ritardare l’implementazione di un sistema di certificazione delle competenze che preveda formazione continua, con l’uso delle più avanzate tecniche di simulazione, e che sia completamente avulso dal sistema formativo generale delle aziende sanitarie. Sistema formativo che, per sua natura, è troppo distante dai bisogni che la particolarità dell’ambiente di emergenza territoriale esprime. I corsi “spot”, alcuni anche di ottimo livello, a poco sono utili se non rientrano in una visione allargata che si esprima in quanto ho detto sopra.
Necessario quindi pensare seriamente ai requisiti formativi minimi di accesso al sistema, al sistema di valutazione e mantenimento delle competenze acquisite e ad una stesura di procedure che siano scientificamente validate, anche attraverso passaggi da apposite commissioni composte da membri si società scientifiche accreditate presso il Ministero della Salute, e capaci di rispondere non alle necessità di mantenimento degli equilibri interprofessionali ma a quelle della cittadinanza.
Roberto Romano Referente area Emergenza Urgenza OPI Firenze - Pistoia già Presidente Nazionale SIIET