“La medicina generale dov’è? Fate un giro negli studi dei quasi 50 mila medici italiani di famiglia e degli oltre quattromila medici di famiglia del Lazio e lo scoprirete”. Questa la provocazione del Sindacato Medici Italiani (Smi) Lazio, che ha condotto un’indagine su un campione di 24 medici di medicina generale di Roma e del Lazio per dimostrare come il settore sia già sotto pressione e per evidenziare, di conseguenza, i rischi di ulteriori impegni, come nel caso dell’esecuzione dei tamponi rapidi.
“Nel Lazio sono circa 4500 medici di famiglia, con uno studio proprio, generalmente in affitto da soli o con altri colleghi con i quali condividono l’ attività garantendo già da anni 9 ore di disponibilità in una sede unica. Leggiamo dichiarazioni del Commissario straordinario Arcuri che afferma : ‘i medici di base devono poter effettuare i test nelle case e curare il più possibile i malati, visto che ormai i protocolli sono standardizzati’. E ancora, nel Lazio: l’ Assessore D Amato parla di 'accordi raggiunti sui tamponi negli studi’. Parlare di effettuare i tamponi negli studi dei Medici di famiglia è da irresponsabili. Lo abbiamo già dichiarato e lo ripetiamo: gravi profili di sicurezza rendono impraticabile questa strada (norme igienico sanitarie autorizzative stringenti in caso di diagnostica ad alto rischio infettivo in civili abitazioni)”, afferma
Cristina Patrizi, Responsabile Regionale Area Convenzionata Sindacato Medici Italiani (SMI) Lazio nella nota che illustra lo studio.
“Nel Lazio non è stato raggiunto nessuno accordo - evidenzia Patrizi -. Solo un’autoreferenziale iniziativa che può mettere a rischio medici, pazienti, abitazioni di privati cittadini. Il tutto mentre la medicina generale con i suoi 4500 circa medici di famiglia del Lazio è abbandonata, con le migliaia di cittadini in carico ai medici di famiglia, nella casba costituita da una rete territoriale mai costruita e mai implementata”.
“Basti pensare che i dati di attività dei medici di famiglia, tutta la mole di attività che ora vi rappresentiamo, nel nostro studio, non sono in rete con la regione Lazio, non sono in rete con gli ospedali, né con la specialistica ambulatoriale - proseuge la sindacalista -. Ognuno lavora da solo. Eppure il grandissimo ed unico lavoro sul territorio costituito dalle campagne vaccinali trovano riscontro nel grande impegno della medicina generale, in corso proprio in questi giorni: è un fulgido esempio di come e quanto i medici di famiglia, in tutta Italia, come nel Lazio, sono capaci di gestire (sostanzialmente da soli) situazioni epidemiologiche di rilevanza nazionale e regionale, essendo in grado di interfacciarsi anche informaticamente con la Regione Lazio, che ha già i nostri dati sulla sua rete”.
Basti pensare, illustra lo Smi Lazio, che “sal 1° ottobre al 19 ottobre ben 318.604 vaccinazioni sono state già effettuate e registrate dai MMG del Lazio ed in piena ondata pandemica, da parte di 3344 medici di famiglia con una media di circa 100 vaccini a medico in 18 giorni! 9133 vaccinazioni pediatriche effettuate da 211 PIS! In piena pandemia nel Lazio (solo oggi 15mila nuovi casi positivi). Vogliamo che alcuni dati di attività siano chiari a chi vede purtroppo solo accessi in PS, dato ormai consolidato ed essere indipendente dalla presenza sul territorio dei MMG e/o dalle tanto sbandierate Case della Salute!”, conclude Patrizi, lasciando quindi la parola ai dati.
I
RISULTATI DELL’INDAGINE
Da uno studio commissionato da SMI Lazio emerge una realtà della medicina generale di drammatico impegno costante sul territorio, del quale nessuno può ulteriormente ignorare il carico.
