24 novembre -
Gentile Direttore,
due giorni fa qui su QS è stato riportato un autorevole intervento di
Stefano Lorusso, Direttore generale dell’Unità di Missione per l’attuazione del Pnrr del Ministero della Salute, che nell’ambito di un
Convegno promosso dall'Aiop sulle opportunità del Pnrr per la sanità privata italiana ha affermato che “la missione 6 è anche una di quelle in cui le Regioni hanno effettivamente un ruolo molto importante”. In questo contesto Lorusso guarda con interesse al contratto istituzionale di sviluppo previsto dal Pnrr, “che prova a mettere su un punto di vista paritetico Stato e Regioni ma fissa in maniera puntuale mission e target, diritti e doveri, e le conseguenze sottese al loro mancato raggiungimento”.
Nello stesso intervento si mettein guarda dall’“errore di considerare il Pnrr come una sommatoria di progetti. La visione che dobbiamo provare a sviluppare è quella di una strategia più complessiva”. E a proposito di questa strategia Lorusso ha ricordato sia
il DM 70 sulle reti ospedaliere in corso di revisione che il
cosiddetto DM 71 sulle reti territorialiattualmente in itinere, entrambi di recente presentati e commentati qui su QS.
Se il PNRR è dunque nella impostazione del Ministero della Salute, efficacemente rappresentata da Lorusso, una occasione imperdibile di revisione complessiva del Servizio Sanitario Nazionale e dei Servizi Sanitari Regionali, sarebbe lecito attendersi una progettualità esplicita e condivisa da parte delle Regioni allineata alle indicazioni del PNRR e coerente con l’impianto ormai noto dei due Decreti 70 rivisto e 71 in itinere.
Così non è, o almeno così non è nelle Marche. E con ogni probabilità non solo nelle Marche. Regione in cui non solo la programmazione della rete ospedaliera va esplicitamente contro le indicazioni sia del vecchio che del nuovo DM,
come ho già fatto presente qui su QS, ma tutto ciò che andrebbe progettato in declinazione del PNRR (Case della Comunità, Ospedali di Comunità, assistenza domiciliare, telemedicina, Centrali operative Territoriali) è ancora totalmente fuori dal dibattito e dal confronto tra governo regionale e territori. E questo nonostante da mesi la Giunta delle Marche sia impegnata in una tournèe in giro per la Regione in cui il tema centrale e unico affrontato negli incontri è quello della rete ospedaliera, che negli atti e nelle intenzioni verrà mantenuta e potenziata fuori dei vincoli del DM 70 vecchio e nuovo.
Sono stati istituiti dalla Regione Marche a fine luglio per il Pnrr in sanità una cabina di regia e tre gruppi tematici sugli aspetti tecnico-informatici, sulle tecnologie sanitarie e sulla assistenza territoriale. Non vi è alcuna circolazione di documenti prodotti da questi gruppi e verosimilmente quando usciranno sarà impossibile per gli stakeholder avere il tempo di esaminarli ed eventualmente correggerli ed integrarli. E’ evidente che la progettualità delle Marche non potrà di conseguenza che dare continuità all’esistente in coerenza formale con quanto previsto nel Pnrr e in sostanziale difformità da quella visione strategica che ci si aspetta dal Pnrr stesso.
Questo è un tema di fondo del rapporto Stato-Regioni che ci si porterà dietro anche con il Pnrr: chi e come monitorerà i Piani Regionali di traduzione operativa del Piano? Ci si baserà ancora una volta sugli atti e le “autocertificazioni” come di solito avviene? Un esempio folgorante della inadeguatezza del monitoraggio attraverso gli atti emerge da una analisi fatta alcuni mesi fa dal Centro Studi della Camera dei Deputati su Case della Salute e Ospedali di Comunità,
analisi presentata e commentata qui su QS. In questa analisi basata sulle Delibere Regionali alle Marche vengono attribuite 21 Case della Salute e 14 Ospedali di Comunità con 616 posti letto che la collocherebbero al secondo posto in Italia dopo il Veneto. Purtroppo di come funzionino queste strutture poco o nulla si sa, trattandosi spesso di primi abbozzi di nuovi modelli organizzativi che non si è riusciti in realtà a sviluppare.
E’ stato previsto un sistema di monitoraggio del Pnrr, ma rimangono ancora valide le critiche fatte qualche mese fa dal
Forum Diseguaglianze Diversità. Il Piano correttamente prevede un apposito sistema informatico sviluppato dal MEF denominato ReGiS che dovrebbe consentire la verifica dei “Target e Milestone”, i risultati attesi degli indicatori e le scadenze di attuazione al cui conseguimento sono subordinati i rimborsi. Ma dovrebbe consentire anche di conoscere tempestivamente gli stadi del processo attuativo che conducono dalle indicazioni del Piano agli interventi concreti. A queste informazioni secondo il Piano era previsto che avessero accesso gli utenti delle Istituzioni nazionali coinvolte, nonché la Commissione Europea, l’OLAF (Ufficio Europeo per la Lotta Anti-frode) e la Corte dei Conti. A queste stesse informazioni dovrebbero avere secondo il Forum accesso tutte le cittadine e i cittadini “perché un monitoraggio aperto e di qualità non richiede finanziamenti aggiuntivi o atti normativi, ed è decisivo per l’attuazione”.
Ritengo che questa proposta del Forum vada raccolta e accettata come ritengo siano da correggere tempestivamente quelle situazioni, tipica quella della Regione Marche, in cui gli atti programmatori sono disallineati con spirito e sostanza del PNRR. Se non fa questo a cosa serve la governance del PNRR cui si è data ancora una volta soprattutto negli atti tanta attenzione (molto utile al riguardo un
documento sul PNRR del Servizio Studi della Camera dei Deputati)? I
mille esperti in supporto al PNRR non potrebbero servire anche a questo? Il fatto che siano le Regioni a sceglierli visto da qui non è rassicurante.
Claudio Maria Maffei