15 marzo -
Gentile Direttore,quando si arriva alle mani? Si arriva all’estremo e alla crisi totale della dialettica quando la persona diventa un nemico e quello della peggior specie: una persona che ti prevarica e ti nega quello che credi essere un tuo diritto. Aggredire un medico sembra essere diventata una delle modalità più esaltanti ed esaltate per contrapporre una individualità al servizio pubblico che rappresenta uno Stato sordo, cieco e inefficiente.
Al di là della caratterialità disturbata di troppe persone senza cultura e per questo senza educazione, abituate a prendere la vita a spallate, forse perché cresciute in un ambiente dove si procede a spallate e a colpi di coltello, c’è un altro aspetto che contrappone spesso medici e impazienti fino alla colluttazione: l’ingombrante elefantiaca e miope presenza dello Stato. In altri tempi, il medico ci metteva la propria faccia, competenza e impegno, in un rapporto più diretto e umano, si poteva non essere d’accordo ma l’autorevolezza del medico poteva ricomporre l’alterco, anche perché assolutamente autonomo e libero. Da quando lo Stato si è fatto strada con tutte le nefandezze e cretinerie burocratiche, togliendo al medico i mezzi, il tempo, la serenità del proprio lavoro, mettendolo in mezzo a strutture fatiscenti, affollate, caotiche, con turni massacranti per una politica sanitaria tanto idiota da diventare imbarazzante, costringendolo a cercare di spiegare ad ogni persona, compresa quella avvezza alle mani e al coltello, tutta la lentezza, inefficienza, burocrazia, mancanza di posti letto, e mancanza di tempo perché sommerso dalle impellenze, diventa normale e quasi banale la notizia di quasi 1500 medici aggrediti.
Non fa una piega il solito discorso che bisognerebbe agire sul degrado di tutte le periferie metropolitane, che bisognerebbe agire sulla disperazione legata alla povertà di troppe realtà marginali, che bisognerebbe insistere su una scuola formativa e non solo nozionistica, ma soprattutto bisognerebbe sottrarre la medicina da tutte quelle situazioni in cui il medico ci mette la faccia e deve rispondere di tutto quello che lo Stato non ha saputo realizzare in tanti anni. Tanto da ridurre il medico ad un mero funzionario di una burocrazia idiota che fa tanto arrabbiare la gente. In pronto soccorso, soprattutto, dove i nervi sono già a fior di pelle.
Troppo spesso, il medico non è più nome cognome e volto amico ma il volto anonimo del nemico che rappresenta tutte le inadempienze della sanità pubblica, povera, frettolosa, senza avere il tempo della cura, il tempo per la relazione, il tempo per coltivare e donare la propria competenza e autorevolezza. È così che il medico è diventato un quadro intermedio: preso a calci dalla amministrazione della cosa pubblica e a pugni in faccia dall’utenza. Orfano di padre e bullizzato dai propri compagni di miseria.
Ovviamente si risponderà a tutto questo con il solito decreto cretino che prevede i posti di polizia e la nomina a pubblico ufficiale: mille decreti e mai l’impegno strutturale di dotare i medici di mezzi, tempo, stipendio, ferie, riposo, degni di un paese veramente europeo. Fornire al medico il modo e il tempo di costruire la propria dignità professionale da regalare a chi soffre e che non ha altro mezzo che i pugni chiusi dalla rabbia.
Lo Stato si faccia da parte e ci permetta di essere medici curanti e ci tolga dal ring della disperazione. Nessuno avrebbe picchiato Ippocrate. Ma siamo ancora figli di Ippocrate?
Enzo BozzaMedico di base a Vodo e Borca di Cadore (BL)