Tutti i medici italiani sono iscritti all’Enpam, sebbene con forme e pesi assai diversi: una quota di contribuzione minima per i circa 133mila medici dipendenti, la cui pensione è assicurata dall’Inpdap (e oggi dal superInps), quote più consistenti per i medici di medicina generale, gli specialisti ambulatoriali e i libero professionisti, per la gran parte dentisti.
Questo vuol dire che i dati in possesso della Fondazione possono disegnare un quadro ben articolato di tutta la professione medica: composizione per sesso, distribuzione geografica, redditi e scelte professionali.
Tutto questo si potrà conoscere il 3 luglio quando verrà pubblicato l’Annuario statistico Enpam, elaborato sotto la guida di Giovanni Vezza. I primi dati resi noti oggi confermano alcuni elementi già noti, a cominciare dalla crescente presenza di donne nella professione. Se intorno all’inizio del millennio si è verificato il primo “sorpasso”, con un minimo scarto a favore delle donne tra coloro che si laureavano in medicina, oggi la presenza femminile si fa sempre più forte, visto che nella fascia d’età tra i 30 e i 39 anni le donne medico sono quasi il 30% in più rispetto ai loro colleghi maschi (37.286 contro 26.887). Ma soprattutto le ragazze sembrano più brave o perlomeno più veloci: tra chi si iscrive agli Ordini prima dei 29 anni, infatti, le donne sono quasi il doppio degli uomini (9.388 contro 5.705).
Meno scontato il dato sull’età di pensionamento. Le cifre fornite dall’Enpam rivelano che già oggi i medici vanno in pensione, in media, a 67 anni per i medici di medicina generale e a 69 per gli specialisti ambulatoriali, ovvero all’età prevista dalla riforma delle pensioni predisposta dall’Ente e che attende il via libera della ministra Fornero. Anzi, molti di loro restano attivi ben oltre i 70 anni, esercitando la libera professione quando non possono più restare nel Ssn.
Ultima anticipazione dall’annuario, la quota di pensioni erogate ogni anno dall’Enpam: complessivamente si tratta di un miliardo e 44 milioni di euro (1.044.517.833), che per il 59,8% vanno ai medici di medicina generale, mentre il restante si divide tra Fondo generale (la cosiddetta quota A comune a tutti i medici; 17,04%), specialisti ambulatoriali (15,38%), liberi professionisti(4,12%) e specialisti esterni (3,66%).