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QS Edizioni - mercoledì 27 novembre 2024

Lettere al Direttore

Fare chiarezza sui bisogni di salute dell’utenza e sulle risposte delle funzioni professionali

di Santo Di Nuovo e Sergio Salvatore
4 novembre -

Gentile Direttore,
ci fa piacere constatare che la funzione della psicologia entro il SSN sia oggetto di una ampia discussione, che la Sua testata ha il merito di ospitare e alimentare. Perché tale discussione sia fruttuosa, è necessario fare chiarezza come auspicato nel recente intervento del presidente della Società Italiana di Psicoanalisi, Sarantis Thanopulos, su “Psicologia e salute: parlare chiaro, senza ambiguità, per costruire una cultura della cura democratica”. L’intervento pone chiaramente delle questioni rilevanti, ma lo fa omettendo alcuni essenziali elementi.

Il testo è una risposta ai precedenti interventi di Davide Lazzari e Mario Sellini, che hanno evidenziato l’ampiezza dei problemi e dei bisogni che la psicologia operante entro il SSN contribuisce ad affrontare. L’articolazione e vastità della domanda di intervento psicologico è un fatto storico (gli psicologi da sempre rispondono a questa domanda, oltre che nei Dipartimenti di Salute Mentale, nelle strutture ospedaliere, nei consultori familiari, nei servizi di prevenzione, ecc.) che la pandemia ha ulteriormente ampliato e reso evidente. La psicologia non è dunque riducibile al contributo che essa offre nel campo della cura della malattia mentale, che pure costituisce una componente importante del suo profilo multifunzionale e trasversale. Sul piano organizzativo, è proprio la multifunzionalità e trasversalità ad implicare l’utilità di dotare le Aziende Sanitarie di Servizi di Psicologia di II livello che permettano di valorizzare e coordinare l’azione degli psicologi nei diversi contesti di intervento in cui essi operano.

Ipotizziamo che sia quest’ultima considerazione di natura organizzativa ed istituzionale ad aver alimentato le reazioni che stanno attraversando il dibattito. Gli argomenti relativi alla articolazione dei bisogni dell’utenza, alla impossibilità di affrontarli con risposte di natura esclusivamente medico-terapeutica, la necessità di risposte innovative capaci di integrare l’azione sulle dimensioni biologiche, soggettive, psicosociali, istituzionali, sembrano contare meno delle implicazioni sul piano degli equilibri di potere che scaturiscono da tutto ciò.

Nel loro intervento, Fioritti e Niccolò, autorevoli e rappresentative voci della psichiatria istituzionale, hanno espresso la loro netta contrarietà all’ipotesi di una struttura di psicologia di II livello. La loro idea è che la psicologia è una componente dell’intervento psichiatrico sulla salute mentale e come tale deve rimanere entro i Dipartimenti di Salute Mentale – dunque in posizione di subalternità rispetto alla psichiatria, che tali strutture governa.

Il rifiuto della visione multifunzionale e trasversale della psicologia entro il SSN, che anche Thanopulos condivide, è fondato su argomenti che non entrano nel merito dei dati e degli argomenti circostanziati più volte richiamati a fondamento di tale visione.

Proviamo di seguito ad esplicitare alcune perplessità su queste posizioni.

In via preliminare, è opportuno richiamare quanto Thanopulos afferma come premessa. Pur riconoscendo legittimo che un ordine professionale si occupi “della piena occupazione dei loro iscritti”, si afferma che dovrebbe tuttavia farlo in modo non corporativo, senza “cadere in derive pubblicitarie”. A noi risulta difficile trovare tracce di atteggiamento corporativo nell’intervento del presidente dell’Ordine che avanza una riflessione sulla articolazione dei bisogni psicologici dell’utenza, sulla necessità di operare una distinzione tra la malattia mentale e le condizioni di disagio psicologico – il tutto proposto portando un ampio repertorio di casi esemplificativi. Del resto, il mandato di un Ordine è la tutela della cittadinanza e la sorveglianza sul sistema professionale, non favorire l’occupazione degli iscritti.

Un importante argomento opposto alla trasversalità della funzione psicologica si focalizza sulla formazione: la laurea in psicologia non offrirebbe agli psicologi una preparazione sufficiente per permettere a questi ultimi di svolgere funzioni nei diversi ambiti di intervento coperti dal sistema sanitario. Dunque, questa sembrerebbe la conclusione di Thanopulos, gli psicologi specialisti in psicoterapia continuino ad operare nel campo di loro precipua competenza – la salute mentale; ma non si permetta allo psicologo non specializzato, in quanto non adeguatamente formato, di introdursi in ambiti (il riferimento proposto è quello delle cure primarie) che comunque richiedono competenze specialistiche.

Questo argomento, per quanto ci compete nella qualità di rappresentanti degli psicologi che fanno ricerca e formazione nell’Università, appare impraticabile per tre principali motivi.

