La Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie, già da 8 mesi alle prese con la sfida senza precedenti posta dal Covid-19, risponde alle richieste del Governo di collaborare sul tracciamento dei contagi e sui tamponi: “Nonostante la paura e lo sgomento di queste settimane, prevale l’orgoglio e la disponibilità, ma a patto che vi sia un diverso trattamento della Medicina Generale, che necessita di nuove risorse e condizioni di lavoro”.
“Abbiamo affrontato inermi il Covid-19. Ancora oggi, protezioni e DPI non sono sufficienti; abbiamo una preparazione limitata e riceviamo messaggi contraddittori. Siamo disposti a farci carico responsabilmente di queste nuove mansioni solo se tutto questo fa parte di una cambiamento radicale, irreversibile e serio delle nostre condizioni di lavoro – sottolinea
Claudio Cricelli, Presidente Simg – mai come in questi tempi il nostro Paese è stato sottoposto a prove dure come quella che stiamo affrontando. Il Ssn fronteggia una situazione senza precedenti, alla quale deve adattarsi con rapidità e capacità di reazione immediate. Ma la prova più complicata la sta affrontando la Medicina Generale Italiana, comparto professionale dimenticato, spesso trattato con sufficienza e disattenzione”.
La “sindemia” di fronte a cui ci troviamo e la posizione dei medici di famiglia. Ci troviamo di fronte al dilagare incontrollabile della pandemia, sottolinea una nota della Simg, oggi di fatto divenuta una sindemia, un insieme cioè di patologie pandemiche non solo sanitarie, ma anche sociali, economiche, psicologiche, dei modelli di vita, di fruizione della cultura e delle relazioni umane. Emerge dunque. Prosegue la nota, la priorità di presidiare il territorio, controllandone i microfenomeni casa per casa, individuo per individuo, famiglia per famiglia. Questo compito può essere affidato esclusivamente all’unico comparto sanitario e medico pensato per queste finalità, la Medicina Generale. Tuttavia, la negligenza di questi anni ha privato la categoria degli strumenti necessari.
“È davvero singolare che una partita così importante debba essere affrontata con gli strumenti dell’emergenza, generando contrasti, paure, dubbi e divisioni all’interno della professione dei medici – evidenzia Cricelli – la nostra professione raramente è ben organizzata; attrezzature, personale di studio, tecnologie sanitarie spesso sono inesistenti; le risorse economiche sono inadeguate. Eppure veniamo caricati di una quantità di compiti, mansioni e prospettive che avrebbero bisogno di anni per essere integrati adeguatamente in uno schema e in strutture professionali, fino ad ora invece pensate al ribasso, relegate ai margini del sistema sanitario e deliberatamente trascurate, a favore di una medicina specialistica ipertrofica, sulla quale per anni molte regioni hanno pensato di spostare addirittura i compiti propri della medicina del territorio. Abbiamo affrontato inermi il Covid-19. Ancora oggi, protezioni e DPI non sono sufficienti; abbiamo una preparazione limitata e riceviamo messaggi contraddittori. Non vogliamo essere sacrificati, pur mettendoci al servizio del Paese con il senso del dovere che ha sempre animato la nostra categoria e che deve comunque continuare a prevalere”.
Timori e perplessità. I Medici di famiglia oggi esprimono due reazioni contrastanti e apparentemente antitetiche. La prima è di rifiuto, timore e perplessità. “Come facciamo ad affrontare una prova come la pandemia in corso, a cui si aggiungono i nuovi compiti come quelli sottoscritti con la Sisac? – sottolinea Cricelli – tutti i Mmg del paese si stanno ponendo questo problema. In queste ore la Medicina Generale sta subendo l’impatto di sessanta milioni di cittadini impauriti, disorientati e bisognosi di cure, farmaci, informazioni tempestive e risposte concrete. Come facciamo ad affrontare il diluvio generato da Covid-19, la stagione invernali con i suoi problemi epidemici, la vaccinazione antinfluenzale, la cura degli anziani, il monitoraggio dei cronici, la risposta a domande ed esigenze convulse e incontrollabili dei cittadini che chiedono risposte alle quali nessuno sa dare una risposta? In questa catastrofe che si sta abbattendo sulla Medicina Generale, diventa molto complicato il tracciamento dei contagi e l’esecuzione dei tamponi rapidi. I nostri studi sono pensati per un’attività completamente diversa; il nostro personale è insufficiente e raramente dotato di competenze sanitarie. Questi sono i nostri ragionamenti indotti dal buon senso e dalla consapevolezza dei propri limiti”.
La posizione dei Medici di famiglia è ancora più articolata e porta anche a un secondo punto di riflessione. Questo elemento scaturisce dalla consapevolezza del Ssn di aver tenuto per troppo tempo una visione miope della Medicina Generale. Il Covid infatti ha posto una sfida, quella di impedire che la parte più fragile della popolazione si ammali: è la controprova che la buona cura delle cronicità paga con interessi, contrariamente a qualsiasi approccio superficiale. “Questa seconda reazione appartiene al mondo del coraggio civile e professionale e dell’orgoglio che è presente in tutti noi medici – aggiunge Cricelli – Questa sta diventando la partita della nostra vita. Accettare la sfida dei tamponi non può essere un atto di rassegnazione, ma impone una risposta lucida e decisa. Innanzitutto, occorre definire come si fa, con quali regole, a quali condizioni, con quali modalità con quale addestramento, con quali supporti, con quali protezioni e condizioni di sicurezza. Qualora non vi fossero queste premesse, queste prestazioni sono effettuabili solo al di fuori degli studi medici. Laddove sia possibile organizzare le nuove attività, devono essere forniti tutti gli strumenti e il tempo necessario per svolgere queste pratiche mediche e sanitarie. Ma dalla professione deve emergere un altro messaggio forte. Chiedere uno sforzo come questo significa aggravare le condizioni di lavoro dei Medici di famiglia: siamo disposti a farcene carico solo se tutto questo fa parte di una cambiamento radicale, irreversibile e serio delle nostre condizioni di lavoro”.
Affinché ciò avvenga, deve essere sottoscritto un memorandum di intenti che stravolga l’attuale organizzazione delle cure del territorio e che garantisca la nascita di una Medicina Generale moderna, efficiente, ben organizzata, con standard qualitativi e dotazione di risorse economiche e umane di altissimo livello. I medici di famiglia hanno sviluppato una straordinaria consapevolezza delle loro responsabilità e, mediamente, la professione ha vedute più aperte e avanzate della politica, in virtù del nostro stretto legame con i cittadini. Per questo possiamo accettare la sfida, ma solo a un patto: un grande sacrificio in cambio della garanzia di un futuro diverso”.