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QS Edizioni - sabato 21 dicembre 2024

Lavoro e Professioni

Viaggio nelle professioni sanitarie. Gli Assistenti sanitari, intervista alla presidente Maria Cavallo

di Lorenzo Proia
immagine 30 giugno - Professione che viene da lontano, in Italia già al termine della Grande guerra. Nel Pnrr intravedono occasioni “per introdurre elementi di innovazione tecnologica a supporto di costruzione di reti transdisciplinari”. Necessari nelle sfide climatiche per la loro “formazione olistica”: “la relazione ‘salute’ (umana e animale) e ‘ambiente/clima’, dovrà essere affrontata con nuovi archetipi culturali e nuove ‘lenti’ di analisi”.
Prosegue il nostro excursus tra le 19 professioni sanitarie che compongono la FNO TSRM e PSTRP. Oggi intervistiamo Maria Cavallo, Presidente della Commissione di albo nazionale degli Assistenti sanitari.

Presidente Cavallo, l’Assistente sanitario è una professione di confine tra il sanitario e il sociale, per come è indicata dal Ministero della Salute.
La definizione professionale dell’Assistente sanitario ha sempre avuto un risvolto sociale fin dalla sua istituzione nel 1918, quando nel territorio si affiancava al Medico condotto e all’Ostetrica, tanto che si chiamava “Assistente sanitaria visitatrice”: infatti si occupava di medicina sociale.
In seguito, lavorando nei Comuni, prima dell’istituzione del Ssn, svolgeva le sue funzioni in collaborazione con gli Assistenti sociali. Nella sua attività tra la gente, nei luoghi di vita, esprimeva un livello di autonomia elevatissimo fin da quei tempi.

Essendo una professione dedicata alla prevenzione e alla promozione della salute, anche oggi il suo profilo ministeriale conferma tale ruolo, come per esempio all’art. 1 comma 3 lett. a): “identifica i bisogni di salute sulla base dei dati epidemiologici e socio culturali, individua i fattori biologici e sociali di rischio”, competenze per cui anche gli Assistenti sanitari di nuova generazione seguono una formazione specifica e approfondita.

Le sue radici professionali sono inoltre fondate nei concetti di promozione della salute (equità, empowerment, partecipazione e intersettorialità), dettati dalla Carta di Ottawa, per cui la salute si costruisce nei luoghi di vita e di lavoro, rivolgendo la propria attività “alla persona, alla famiglia e alla collettività; individua i bisogni di salute e le priorità di intervento preventivo, educativo e di recupero”. L’azione negli ambienti di vita e di lavoro, ne fa una professione che pur essendo profondamente sanitaria, esplica competenze nella vita sociale delle persone. Per questo deve essere la professione che è tipicamente attiva nel lavoro relativo all’integrazione socio-sanitaria.

Infatti, l’Assistente sanitario non si occupa di curare o riabilitare un malato: la sua mission è rivolta al mantenimento dello stato di salute della persona nel suo complesso. Concretizza le sue attività, nella prevenzione delle malattie infettive (ad esempio, complessiva attività vaccinale e sorveglianza epidemiologica), cronico degenerative (ad esempio, screening oncologici), così come nella prevenzione degli infortuni e malattie professionali (informazione, educazione, formazione), oltre che nella tutela della salute materno-infantile, della famiglia e nella scuola (interventi educativo promozionali) e in molti altri contesti aziendali pubblici e privati che dimostrano l’estrema flessibilità della figura.

Qual è l’approccio dell’Assistente sanitario rispetto all’utente e il concetto di benessere di riferimento?
Per definizione giuridica e formativa, l’Assistente sanitario individua il suo modello concettuale di riferimento sull’approccio olistico ed ecologico, cioè dell’uomo inserito nel suo contesto sociale in cui e da cui riceve stimoli e risorse per fare scelte salutari corrette: quindi la famiglia, il gruppo e la comunità è l’oggetto di studio e di attività dell’Assistente sanitario. Si lavora con il singolo per avere una comunità sana: l’esempio classico è la vaccinazione per cui garantisce il bene del singolo per un beneficio collettivo.

