29 novembre -
Gentile Direttore,
non mi sembra esagerato paragonare la situazione pandemica con una vera battaglia. Gli elementi ci sono tutti, a cominciare dal nemico che si presenta agguerrito, aggressivo e soprattutto subdolo, perché è un virus che non si vede se non per i danni che procura. Non si presenta minaccioso e in armi all’orizzonte ma può celarsi nella stretta di mano di un amico incontrato al bar, e poi, le vittime di questa guerra non si vedono, scompaiono nei reparti di un ospedale e questa invisibilità molto spesso diventa incredulità.
Se questa è una guerra, dove sono le macerie e dove i morti? Allora, questa è una nuova guerra, diversa da quelle che abbiamo avuto anche il privilegio di dimenticare. Qualche nonno le ricorda ancora e, per questo, corre a vaccinarsi perché lui i morti li ha visti in due guerre mondiali e svariate epidemie. Non si scherza con il nemico.
Ma noi abbiamo un altro nemico, anche esso nuovo e subdolo, è l’informazione, più pericoloso del virus. Ho incrociato casualmente lo sguardo con uno dei tanti talkshow serali nei quali si dibatte a colpi di protagonismo e relativi insulti sulla questione epidemica. Un noto direttore di un quotidiano che si chiama Libero per non fare nomi, dichiara con pretenziosa sicumera che il numero di ricoverati tra vaccinati e non vaccinati è uguale, pertanto il vaccino non funziona.
Cambio canale e vedo la faccia del filosofo ed ex sindaco Cacciari che si dichiara non vaccinato e scettico. Io che faccio parte dell’esercito di medici che sta combattendo sul campo questa guerra da quasi due anni, vedo sul campo di battaglia un gruppo di eminenti opinionisti che dichiarano l’inutilità delle armi che abbiamo e la completa incompetenza dei nostri generali.
Niente di meglio in una battaglia che perdere il senso della impresa e non sapere che ordini eseguire. Combattere con un esercito sbandato è la via migliore per la defezione e la sconfitta, infatti, molti medici sono diventati novax e molte persone girano a vuoto non sapendo cosa fare. Totale confusione ed inerzia di pensiero dove tutto può essere vero e tutto può essere falso. Sul piano dell’informazione la battaglia l’abbiamo già persa, speriamo di non perdere anche sul piano scientifico dove dovrebbe averla vinta l’oggettività dei numeri.
Un giornalista, professionista dell’informazione, dovrebbe ben conoscere la differenza che passa tra giornalismo e letteratura. È deontologico e missione del giornalista fare informazione con dati oggettivi e inoppugnabili e lasciare l’opinione al lettore. Lavorare con le sensazioni, le opinioni personali il libero pensiero nel racconto della propria vita e di quella altrui è compito dello scrittore.
Se non si conosce la differenza tra giornalismo e letteratura, qualche direttore farebbe bene a dedicarsi ad altre innocue occupazioni, quali il golf o il ricamo, perché l’informazione scorretta è pericolosissima specie se proviene da una fonte ritenuta (a torto, qualche volta) autorevole.
Sono stanco e mortificato in un lavoro dove devo dare credibilità e sostanza al mestiere di medico che pratico da trenta anni e poi venire sconfessato e tacciato di cretinismo istituzionale alla sera da opinionisti che hanno perso il senso della loro missione e corrono a fare marchette in TV alimentando la schiera dei pericolosissimi confusi. Non si combatte una battaglia con le braghe calate e girando a vuoto nel mondo delle idee. Fossero almeno quelle di Platone…
Enzo Bozza
Medico di base
Vodo di Cadore