Istituire in ciascuno dei circa 550 Distretti del Paese team multidisciplinari di cure domiciliari ad hoc, da ritarare sulle necessità dell’emergenza che stiamo vivendo. Team composti da almeno due medici di Distretto, aggiuntivi ai Mmg, Aft, alle USCA, che dovrebbero anche essere governati dal Distretto) e due infermieri, dedicati ad attività Covid, per ogni territorio distrettuale di 50-60mila abitanti (dimensione adatta al lavoro di prossimità).
È questa la ricetta della CARD per fronteggiare l’emergenza Covid contenuta in un
documento programmatico dal titolo “I distretti per i diritti della cura ed i doveri della prevenzione durante l’epidemia” messo a punto alla conclusione del Congresso nazionale della Società Scientifica delle Attività territoriali, che aggrega gli operatori di tutti i ruoli dei Distretti Sanitari e Sociosanitari italiani, conclusosi nei giorni scorsi. Linee programmatiche pensate per l’oggi, ma proiettate al domani.
La formula proposta consentirebbe la presa in carico contemporanea, 7 giorni su 7, di circa 150 soggetti Covid positivi, trattati a domicilio continuativamente, con una gravità di malattia lieve-media, con approccio pro-attivo, sia con presenza diretta a casa, sia con teleassistenza (video-telefonate e valutazioni in remoto) e di telemonitoraggio di parametri vitali (saturimetria, temperatura corporea, pressione arteriosa, frequenza cardiaca e respiratoria, ed altro). A dare man forte i MMG, i medici della continuità assistenziale, ma anche specialisti, quali pneumologi e cardiologi, questi ultimi in grado di effettuare, al domicilio, ecografie polmonari con ecografi portatili o in tele-consulenza, con una disponibilità di almeno due giorni alla settimana.
“Testare, tracciare, trattare”, la strategia delle tre “T”. Una formula valida, nel breve termine, per prendere in carico i malati Covid, ma che potrà avere ricadute positive anche nel lungo termine una volta usciti dal tunnel della pandemia. Per la CARD i Distretti possono infatti essere uno dei punti di riferimento, insieme ai Dipartimenti di Prevenzione, per applicare la “strategia delle tre T”, ossia “testare, tracciare, trattare”, per il controllo dell’epidemia.
“I Distretti, per la loro naturale presenza nei territori locali – spiega
Gennaro Volpe, Presidente della CARD – si prestano molto bene a partecipare agli screening, in particolare nei focolai epidemici, perché da sempre abituati a lavorare vicino alle persone in difficoltà, con approcci amichevoli, interesse all’ascolto e capacità di valutazione globale dei bisogni, attitudine sempre necessaria durante questa epidemia. Gli operatori dei Distretti possiedono una lunga pratica della presa in carico, indispensabile verso i soggetti Covid positivi. E quando ben realizzati, possono agire con coerenza per collegare ed integrare la fase della prevenzione con quella della cura, evitando fratture, frammentazione, parzialità”.
Oltre a testare, i Distretti, sempre in sinergia con i Dipartimenti di Prevenzione possono poi dare un rilevante contributo per “tracciare” le fonti e le diffusione dei contagi, proprio in quanto strutture operative di prossimità, in contatto continuo con la popolazione locale. “I Distretti possono contribuire a svolgere non solo indagini epidemiologiche mirate – aggiunge Volpe – ma anche affiancare al tracciamento la contestuale raccolta di informazioni utili alla presa in carico dei soggetti da seguire durante l’evoluzione della malattia. Testare e tracciare trovano nel Distretto più probabili punti di equilibrio, raccordo tra queste due azioni ed il terzo step, trattare, rendendo l’insieme più armonico ed efficace”.
Trattare, la terza “T”, è la strategia che oggi si realizza essenzialmente nelle terapie intensive/subintensive e nei ricoveri ospedalieri. E setting di cura territoriali, da molti proclamati necessari, ricorda la CARD, rimangono di fatto la cenerentola delle politiche operative. “Ma il sovraffollamento degli ospedali potrà ridursi solo affrontando prima, nel territorio, i bisogni della moltitudine di casi sospetti o accertati, paucisintomatici o asintomatici” avverte la CARD. “La realtà attuale dell’epidemia – sottolinea Volpe – mostra le carenze (talora assenze) delle due pietre angolari del sistema territoriale: le cure domiciliari e residenziali. Queste prestazioni, incluse nei Lea distrettuali, già prima del Covid erano in sofferenza e tuttora sono offerte con risorse e in dimensioni quali/quantitative lontane dagli attuali bisogni oggettivi, distanti dagli annunci e proclami ufficiali di loro potenziamento. Pur con eccezioni – prosegue – e nella grandi variabilità tra le Regioni, i Distretti hanno potuto incidere sui risultati attesi meno di quanto avrebbero voluto e potuto, perché non sono stati posti in grado di operare nelle migliori condizioni, sia nelle cure a casa che nelle residenze”.