La complessità del nostro lavoro risiede nella gestione di grandi numeri di persone: piccole e preziose azioni fornite ad un numero elevato di individui disseminati su grandi territori. Questa è la più importante differenza con le altre professioni sanitarie, che invece hanno il rapporto con il singolo utente e spesso agiscono su una patologia conclamata e non su un benessere complessivo da difendere.

In questo contesto si inseriscono gli interventi educativi che mirano a prevenire, ma anche a promuovere stili di vita sani. Questa è una competenza difficile e complessa che non si può imparare sul campo, ma oggi necessita di una formazione universitaria abilitante, tesa a prendere atto di un contesto teoretico di riferimento oltre che dell’evoluzione tecnico-scientifica e di buona pratica che si basa su un bagaglio culturale nel campo della promozione della salute preciso.

La nostra capacità di analizzare il bisogno di salute della popolazione e dei singoli con competenze igienistico–epidemiologiche e pedagogiche, fa di noi un’attenta sentinella nel riconoscere precocemente le situazioni di fragilità; e il ruolo degli Assistenti sanitari di attivatori dei servizi di rete intra ed extra aziendali, li rende curatori e promotori di un modello di qualità centrato sul benessere della comunità e della persona, rispondendo ai bisogni socio-sanitari individuati in un’ottica sempre educativa.

Quali sono le sfide per il futuro maggiormente rappresentative?
La sfida principale è di mantenere il passo con l’innovazione scientifica negli ambiti in cui operiamo quotidianamente, apportando il nostro specifico contributo, in modo che le Istituzioni possano, attraverso noi, dare risposte appropriate ai cittadini. Lo sviluppo scientifico infatti mantiene un ritmo per cui tutti dobbiamo stare al passo attraverso l’aggiornamento professionale costante, cercando di valorizzare le nostre competenze.

Un’occasione importante, che rappresenta una sfida e al contempo un’opportunità, è rappresentata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). I fondi a disposizione in particolare nella Missione 6 (Salute) ovvero “risorse per il rafforzamento della resilienza e della tempestività di risposta del Sistema Sanitario Nazionale alle patologie infettive emergenti gravate da alta morbilità e mortalità, nonché ad altre emergenze sanitarie”, sono un’opportunità per introdurre elementi di innovazione tecnologica a supporto di costruzione di reti transdisciplinari, miglioramento dell’informazione/comunicazione, rilevazione dati (sanità digitale, telemedicina, big data), attività di inclusione socio-sanitaria, promozione e prevenzione della salute, in particolare nel territorio che è composto oltre che da singoli individui da famiglie, gruppi, comunità (nelle case di comunità, nell’assistenza domiciliare, etc).

Inoltre un tema emergente è rappresentato dalle sfide climatiche, quindi la relazione “salute” (umana e animale) e “ambiente/clima”, dovrà essere affrontata con nuovi archetipi culturali e nuove “lenti” di analisi (come suggerisce l’approccio One Health dell’OMS). Gli Assistenti sanitari, proprio per la loro formazione olistica, saranno sicuramente promotori e attori di iniziative di frontiera per la Sanità pubblica del futuro.

Quanti siete in Italia? Capita a volte che si utilizzino professionisti diversi per le vostre funzioni e attività…
La passata storia ordinistica della professione ha rallentato molto lo sviluppo della nostra professione, incidendo notevolmente nella rappresentatività presso le Istituzioni e nella visibilità verso la popolazione in generale, per cui non è stato sostenuto il normale ricambio generazionale. La pandemia ha evidenziato in modo eclatante la nostra scarsità numerica e non solo per affrontare l’emergenza!

