La Cassazione ha rigettato un ricorso proposto da un farmacista contro la decisione della Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie (C.C.E.P.S.), che aveva confermato, seppur riducendo l’entità della misura (da 45 a 30 giorni di sospensione dell’attività professionale), la sanzione disciplinare irrogata da un Ordine ad un titolare di farmacia, per aver posto in essere una condotta atta a sviare la clientela mediante l’abbuono totale o parziale del pagamento di ticket obbligatori per legge, praticando, tra l’altro, condizioni differenti di sconto alla clientela con riferimento ai farmaci non convenzionati.
In questo modo, il farmacista aveva realizzato attività comportanti una concorrenza sleale in danno degli altri farmacisti della zona, con conseguente pregiudizio anche economico per gli stessi, in violazione dell’articolo 2598 del codice civile e dell’articolo 3, comma 2 lett. c) del Codice Deontologico del Farmacista.
Nel rigettare tutti i motivi di ricorso, i Giudici hanno sottolineato, da un lato, che il ritardo nell’adozione del provvedimento conclusivo del giudizio disciplinare non comporta la consumazione del potere sanzionatorio dell’Ordine professionale e, dall’altro, che il termine quinquennale di prescrizione, cui è soggetta l’azione disciplinare, decorre sì dalla commissione dell’illecito ma è interrotto dall’eventuale avvio del procedimento penale a carico dell’incolpato a prescindere da un eventuale provvedimento di archiviazione in questa sede che, ove fosse poi adottato, determinerà la riattivazione del giudizio disciplinare e la ripresa del decorso del relativo termine prescrizionale.
In tema di concorrenza sleale, si ricorda che la lettera c) del citato comma 2 dell’articolo 3 del Codice Deontologico del Farmacista, nel testo approvato il 7 maggio 2018, ribadisce il divieto di tenere condotte che possano configurare una fattispecie di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 del codice civile.
La norma civilistica individua tre fattispecie tipiche: la concorrenza per confusione, ossia l’adozione di iniziative volte a produrre confusione con i prodotti e l’attività di un concorrente, anche mediante imitazioni (art. 2598 n. 1); la denigrazione e/o l’appropriazione di pregi altrui, ossia la diffusione di apprezzamenti o notizie sui prodotti e l’attività del concorrente volte a provocare il discredito di quest’ultimo oppure ad attribuirsi meriti e pregi di quest’ultimo (art. 2598 n. 2); l’avvalersi “direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda” (art. 2598 n. 3). Quest’ultima previsione costituisce una clausola generale volta a tutela di fattispecie non espressamente riconducibili a quelle previste dallo stesso art. 2598 del codice civile ma che, comunque, si rivelino in concreto contrarie alla correttezza professionale e idonee a danneggiare l’altrui attività.
In ogni caso, la configurazione di una fattispecie di concorrenza sleale richiede due presupposti: quello soggettivo, rappresentato dalla sussistenza di una effettiva situazione concorrenziale tra due soggetti economici (ovvero che vi sia un rapporto di concorrenza tra soggetti che, presenti sullo stesso mercato, offrono beni e servizi alla medesima utenza potenziale); quello oggettivo, ossia l’idoneità della condotta posta in essere a produrre effetti di mercato dannosi per il concorrente (mentre non è richiesta l’effettiva produzione del danno).
Con riferimento all’attività svolta dal farmacista, è possibile menzionare alcune fattispecie, che potrebbero essere potenzialmente rilevanti anche in termini di concorrenza sleale: l’accaparramento di ricette (che integra anche la violazione dell’articolo 18 del Codice deontologico); la diffusione di una pubblicità non conforme alle previsioni della normativa vigente e dello stesso Codice (comportamento che viola anche l’articolo 23 del Codice deontologico); l’effettuazione di sconti in maniera selettiva e discriminatoria (si veda anche l’articolo 12 del Codice deontologico e l’articolo 32 D.L. 201/2011, convertito in legge n. 241/2011); la mancata riscossione del ticket per le ricette spedite in farmacia (sul punto sussiste anche la violazione dell’art. 29 sulla violazione delle norme convenzionali).