Le Cure Palliative perinatali (CPpn) nel nostro Paese devono essere potenziate per garantire una migliore qualità di vita ai neonati con patologie croniche, a volte inguaribili o incompatibili con una sopravvivenza prolungata.
È quanto ribadito dalla
Società Italiana di Neonatologia (Sin), in occasione della Giornata Nazionale del Sollievo, promossa dal Ministero della Salute, che ricorre domenica 30 maggio.
Nell’85,5% delle Terapie Intensive Neonatali (Tin) italiane esistono delle figure professionali di supporto per assistere il personale e i genitori prima e dopo la nascita di neonati con malattia inguaribile, nel 42% dei centri è previsto un percorso assistenziale con la possibilità di dimissione precoce e la gestione domiciliare della inguaribilità, ma solo in un terzo è presente un programma strutturato e una persona di riferimento per le Cure Palliative perinatali (dati Survey CPpn SIN).
I progressi scientifici e tecnologici degli ultimi anni, ricorda una nota della Sin, con le loro importanti ricadute dal punto di vista diagnostico nell’ambito della medicina prenatale e dal punto di vista assistenziale in TIN, hanno profondamente modificato il mondo della medicina perinatale, permettendo di individuare, molto precocemente, patologie congenite genetico-malformative e di assistere neonati di età gestazionale ai limiti della vitalità, aumentandone la sopravvivenza a lungo termine, spesso gravata da comorbidità importanti e non suscettibili di guarigione. La possibilità di individuare in epoche gestazionali precoci queste patologie e di sottoporre i neonati a trattamenti invasivi in grado di prolungarne la sopravvivenza, senza la ragionevole speranza di una vera guarigione, ha condotto il mondo medico-infermieristico a interrogarsi sulle basi etiche del proprio agire e sulla necessità di un’alleanza con le famiglie per la costruzione di un progetto di cura condiviso per i loro figli.
In quest’ottica risulta necessario un progetto strutturato nell’ambito delle Cure Palliative perinatali, che coinvolga le famiglie e gli Operatori Sanitari.
Le CPpn si differenziano dalle Cure Palliative Pediatriche (Cpp) spiega la Sin, proprio per la tempistica del loro intervento, che comprende il periodo prenatale e neonatale, e per l’assenza di un unico luogo fisico in cui si svolgono e/o si concludono, poiché seguono la diade madre/bambino durante tutto il percorso diagnostico/assistenziale. Le CPpn devono essere gestite da una équipe multidisciplinare (ginecologo, ostetrica, neonatologo, genetista, palliativista, bioeticista, psicologo, infermiere e eventualmente consulente spirituale della famiglia), in grado di garantire il necessario supporto alla famiglia durante tutto il periodo perinatale, attraverso la consulenza prenatale e la pianificazione delle cure che comprendano la gestione della gravidanza, la nascita, il ricovero in TIN, fino all’eventuale decesso o alla dimissione a domicilio o presso l’Hospice Pediatrico.
Il progresso delle tecniche diagnostico-terapeutiche pre e post-natali, prosegue la Sin pur costituendo una grande possibilità di sopravvivenza per neonati con gravi condizioni genetico-malformative o con estrema prematurità, pone alle famiglie e agli operatori sanitari una serie di dilemmi etici su qualità di vita e proporzionalità delle cure che costituiscono una sfida non rimandabile né demandabile, come peraltro sottolineato recentemente anche dal Comitato nazionale per la Bioetica. Sono ormai imprescindibili pertanto la progettazione e l’attuazione di percorsi di Cure Palliative perinatali, basati sulla multidisciplinarietà e sulla formazione ad hoc, con l’obiettivo della presa in cura olistica della diade madre-bambino e di tutto il nucleo familiare, senza dimenticare l’attenzione per gli Operatori Sanitari coinvolti.