I Corsi di laurea non sono numerosi e la competizione nelle Università all’utilizzo delle risorse necessarie ad attivarne di nuovi, nel complesso contesto normativo e di equilibri politico istituzionali, ne ha impedito l’istituzione. La situazione, ad oggi, è che c’è un’enorme richiesta di professionisti da parte delle aziende sanitarie pubbliche e private e dalle Regioni a cui le Università non rispondono.

Tutti gli Assistenti sanitari laureati trovano infatti lavoro in pochi mesi e la loro scarsità numerica obbliga le aziende a sostituire la figura con altre, producendo un danno importante sia alla professione che al cittadino a cui non è data la professionalità che richiederebbe la soddisfazione del bisogno di salute. E in questa situazione altre professioni svolgono impropriamente le nostre attività.

Che la prevenzione la possano fare tutti è una leggenda metropolitana. Se per un verso ogni professione ha nel suo specifico delle particolarità tecnico scientifiche in cui svolgere anche azioni preventive, è segno di superficialità e dilettantismo pensare che chiunque con una formazione prettamente clinica con il solo approccio biomedico, possa avere le competenze per agire su una comunità. La prevenzione, l’educazione e la promozione della salute sono ambiti in cui si esprime scienza e arte, per cui gli Assistenti sanitari acquisiscono una Laurea abilitante in grado di affrontare con competenza ed appropriatezza le necessità socio-sanitarie della popolazione.

Il movimento internazionale di Ricerca e azione sulla promozione della Salute, sottolinea infatti come sia necessario un capitale umano dedicato, di fondata preparazione e struttura formativa, per costruire adeguate competenze accreditabili, che offrano certezza di seria applicazione di strumenti e tecniche. A livello internazionale per svolgere azioni di promozione alla salute, sono richieste ed accreditate specifiche competenze, che trovano molte affinità con la nostra formazione universitaria. Non a caso ad oggi l’unico Corso di laurea italiano accreditato è quello in Assistenza sanitaria.

Passiamo al rilevante apporto dato nella pandemia da Sars-CoV-2, in primis il contributo alla campagna vaccinale.
L’attività dell’Assistente sanitario fin dall’inizio della pandemia si è avviata subito attraverso la sorveglianza sanitaria attiva, tesa al controllo dei casi notificati e dei loro contatti e quindi al contenimento dei cluster/focolai. Con l’avvio della campagna vaccinale il nostro ruolo è stato sempre più centrale. Vista la scarsità numerica sul territorio nazionale che ha impedito di fatto una collocazione appropriata in tutte le attività di competenza, gli Assistenti sanitari hanno ricoperto essenzialmente funzioni soprattutto organizzativo-gestionali dell’intero processo vaccinale, epidemiologiche, di formazione e di comunicazione del rischio.

In quali altri ambiti operate in questa emergenza?
Tra i molti campi d’azione le ulteriori attività sono state le quelle di contact center, medicina preventiva, di organizzazione e attuazione di screening, attività di gestione dei casi complessi e dei soggetti fragili nelle comunità assistite.

Veniamo infine al rapporto con la FNO TSRM e PSTRP e a cosa vi caratterizza e cosa invece vi unisce alle altre 18 professioni.
Il nostro inserimento nel nuovo Ordine l’abbiamo atteso come un’opportunità per poter esprimere il nostro diritto a far crescere la professione. Auspichiamo ci sia un rispetto delle differenze e specificità di tutte le professioni rappresentate, come da legge 42/99 che parla di rispetto vicendevole delle competenze per l’esercizio professionale, pur essendo forti sostenitori del lavoro transdisciplinare.

Lorenzo Proia

Leggi le interviste precedenti: Audiometristi (Cino); Perfusionisti (Scali); Tecnici di neurofisiopatologia (Broglia); Podologi (Cassano); Terapisti occupazionali (Della Gatta); Tecnici ortopedici (Guidi); Ortottisti (Intruglio); Tecnici della riabilitazione psichiatrica (Famulari); Audioprotesisti (Gruppioni).
30 giugno 2021
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