Uno scenario che disconosce l’importanza strategica delle cure domiciliari, in cui i Distretti operano da protagonisti. “Adeguate, pronte ed efficaci cure domiciliari – rimarca ancora Volpe – possono evitare o ritardare i ricoveri impropri e la progressione tumultuosa della malattia, controllare i sintomi ed i meccanismi patogenetici della malattia, rassicurare malati e familiari. Per ottenere questi risultati, è necessario che Regioni ed Aziende producano simulazioni di fabbisogno di risorse aggiuntive di personale e di mezzi; linee di indirizzo per rapidi cambiamenti significativi nelle operatività dei propri servizi di home care e di assistenza residenziale, da ridimensionare per questa fase epidemica”. Accanto alle cure domiciliari rivisitate e potenziate, i Distretti possono migliorare anche la situazione delle cure residenziali, altro caposaldo dei servizi territoriali oggi in crisi.
Da qui la proposta di istituire nuovi e più potenti servizi sotto la regia dei Distretti. “ll Distretto –spiega il Presidente Card – potrà meglio gestire le nuove risorse, sia di personale che di strumenti di ICT, per potenziare le proprie capacità di presa in carico e di follow-up. Fondamentale sarà la cartella elettronica individuale, centrale nel nuovo sistema se consultabile ed alimentabile da tutti gli attori di cura, formali ed informali, territoriali ed ospedalieri. Si daranno poi più automezzi e spazi logistici. Ancora, è urgente costituire in tutti i Distretti la Centrale Operativa, attiva 24/7, per facilitare l’accesso ai servizi distrettuali e l’efficiente coordinamento tra i servizi, in primis domiciliari e residenziali, e tra Distretto e Dipartimento di Prevenzione”.
Insomma, per la CARD bisogna mettere fine alla retorica del “potenziamo il territorio” senza che a questa sollecitazione seguano azioni coerenti. Meglio riportare equilibrio negli investimenti e nelle spese correnti per le strategie “tre-T” per il controllo dell’epidemia. Convincendosi però che è bene aggiungere a queste la quarta “T” di “territorio”. “Accanto a testare-tracciare va indicato il prioritario ‘trattare nel territorio’, obiettivo che potrà essere ben raggiunto solamente in presenza/esistenza di un Distretto “forte”, reso dappertutto baricentro, motore, fonte di energia propulsiva ed attuativa armonica delle quattro, non più tre, ‘T’”.
LA Card chiede che sia aperto presso il Ministero un tavolo di lavoro insieme alle Società Scientifiche coinvolte in questa epidemia, anche per stilare documenti di indirizzo e raccomandazioni specifiche per una buona pratica clinica territoriale per malati COVID.
E auspica che la Conferenza Stato-Regioni voglia riprendere in considerazione la questione di come (ri)formare il Distretto, per trasformarlo in soggetto “forte” nella sua strutturazione, organizzazione, mandato, dotazione di risorse strumenti poteri, nei suoi livelli di responsabilità. Anche per questo offre la sua piena collaborazione.
Infine la CARD non dimentica le cure residenziali, per le persone anziane nonautosufficienti e i disabili, che in questa fase epidemica vanno innovate. “Attualmente è palese l’urgenza di realizzare in ogni territorio strutture riservate ad ospiti Covid positivi – sottolinea Volpe – provenienti sia da altre residenze di origine, ma anche da casa (quando non possono restarvi per motivi clinico-medici od anche sociali) per almeno due ragioni: la prima, perché questa è l’unica via per fare il vuoto nelle altre strutture di possibili fonti di contagio, rendendole più sicure per proseguire nella loro attività e contenere il contagio; la seconda, per ridurre il ricorso improprio o evitabile all’ospedale. È provato che cala la pressione sugli ospedali quando l’assistenza residenziale e domiciliare diventano di qualità e quantità adeguate. Una stima orientativa porta a suggerire, per la fase attuale, che siano resi disponibili circa 20 posti letto (range 10-30, secondo esigenze locali) per Covid positivi ogni 50-60mila abitanti, parte reperibili in strutture esistenti, parte di nuovo allestimento. I costi aggiuntivi per questi potenziamenti ipotizzati di cure residenziali e domiciliari – conclude Volpe – assorbirebbero una modesta quota, compatibile delle tanto annunciate (promesse) risorse aggiuntive per la sanità; sono necessarie, con ritorno economico certo, prioritarie nella cornice generale di vera riforma del Ssn”.