  • L’idea che una funzione professionale non specialistica – nel caso: quella di uno psicologo abilitato ma non specializzato – non possa contribuire alla presa in carico di problemi e domande poiché nel contesto di tale presa in carico operano anche figure specializzate (nel caso: lo psichiatra) implica una confusione tra parte e tutto. Peraltro anche nel campo citato dello psicologo di assistenza primaria è comunque prevista una formazione specifica post lauream .
  • La funzione psicologica non è generica, ma generale. La psicologia ha sviluppato su base scientifica modelli di intervento in una pluralità di ambiti, nel contesto di quadri disciplinari che ne sostanziano la sua natura unitaria. Le diverse aree della scienza psicologica, e i professionisti che le applicano, mirano a rispondere – con proprie tecniche e propri modelli teorici di epistemologici, che si distinguono da quelli biologici ma con essi devono integrarsi – ai bisogni psicologici delle persone. Bisogni che non sono solo quelli di essere curati per disturbi psichici, ma sono tanto ampi e variegati che ci sono voluti interi libri per catalogarli. A questi bisogni gli psicologi rispondono sia nel SSN che al di fuori di esso. Affermare l’equazione [psicologo-senza- ulteriore-specifica = psicologo-non-formato] non tiene conto dell’enorme mole di letteratura scientifica internazionale su cui si articola la relazione tra saperi scientifici e pratiche professionali, inclusa la formazione alla competenza professionale in ambito psicologico.

Per inciso, quanto alla qualità di questa formazione, le università faranno di tutto per renderla, nei corsi di laurea d’ora in poi abilitanti, quanto più appropriata possibile allo scopo “di base” di supporto al benessere psicologico. E poi per specializzare nel migliore dei modi chi dovrà entrare nel SSN con tale qualificazione di terzo livello - o comunque chi, anche nella pratica privata, dovrà intervenire anche sui disturbi psichici, usando tecniche psicologiche.

La valutazione della qualità di questi corsi è affidata ai Presìdi di Qualità e ai Nuclei di Valutazione degli Atenei, al Ministero competente e all’ANVUR (come per i corsi di tutte le discipline). Il tirocinio professionalizzante e la valutazione abilitante saranno compiuti secondo gli standard prescritti dai decreti attuativi delle legge 163/2021, firmati dai Ministri dell’Università e della Salute. Certo, non sarà facile professionalizzare come vorremmo le centinaia di studenti che norme vigenti (diverse da quelle per medicina, pur essendo entrambe professioni sanitarie) impongono di accogliere in ingresso nelle lauree di psicologia.

Abbiamo chiesto più volte di ridurre questi numeri senza esito ma essendo ora questi corsi di natura sanitaria riteniamo che questi cambiamenti si impongono. Come risultato della professionalizzazione diffusa abbiamo sul mercato un numero significativo di psicologi, ovviamente alcuni più bravi e altri meno come in tutte le situazioni. Questo consente a chi valuta le assunzioni scegliere i migliori, e i numeri di abilitati consentono certamente tra gli psicologi una scelta adeguata (a differenza dei medici dove il bisogno di completare gli organici fa sì che si assumano anche neolaureati e si facciano rientrare in servizio i no-vax).

3) Nel Sistema Sanitario Nazionale la normativa dispone che possano operare solo psicologi specializzati. La figura di psicologo non-specialista che viene contestata non è un oggetto che il SSN conosce, perché opera al di fuori di esso, seppur nell’ambito della promozione della salute. Vale la pena aggiungere che negli ultimi anni il sistema accademico della psicologia ha sviluppato una articolazione della formazione specialistica (D. 50/2019) che oggi va ben oltre la psicoterapia, coprendo un ampio ventaglio di profili di competenze: psicologia del ciclo di vita, clinica, della salute, neuropsicologia, counseling psicologico.
Il terzo livello specialistico è stato pensato nel suo complesso per consolidare le diverse esigenze funzionali che la trasversalità del ruolo psicologico nei contesti della salute pubblica alimenta. Dunque, lo psicologo operante nel SSN non solo è uno specialista, al pari dello psichiatra; è anche una figura multifunzionale, che nel suo complesso esprime un dominio di specialismi che va anche fuori dal campo della salute mentale, che è l’ambito specifico della psichiatria. Vero che la psicologia è uno dei sottoinsiemi della cura della patologia mentale, ma a sua volta la cura dei disturbi mentali è un sottoinsieme della scienza e della professione psicologica.

Un secondo argomento, di ben più ampia portata culturale, proposto da Thanopoulos può essere sintetizzato nel seguente modo: una psicologia che si propone come funzione di promozione di benessere (piuttosto che di cura) si espone alla critica di operare in senso etico e normativo, vale a dire al servizio del sistema di valori e di potere che definisce ciò che la società e i suoi dispositivi istituzionali chiede agli individui di considerare giusto/desiderabile. La psicologia, di conseguenza, se vuole evitare di funzionare al servizio di una concezione (e di una pratica) autoritaria della società, deve evitare di proporsi scopi di miglioramento della vita delle persone, e limitarsi ad occuparsi delle circostanze e condizioni della loro sofferenza.

