22 dicembre -
Gentile Direttore,
durante la lettura dell'interessante intervento del Dott.Pietro Cavalli intitolato "
La sanità allo sbando, tra cantieri edili e bonus psicologico" sono stato incuriosito da una delle frasi in esso riportate, che copio incollo per precisione: "L’analisi di dati di letteratura consente infatti di affermare che la sopracitata proposta di emendamento alla Legge di Bilancio non tiene in alcun conto altre possibili soluzioni al problema del disagio psicologico. Ci si chiede infatti il motivo per il quale ad esempio la Musicoterapia continui ad essere marginalizzata, nonostante gli ampi e benefici effetti codificati dalla ricerca scientifica".
La frase fa parte di una analisi complessa e convincente ma al sottoscritto ha ricordato direttamente la propria esperienza lavorativa (ho operato per 36 anni in un centro di riabilitazione della Capitale nella gestione di laboratori musicali) ed indotto alcune riflessioni ulteriori in merito.
Premetto che a causa della decisione avvenuta nel settore associativo e formativo della musicoterapia italiana (e cioè la decisione dei "musicoterapisti" associati, comunicata al Ministero della Salute, di non voler operare in ambito sanitario e/o sociosanitario) ho preso atto della realtà che permette ai "musicoterapisti" di operare esclusivamente in team con altre professioni sanitarie riconosciute.
La comunicazione citata recitava in tal modo "I sottoscritti non hanno alcuna intenzione di chiedere il riconoscimento della professione del musicoterapeuta come professione socio-sanitaria, poiché i propri soci non esercitano, neanche indirettamente, una professione sanitaria", (Bologna, 16 aprile 2019).
Evidentemente non sono responsabilità governative o politiche ad ignorare il riconoscimento ma confronti interni al settore certamente anche sofferti. In conseguenza di questi ragionamenti prendo atto che ogni attività musicale con la patologia deve essere realizzata in team con altre professioni sanitarie e ciò mi induce a preferire il termine "ricerca di musica in terapia" al termine musicoterapia che di fatto assume una valenza di attività di generico benessere (come è scritto su tutti i siti web). Tale termine (musica in terapia) inoltre mi appare solare ed ampio aperto alla collaborazione interdisciplinare.
Nel ringraziare della pazienza aggiungo che all'inizio di dicembre ho ascoltato lo scrittore Paolo Giordano durante la trasmissione
Piazza pulita su La7 tv affermare che si è diffusa recentemente una certa eccessiva tolleranza nei confronti delle cosiddette terapie "alternative" non convenzionali, cosa che può aver contribuito ad un certo antiscientismo durante questa terribile pandemia.
Inoltre certamente ricordiamo la battaglia della Senatrice a vita Elena Cattaneo contro il finanziamento pubblico di attività erroneamente definite terapeutiche. Anche la Commissione Europea si è unita in questa sorta di confusione supportando documenti inesatti in merito (Cfr. Mappa di Riconoscimento delle professioni della Musica, delle Arti Creative e dello Spettacolo in Europa. Esperienze e riflessioni sull'efficacia terapeutica. Aprile 2015 ISBN CODE 978-88-941115-6-9 , progetto che riporta questa scritta: "Questo progetto è stato finanziato con il supporto della Commissione Europea. Questa pubblicazione rispecchia il solo punto di vista dell’autore e la Commissione non può essere ritenuta responsabile di qualsiasi uso possa essere fatto delle informazioni qui contenute.".
Infine per chiarezza corre l'obbligo di aggiungere che sono favorevole alle attività artistiche nelle strutture sanitarie realizzate per il benessere delle persone (laddove possibile) ma non all'uso inflattivo e generico del termine terapia che va difeso ed oggi lo comprendiamo davvero.
Rolando Proietti Mancini
Operatore Opera Don Guanella (in pensione)