Lettere al Direttore
Le nuove responsabilità del medico
di Luigi Vero TarcaGentile Direttore,
per prima cosa ringrazio il Dottor Antonio Panti – e con lui il “Quotidiano Sanità” e l’Ordine dei Medici – per avere raccolto la mia proposta di dialogo filosofico sulla questione dei medici non vaccinati. Incomincio allora chiarendo che cosa io intenda per dialogo filosofico.
Siamo ormai assuefatti all’idea che la risposta giusta a un problema la si ottenga mediante una discussione intesa come un duello al termine del quale il sostenitore della tesi vera sconfigge il suo avversario propugnatore di una tesi falsa. Insomma, la risposta giusta è per noi l’esito di un gioco win-lose (vincitore/sconfitto). Il gioco della filosofia è molto diverso: esso arriva a fornire una risposta nella misura in cui entrambi i giocatori sono soddisfatti della soluzione, perché l’hanno trovata insieme.
Potremmo definirlo un gioco win-win (vincitore/vincitore), ed esemplificarlo con l’immagine dell’amicizia (philia), il gioco nel quale uno vince (guadagna l’amicizia dell’altro) solo se anche l’altro vince (guadagnando a sua volta l’amicizia del primo). Bello, ma ... e quando ci si trova di fronte a tesi frontalmente contrapposte perché incompatibili? In questo ciò che si deve fare è creare un orizzonte nuovo, all’interno del quale entrambi i discorsi figurino come veri (cioè dotati di valore), cosa che può accadere solo se entrambi vengono ‘corretti’, ma con il consenso del proprio sostenitore, e cioè ‘autocorretti’. Proprio in tale mutua autocorrezione consiste il dialogo filosofico.
Nel nostro caso, Panti sostiene (tra l’altro) che la società ha bisogno di regole, che bisogna trovare una sintesi tra il diritto dell’individuo e quello della società, che il medico deve possedere i requisiti per non danneggiare il paziente e non può assumere un atteggiamento che sia in contraddizione con lo statuto della sua professione. Sono tutte cose vere e giuste. Ma significa questo che allora le posizioni dei medici non vaccinati o propriamente contrari ai vaccini sono per ciò stesso prive di valore? È solo all’interno del gioco win-lose che il valore di una tesi comporta l’annullamento del valore di un’altra tesi. Cerchiamo allora di vedere in che senso le posizioni dei medici non vaccinati o propriamente contrari ai vaccini potrebbero essere compatibili con le verità espresse da Panti.
Innanzi tutto dobbiamo essere consapevoli che ogni decisione che si presenta come indiscutibilmente valida è tale solo sulla base di determinate assunzioni valoriali; quindi se essa diventa oggetto di discussione (perdendo con ciò l’indiscutibilità) vuol dire che non vi è accordo appunto su alcune assunzioni valoriali. Un esempio. Se Carlo, da Milano, vuole andare in macchina a Napoli, il tragitto più breve è quello che passa per Bologna-Firenze-Roma, non quello che raggiunge Bologna passando per Venezia; su questo non c’è discussione. Ma la decisione di optare per questo percorso è senz’altro giusta solo se il criterio di scelta è la brevità del tragitto, perché se cambia l’orizzonte valoriale (e con esso il criterio di scelta), allora cambia anche il valore della decisione. Se, per esempio, Carlo vuole fare le sue vacanze a Napoli con la sua fidanzata la quale (ahimè!) abita proprio a Venezia, diventa per lui del tutto ragionevole, anzi doveroso, scegliere il percorso veneziano, ancorché più lungo e antieconomico.
Il punto è che nella vita reale ogni gesto, anche quello che esprime le verità più indiscutibili, è giusto sempre e solo in riferimento a un contesto valoriale, cambiando il quale può diventare sbagliato. Dire a un bambino che il suo compito di matematica (nel quale egli ha scritto “1 + 1 = 3”) è sbagliato, significa fare un’affermazione indiscutibile dal punto di vista matematico, che però costituisce un gesto sbagliato (un errore!) se a seguito di ciò il bambino non ha più il coraggio di tornare dai genitori e scappa di casa.
Ciò dipende dal fatto che qualsiasi posizione, anche la più indiscutibile, acquista valore solo nel momento in cui si congiunge a un fattore che è eccedente quello che la rende indiscutibile, un fattore cioè che appartiene a un orizzonte di senso (quindi valoriale) che la rende positiva o negativa (rispettivamente buona e giusta o cattiva e ingiusta) a seconda dei punti di vista. Insomma, qualsiasi testo (in quanto appartiene a un gesto) ha valore o disvalore a seconda del con-testo nel quale si colloca.
