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QS Edizioni - domenica 24 novembre 2024

Lettere al Direttore

Medici e tecnici in radiologia. È il momento di sedersi a un tavolo

di Roberto Di Bella
2 settembre -

Gentile Direttore,
intervengo dopo aver letto l’articolo del Dr. Stefano Carnitano (Presidente della Sezione di Studio di Etica e Radiologia Forense della Società Italina di Radiologia Medica) pubblicato sul vostro quotidiano il 25 agosto scorso.

Parto da un assunto: ogni fenomeno professionale e quindi sociale è il prodotto di un sistema di relazioni e azioni, ove il sistema è niente di meno che il contesto in cui le persone, i professionisti agiscono. Il sistema professionale è costituito da parti (che dovrebbero essere) connesse tra loro, suddivisibili in più o meno ampie dimensioni interne ed esterne al sistema stesso. Dalle interconnessioni delle variabili di un sistema si possono generare effetti che possono essere “funzionali” oppure “devianti”. In area radiologica i secondi prevalgono sui primi, almeno nei rapporti tra professionisti.

Gli enormi sviluppi nel campo tecnologico applicato alla medicina hanno consegnato un progresso impensato alla diagnostica, alla terapia, tutto questo grazie alle biotecnologie sempre più sofisticate e costose.

Al di là delle sentenze, oggi la sfida che più dovrebbe appassionare “gli operatori tutti” della medicina moderna (quella medicina sempre più caratterizzata dalla tecnica e dalle tecnologie), è quella in grado di coniugare l’efficacia/l’efficienza di un processo (nel caso di specie quello radiologico) con il rispetto sociale/professionale di chi a vario titolo partecipa alla realizzazione del medesimo, il tutto, possibilmente racchiuso all’interno di un contesto etico, capace di porre al centro la ragion d’essere del servizio sanitario nazionale e degli stessi operatori: il benessere della persona assistita.

Quanto sopra auspicato non può che avvenire con uno scambio continuo tra le diverse culture professionali, di sensibilità all’interno di quelle competenze (anche tecniche) portatrici di valore e necessarie al raggiungimento dell’obiettivo principe, ma per fare ciò, occorre fare squadra, occorre avere l’umiltà e il coraggio di delineare “insieme” quali determinanti negative influenzano questo processo e perché tali dimensioni continuano ad essere alimentate.

Da attento lettore del suo quotidiano, faccio fatica a comprendere come in area radiologica,  sia mancata nel tempo la volontà e l’impegno a ricercare i determinanti positivi (a mio parere quantitativamente notevoli tra gli attori coinvolti) che certamente, avrebbero facilitato la rimozione preconcetti negativi (residuali) dell’agire professionale di coloro che operano in tale contesto (medici specialisti di area vs Tecnici di Radiologia).

Per quale motivo piuttosto che realizzare un’idea di processo radiologico evoluto, progressista e appropriato al concetto di malattia e salute, e basato su una “nuova” concezione di integrazione professionale (come avviene in buona parte dei sistemi sanitari moderni), si è preferito, in modo resistente e arcaico (da parte di qualcuno che vede minata la propria leadership), percorrere la strada del rigido scientismo in capo ad una sola persona ossia al responsabile del processo, delegittimando tutti coloro che pur contribuendo in modo determinante al risultato, medico non sono? (un caso più unico che raro nei paesi civili).

Personalmente ho la sensazione, ma potrei sbagliarmi, che qualcuno oggi non abbia ancora compreso che costruire relazioni interprofessionali autentiche capaci di valorizzare la reciprocità tra professionisti, non solo feconda un ambito specialistico forte e autorevole, ma attiva una enorme opportunità nei confronti della persona assistita, che è quella, di dare un senso alla propria situazione di malattia, riconoscendo all’operatore un ruolo e una  funzione sociale a prescindere dal titolo accademico.

È pertanto il raggiungimento di questo fine, che dovrebbe quantomeno abbattere i “miti” ricercati nelle sentenze, per costruire, come invece quotidianamente avviene nei Servizi di Diagnostica per Immagini, un dialogo e una collaborazione sempre più robusta, ma capace per il bene del malato, di mettere al centro anche il rispetto della dignità professionale di chiunque a vario titolo partecipa al processo diagnostico.

Ogni giorno a chi lavora nelle Radiologie, Tecnici di Radiologia in primis, è ben chiaro dello sforzo viene profuso per prevenire quelle strumentalizzazioni che bene non fanno al paziente e che spesso leggiamo sui quotidiani, quali insipide esternazioni che hanno il gusto di una “vittoria di Pirro ”e che, in modo miope, faticano a comprendere come operare in favore dei pazienti rispettando l’agire di ogni sanitario, significa (anche) evitare sia la dimensione paternalistica quanto la banalizzazione della routine tecnico-professionale.

Sono proprio queste influenze che incidono negativamente sul miglioramento della qualità del contesto professionale e sociale in Diagnostica per Immagini, e che consegnano all’attento lettore, un immaginario da cui forse prendere, semmai paziente, le dovute distanze. A breve, in area radiologica, il narcisismo di molti, soprattutto di coloro che oggi impegnano il loro tempo a commentare le sentenze, dovrà fare i conti con nuovo attore sociale che non sarà visibile, non sarà una persona fisica e nemmeno sarà laureato: il Signor l’algoritmo!

Auspico che i diversi attori di questa area, una delle più importanti tra i Servizi sanitari possano quanto prima sedersi ad un tavolo, con l’idea di fare squadra, perché ogni professione è unica: “rispettando la diversità equivale a difendere la propria e l’altrui libertà (professionale)”, per buona pace di chi, continua ad ostinarsi a fare altro.

Roberto Di Bella
Esperto in bioetica e in etica delle nuove tecnologie

2 settembre 2022
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