Lettere al Direttore
L’Italia deve maturare una nuova cultura sulla nefrologia
di Mariacristina GregoriniGentile Direttore,
i numeri delle persone costrette a confrontarsi con una malattia ai reni ben dimostrano quanto oggi è sia necessario ampliare la cultura e il dibattito attorno a questa branca della medicina. In Italia si contano circa 5 milioni di persone con una patologia ai reni, si tratta di circa il 7% della popolazione. Tanto sarebbe già sufficiente affinché si comprenda l'importanza di ricerca e assistenza in questo campo.
Non possiamo dimenticare inoltre come un paziente, affetto da una malattia ai reni, presenti un rischio di mortalità 5-6 volte superiore per problemi cardiovascolari rispetto a molte altre patologie.
Nei giorni scorsi il 63° Congresso Nazionale della Società Italiana di Nefrologia (Sin), svoltosi a Rimini, ha letto il nuovo presidente: il dottor Stefano Bianchi, classe 1952, già direttore del reparto di Nefrologia e Dialisi di Cecina, Piombino ed Elba dell’Azienda Usl Toscana nord ovest. In precedenza anche primario al San Donato di Arezzo e responsabile dell’Area Nefro-Cardio-Diabetologica della ex Asl 6 di Livorno.
Un occasione che riteniamo importante per soffermarsi a riflettere sul valore della prevenzione e della formazione. Oggi troppo spesso l'attività della nefrologia è associata quasi esclusivamente alla dialisi, mettendo quasi in ombra nella popolazione la moltitudine di patologie, rischi e trattamenti esistenti.
Questo problema si porta dietro una duplice conseguenza, sia in chi deve essere curato che in chi cura. I cittadini oggi dovrebbero, grazie a specifici programmi scolastici e informativi, sviluppare una conoscenza più approfondita sulla salute dei reni al fine di condurre il più possibile corretti stili di vita e svolgere il giusto numero di controlli nel corso della loro vita.
Al tempo stesso nel settore ospedaliero, come afferma Pietro Dattolo, consigliere nazionale della Sin e presidente dell'Ordine dei Medici di Firenze, serve potenziare la platea dei professionisti. Proprio a causa del numero di malati sopra citati, si registra un livello di medici specializzati non sufficienti. La nuova presidenza della Società Italiana di Nefrologia si farà indubbiamente carico di affrontare questa carenza, percepita come uno dei temi prioritari, attraverso la richiesta di un incremento dei contratti di specializzazione in nefrologia.
La Società Italia di Nefrologia, impegnata nella prevenzione e nella diagnosi precoce delle malattie renali, è l’unica accreditata a livello nazionale a rappresentare le istanze dei nefrologi. E nel prossimo futuro sarà chiamata a collaborare col Ministero della Salute alla stesura delle linee guida sui programmi sanitari relativi alle problematiche nefrologiche.
Oggi dobbiamo iniziare quindi a gettare base di un nuovo percorso culturale, che tenga conto del prezioso bagaglio di esperienze accumulato anche nel recente passato. Crediamo che sia fondamentale creare un coordinamento più stretto tra i medici della nefrologia e quelli del territorio. Avviare quindi un canale di comunicazione e collaborazione più diretto tra i servizi sanitari di base e gli esperti del settore, per sviluppare una più puntuale assistenza ai malati del territorio.
In questo quadro crediamo che possa avere un ruolo fondamentale la telemedicina: uno strumento che abbiamo imparato come mai prima ad apprezzare durante l'emergenza pandemica e che dovrebbe rendere protagonista nel prossimo futuro per una sorveglianza attiva e una cura direttamente nelle case, non più solo negli ospedali.
Quella formazione che vediamo come valore chiave tra i cittadini crediamo che debba entrare al tempo stesso anche nei reparti: dobbiamo puntare sull'istruzione del personale, portando in primo piano gli aggiornamenti e la ricerca. Creiamo una rete di lavoro con maglie sempre più strette per migliorare la gestione dei pazienti. L'era post Covid sia l'inizio anche di una nuova fase di assistenza e di cultura diffusa.
Mariacristina Gregorini
Segretario nazionale della Società Italiana di Nefrologia