10 gennaio -
Gentile Direttore,l’episodio che racconto non è sconcertante per l’offesa ricevuta da un collega, ma è paradigmatico di come nei fatti si possano danneggiare un servizio pubblico, un paziente con la sua fiducia nelle istituzioni e l’immagine per l’Ente con il quale si lavora e, non ultima, la propria credibilità come sanitario.
Veniamo ai fatti: un mio paziente, infortunatosi sul lavoro qualche settimana fa, si recava questa mattina in Pronto Soccorso presso Gvm Cortina, per controllo delle lesioni riportate e quindi per eventuale successiva certificazione Inail da presentare al proprio datore di lavoro. Ritornato a casa, mi telefona alquanto alterato e tra lo sconforto e la vera e propria rabbia mi riferisce quanto detto dalla dottoressa che l’aveva ricevuto. Testualmente cito e mi scuso per la crudezza dei termini: “Vada a farsi fare il certificato dal suo medico di base perché i medici di base non fanno mai un cazzo.” (sic.)
Il medico di base in questione, sarei io, visto che si tratta di un mio paziente e mi ritrovo a rappresentare tutta la categoria come persone addette a dipingere le unghie agli ippopotami o smacchiare i leopardi ma attività di nessuna utilità secondo la collega di Cortina.
Fortunatamente, trattandosi di un mio paziente che mi conosce da ben 28 anni, sa benissimo che non sono dedito ad attività ludiche e ho sempre lavorato con correttezza e onestà, anche burocratiche. Ho rassicurato il paziente dicendo che avrei, in giornata, compilato l’agognato quanto dovuto certificato Inail. La stima del paziente rimane, ma il suo tono di voce mi dice che qualcosa si è incrinato. Cosa si è rotto? La risposta è lapalissiana: la fiducia della gente nel servizio pubblico.
Retropensiero del paziente: se due medici si trattano così amabilmente, pur essendo colleghi e pur lavorando per lo stesso ente, pur dovendo avere le stesse cognizioni medico-legali, quale potrebbe essere la mia fiducia verso di loro e l’Ente per cui lavorano? Possono accampare una moltitudine di motivi per sentirsi stanchi, demotivati, mal retribuiti, sfruttati e di pessimo umore, ma io, che c’entro? Il paziente, legittimo usufruitore del servizio sanitario per il quale paga le tasse, perché deve essere trattato alla stregua di uno scocciatore con tutti i suoi diritti e fare pellegrinaggi tra vari ambulatori a caccia di certificati? Lui, che c’entra?
Non entro nel merito della correttezza procedurale per la quale la dottoressa avrebbe dovuto compilare il certificato, perché la diagnosi di apertura è stata fatta dal suo ente e nemmeno nel merito giudiziario, perché il rifiuto di una certificazione dovuta per Legge configura il reato di omissione di atti di ufficio, ma entro nel merito della pessima figura che ha regalato al suo lavoro, al suo ente e non posso che ringraziarla a nome di tutti i colleghi che, notoriamente, si girano i pollici ogni giorno. Quei medici di base che, a quanto pare, non avrebbero voglia nemmeno di compilare un certificato Inail. Grazie, dottoressa. A nome di tutta la categoria.
Enzo BozzaMedico di base per i comuni di Vodo e Borca di Cadore