18 gennaio -
Gentile Direttore,
in questi due anni di pandemia, accanto all’attesa dello sviluppo di un vaccino, c’è stata anche la ricerca di terapie che riducessero la mortalità di SARS-COV 2 e questo ha portato allo sviluppo di diversi protocolli terapeutici, sia a cura di Regioni che di Società Scientifiche. Ad oggi, il protocollo del Ministero della Salute per la cura domiciliare prevede primariamente tachipirina ed ibuprofene.
Farmaci come gli anticorpi monoclonali, pur previsti, sono utilizzabili solo in setting adeguati, che difficilmente coincidono con il domicilio del paziente. Anche l’uso dell’eparina, di cui si può sfruttare l’attività anti-infiammatoria e anticoagulante (Thachill, J. Thromb Haemost, 2020, 18: 1020-1022), è ristretto ai soggetti allettati, che difficilmente saranno nel proprio domicilio e più facilmente si troveranno in ospedale.
La domanda che ci si può porre è: davvero in una situazione di emergenza vanno considerate efficaci solo terapie che discendono da RCT ? Il quesito diventa importante se si pensa ai positivi risultati ottenuti dal gruppo del prof. Remuzzi con molecole anti-infiammatorie (celecoxib e nimesulide ed eventualmente cortisone) in studi retrospettivi e su un numero limitato di pazienti (Suter et al , EClinicalMedicine, 2021, 37, 100941) o anche basandosi sulle attuali conoscenze farmacologiche (Perico et al., Clin Med Invest, 2020, 5: 1-8).
Anche l’impiego dell’anti-infiammatorio budenoside ha determinato un significativo miglioramento del quadro clinico in soggetti a basso (Ramakrishnan et al., Lancet Respir Med, 2021, 9:763-772) e alto rischio di sviluppare una patologia severa (Yu et al., 2021, Lancet, 398: 843–855). Questi ultimi studi sono degli RCT e l’ultimo è stato condotto su di un numero rilevante di persone (4700).
Ora stanno diventando disponibili gli anti-virali Molnupiravir e Paxlovid, ma il loro costo, probabilmente, ne limiterà l’impiego. La necessità di convivere con il virus, vista la sua probabile endemizzazione e le complicazioni connesse con una vaccinazione semestrale o il mantenimento di misure quali mascherine e chiusure, rendono auspicabile lo sviluppo di una nuova strategia. In quest’ottica una revisione delle attuali Linee Guida ministeriali per le terapie domiciliari sarebbe quanto mai necessaria e questo a prescindere dalla recente sentenza del TAR, perché la Scienza deve basarsi sulla valutazione critica dei dati sperimentali e non sulle sentenze.
Filippo Rossi
Ricercatore MED/49, Facoltà di Scienze Agrarie Alimentari e Ambientali, Università Cattolica, Piacenza