Quando, dunque, si dà una discussione ‘reale’, ciò vuol dire che il disaccordo riguarda non il contenuto posto come indiscutibile ma qualche aspetto dell’orizzonte valoriale. In tal caso, assumere come senz’altro valida una tesi e invalida quella opposta significa non solo rendere “discutibile” la propria posizione, ma soprattutto precludersi per principio la possibilità di risolvere il problema dell’accordo tra le persone, accordo che dal punto di vista etico-politico-antropologico è sicuramente uno dei valori essenziali e imprescindibili. In ambito etico-sociale, quindi, l’unica soluzione possibile è quella che, abbandonando la pretesa di considerare come valore indiscutibile una posizione che di fatto viene discussa, si impegna innanzi tutto a chiarire quali sono i punti valoriali controversi.
Rispetto alle decisioni prese in campo medico (vaccini etc.) la domanda è allora: nel caso di decisioni controverse – quali per esempio i provvedimenti presi contro i medici “renitenti” ai vaccini – quali sono i contrasti valoriali che oppongono alcuni medici ad altri? Potremmo per esempio (tanto per toccare una sola delle numerose questioni in gioco) accennare al fatto che molte persone non vaccinate sono convinte che le valutazioni e le scelte istituzionali – anche proprio in relazione al valore medico dei vaccini (efficacia e non dannosità) – siano sempre più pesantemente condizionate da soggetti che hanno un forte interesse a indirizzare i comportamenti pubblici in una direzione a loro vantaggiosa (in ogni senso).
Ma allora si pone con forza il problema di come si possa ritenere corretto attribuire a soggetti che sono portatori di interessi definiti dal loro essere ‘soggettivi’ (di parte) un ruolo così preponderante (quasi un diritto di ultima parola) nella definizione stessa dell’interesse collettivo. Tengo a sottolineare questo: il fatto che una decisione pubblica favorisca un interesse privato di per sé non dimostra che essa sia sbagliata; quindi l’osservazione appena proposta è ben lungi dal chiudere il discorso, ma certamente essa apre una questione alla quale è doveroso dare una risposta.
Ed è evidente – anche questo merita di essere sottolineato – che si tratta di una questione che per principio non può essere liquidata con una risposta oggettiva o ‘neutra’, per esempio di tipo scientifico, o istituzionale etc., cioè con una risposta che prescinda dalla esplicitazione delle componenti valoriali (orizzonti di senso, visioni del mondo etc.) in essa implicite.
Ma – si dirà – in tal modo la questione diventa di natura essenzialmente politica, o addirittura propriamente filosofica, sicché di essa il medico, in quanto tale, non è tenuto a occuparsi. Il punto, però, è che a molti appare sempre più chiaro che nella esplosiva situazione attuale il medico si va trasformando sempre più in una figura dotata di un ruolo assolutamente centrale nel nuovo scenario del potere tecnico-politico mondiale e nazionale. Sia nel senso che la sua nobile arte viene potentemente utilizzata per fini politici e quindi di parte, sia nel senso che il suo stesso operare (anche tecnico-scientifico) risulta pesantemente condizionato da tale ruolo politico e quindi dall’indirizzo ideologico che in esso si incarna.
Per questo il mondo medico, proprio per restare tale (cioè medico), non può prescindere dal prendere in considerazione questo ordine di problemi, e dal farsene carico. A meno di essere disposto a vedere dissolto e disperso, in breve tempo, il patrimonio di stima e di fiducia che è riuscito ad accumulare in molti decenni grazie all’impegnativo lavoro di numerosissimi medici e operatori, grazie a un’azione meritoria (in campo sia clinico che culturale) che anche personalmente ho avuto modo di conoscere e di apprezzare pure in questi ultimi, difficili anni.
Ecco perché, in conclusione, risulta indispensabile, per il mondo medico, aprire uno spazio istituzionale di tipo insieme professionale e filosofico che consenta di affrontare in maniera sensata e vantaggiosa per tutti i cittadini e i soggetti coinvolti questi difficili problemi: lo spazio – eccezionale ma permanente – di cui dicevo la volta scorsa e di cui anche questo scambio, per il quale torno davvero a ringraziare il Dottor Panti, costituisce forse un primo passo.
Luigi Vero Tarca
Docente onorario di Filosofia, Università Ca' Foscari, Venezia