La prima grande difficoltà cui va incontro tale argomento è che non si vede perché, una volta sollevato, esso non vada applicato anche al campo della cura e della salute mentale. Al riguardo, fiumi di inchiostro sono stati versati circa l’implicita funzione di riproduzione dell’ordine sociale degli interventi sulla salute mentale. Anche nell’ambito culturale di Thanopulos, la psicoanalisi, è viva la riflessione critica circa l’ineliminabile dialettica tra la natura non finalizzata e metodologica della presa in carico della sofferenza psichica e le valenze “ortopediche” immanenti alla dimensione della cura come atto sociale.

Più in generale, l’argomento della natura etico-normativa dell’intervento psicologico in contesti esterni alla salute mentale ci riporta indietro di diversi decenni, azzerando la ricchissima riflessione che la psicologia - come altre scienze sociali - hanno sviluppato intorno al tema del rapporto tra saperi, potere e funzione esperta. Non è ovviamente questa la sede per richiamare i fili di una linea di riflessione così articolata (al cui sviluppo, tra l’altro, la psicologia italiana ha fortemente e creativamente contribuito); ci limitiamo così a rivendicarne gli esiti: l’azione dello psicologo di contrasto del disagio e di promozione della qualità della vita individuale e collettiva non implica necessariamente modelli normativi predefiniti, istituiti come riflesso degli assetti di potere istituiti. Al contrario, l’intervento psicologico si qualifica come funzione di sviluppo, la cui ragion d’essere è in ultima istanza la promozione presso i fruitori delle loro capacità di comprensione delle condizioni (inter)soggettive e socio-istituzionali dell’esistenza e intervenire su di esse.
Non si tratta, è bene ribadirlo, di insegnare alle persone le regole del buon vivere, cioè quale vita fare, ma di supportarli per fare al meglio la vita che scelgono di fare.

Per concludere, una considerazione di ordine generale. Le osservazioni di Thanopulos – così come le lettere di Fioritti e Niccolò – rivelano una visione implicita dei bisogni psicologici, che il SSN ha il mandato di intercettare, fortemente centrata sulla loro dimensione medico-ortopedica nel senso descritto. Secondo tale visione, i bisogni psicologici rientrano tout court nel perimetro della salute mentale e dunque trovano nella psichiatria il fulcro che ne presidia la presa in carico. Ruolo, funzione e modelli organizzativi attinenti alle altre figure professionali attive nel dominio della presa in carico di tale tipo di bisogni sono interpretati nei termini e in funzione dei paradigmi di intervento, delle esigenze organizzative e delle prospettive istituzionali qualificanti l’azione psichiatrica. È questo il punto che con chiarezza va riconosciuto come il fiume carsico che scorre sotto le pieghe della discussione che si sta sviluppando sulla psicologia entro il SSN.

La crisi pandemica ha reso evidente la natura complessa dei problemi relativi alla salute delle persone e delle popolazioni, dunque la necessità di ripensare modelli di intervento e, conseguentemente, assetti organizzativi e forme di relazione tra i sistemi professionali in campo. Serve sviluppare e incardinare anche nei Servizi una logica che Morin definirebbe di ragionevole e proficua transdisciplinarità, che vuol dire interventi e loro valutazione programmati e condotti in modo coordinato e integrato da più professionisti, seppur con metodi e tecniche specifiche delle discipline compartecipi. Questo è davvero utile per (tutti) i professionisti della salute e per i loro utenti.

Abbiamo speso tante parole – e ringraziamo chi ci ospita e chi ci legge per essere arrivati fin qui - per esplicitare un pensiero semplice e chiaro e distinto che qui riassumiamo: Per “stare bene” le persone e i gruppi sociali hanno bisogno di salute globale nei campi dello sviluppo tipico e atipico, della riabilitazione, dell’educazione, sociale, di comunità e del lavoro, giuridica e dell’emergenza, ecc. Una parte di questa salute globale riguarda la sanità mentale, che richiede la cura dei disturbi psichici, e in questo caso la buona formazione dello psicologo e la buona formazione dello psichiatra è assicurata - nei Dipartimenti di Salute Mentale, ma non solo - dalla comune inclusione nell’elenco riservato degli albi professionali necessari per esercitare la psicoterapia, mentre una collaborazione transdisciplinare consente di utilizzare queste competenze per organizzare servizi efficaci ed efficienti.

Questa è la logica che a nostro avviso ci permette di fare chiarezza e di costruire una cultura della cura senza scivolare nella polemica e in una corsa al suprematismo professionale che vorremmo in ogni modo evitare.

Santo Di Nuovo
Professore emerito di psicologia e presidente Associazione Italiana di Psicologia

Sergio Salvatore
Professore di psicologia dinamica e direttore della Rivista di Psicologia Clinica

4 novembre 2022
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