Lettere al Direttore
La nave del Ssn è senza rotta e timoniere
di Antonio PantiGentile Direttore,
ma questo Governo ha qualche idea per il Servizio Sanitario Nazionale oppure pensa soltanto a stravolgere ciò che prima è stato pensato? Il Governo si è insediato da poco, ma la crisi del SSN, finanziaria, di personale, programmatoria, è in atto da tempo e la pandemia ha mostrato tutte le difficoltà della sanità, in particolare del territorio.
E, a proposito di territorio, al Congresso della SIMG, la Società Scientifica dei medici generali, il sottosegretario Gemmato ha detto che “le Case di Comunità non vanno a soddisfare l’esigenza di sanità territoriale di cui abbiamo bisogno”, confermando la bocciatura dei presidi previsti dal DM 77.
Infatti, sostiene Gemmato “Le 1.350 Case di comunità insieme alle 605 Centrali Operative Territoriali previste dalla misura 6 del PNRR non rendono la sanità vicina ai cittadini: nelle aree interne, in quelle montane, in quelle disagiate si tradisce l’idea di una sanità di prossimità”.
Inoltre “pensiamo alla penuria di medici, chi lavorerà nelle Case di Comunità e come verranno finanziate quando finiranno i soldi del PNRR?”.
La soluzione è la rete dei medici di famiglia e delle farmacie “che sono già presenti sul territorio e sono strutturati e già nella disponibilità del Ssn”.
La soluzione prospettata dal precedente Governo era rigida e confusa rispetto al ruolo e all’impegno dei medici generali ma non si può sfuggire a due osservazioni: le Case di Comunità non impediscono la sussistenza degli ambulatori periferici che garantiscono la medicina di prossimità mentre vi sono patologie per lo più croniche che esigono risposte assistenziali complesse, cioè di presidi territoriali organizzati sul piano strutturale e di personale, aperti h24.
Se l’assistenza territoriale si fonda sulla rete dei professionisti, lascia perplessi l’intreccio con le farmacie, idea già scartata nel primo dopoguerra dalle compiante Mutue per ovvie ragioni di conflitto di interesse. Altresì la medicina generale si può svolgere oggi soltanto in gruppi, le AFT, che garantiscono la copertura di un territorio secondo i moderni principi della medicina proattiva.
Mentre il Ministro ha assolto i medici no Vax, ha promesso soldi che non avrà, e le decisioni sulla sanità si assumono altrove, come nel caso del pernicioso regionalismo, il Sottosegretario ammette che, finiti i soldi del PNRR, non si possa garantire la sussistenza di quelle strutture che sono l’oggetto del piano stesso.
Una consolante prospettiva che sembra preannunciare una privatizzazione strisciante. Ha ragione Cartabellotta che, proprio su QS, sostiene che “la politica deve chiarire se è in grado di mantenere un servizio sanitario interamente pubblico, equo ed universalistico o se si vuol andare in una direzione diversa. Chi crede nella sanità come benessere della popolazione e come leva di sviluppo economico investe in questo settore invece di frammentare e sperperare risorse pubbliche in mance elettorali”.
Allora, a monte di tutte le discussioni sull’assetto del Servizi, i professionisti della sanità dovrebbero forzare il Governo a stabilire prioritariamente alcuni pochissimi punti fondamentali.
Primo, il finanziamento cioè la garanzia che non si scenderà al di sotto della percentuale del PIL dei maggiori Stati europei, quale che sia il regime fiscale adottato; secondo, i limiti all’autonomia regionale in modo da garantire l’uguaglianza tra cittadini; terzo, il divieto di affidamento “chiavi in mano” al privato di settori del servizio, sostituendo il pubblico o distorcendone i vincoli programmatori; quarto, la definizione legislativa della governance professionale.
I professionisti della sanità debbono rendersi conto che. se non si risolvono i problemi comuni entro pochissimo tempo, il SSN può trovarsi di fronte a difficoltà irrisolvibili: privatizzare, diminuire i LEA, andare in crisi di personale, frammentarsi in venti repubbliche.
Forse solo un’alleanza stretta con i cittadini potrebbe tentare il salvataggio della sanità pubblica. Intanto sono già state proclamate le prime agitazioni categoriali e questa è una buona notizia.
Antonio Panti