Sono stati raccolti i dati di attività lavorativa nell’ultimo mese ( dal 1° ottobre al 20 ottobre 2020), così come messi insieme dai gestionali informatizzati dei MMG, dati facilmente riscontrabili, stante che i MMG inviano costantemente tutta la farmaceutica, le richieste di indagine e la diagnostica specialistica tutta in dematerializzata, con percentuali superiori al 90% percentuali di dematerializzazione delle ricette che solo la medicina generale ha raggiunto.
La media settimanale di attività settimanale tarata sugli ultimi 20 giorni di ottobre 2020 e su un campione di 24 medici di medicina generale di Roma e del Lazio, per un bacino di popolazione di circa 30.000 persone con una media di pazienti in carico pari a circa 1200 assistiti per medico, per un carico di lavoro da 60 a 70 ore a settimana;
in particolare:
337 telefonate /settimanali ( tra cellulari e telefono fisso)
28 telefonate /sabato e domenica e festivi
194 wps -sms/ settimanali
50 wps /fine settimana
106 mail / settimanali
175 accessi medi / settimanali agli studi dei MMG
6-8 domiciliari /settimanali
25 segnalazioni SISP sospetti COVID -COVID/MMG/settimanali
51 tamponi prescritti / settimanali /MMG
Tempo medio di risposta dei tamponi (4-5 GG)
“Questo è il Minimum Data Set, in tempo Covid, di un medico di medicina generale!”, osserva lo Smi Lazio che evidenzia: “Cosa abbiamo avuto, di contro, da Governo e Regioni?
- 38 DPCM e DL
- 253 Comunicati stampa del Ministro della Sanità
- 62 Ordinanze regionali solo nella Regione Lazio
- Ordinanze Protezione Civile
- Ordinanze Commissario per l’ Emergenza”
“Nessuna linea guida ufficiale di terapia domiciliare in sospetti COVID”, denuncia ancora il sindacato. E poi “Forniture di DPI sul territorio insufficienti e inesistenti per medici di Famiglia e di Continuità Assistenziale. Oltre 1/3 dei 170 medici morti per il COVID sono medici di famiglia (quindi medici del territorio)”.
Lo Smi Lazio ribadisce, dunque, quando già denunciato e chiesto in questi mesi:
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“Decine di denunce ed esposti alle Procure della Repubblica per inadempienza delle Regioni/ASL nel predisporre e distribuire DPI ai medici del SSN.
- Gli ambulatori ASL del SSN hanno chiuso le accettazioni a viste specialistiche che non abbiano urgenza B oppure U.
- Rigoroso triage in entrata con personale dedicato e vigilanza in tutti i presidi ASL.
- Impossibile effettuare sul territorio un RX od una ecografia se un soggetto è febbrile.
- Rigorosa distinzione dei percorsi in entrata ed uscita da tutti i presidi ASL.
- Chiusura delle strutture con sanificazione immediata in caso di accesso di un soggetto positivo in tutti i presidi ASL”.
Per lo Smi Lazio “dai MMG si è preteso ed ottenuto reperibilità tutta la giornata e risposte laddove nessuno dava riscontri! Nessun ristoro economico per le migliaia di euro spesi in protezione individuale e dei nostri assistiti. Nessuna ufficializzazione di analoghe modalità di ricevimento per gli assistiti (triage, appuntamenti etc.) dei MMG. Nel Lazio, addirittura , ogni modalità per videochiamare i pazienti è a carico del MMG. Nessuna copertura assicurativa (che non sia l’ ENPAM con i suoi ritardi e complessità) in caso di chiusura studio per positività”.
E ancora:
- “Nessun indennizzo alle famiglie in caso di decesso per contratto COVD in servizio (INAIL)
- Controlli ambulatoriali, in telemedicina e anche al domicilio ( in spregio ad ogni regola basilare di sicurezza per il medico di famiglia) su appuntamento.
- Segnalazioni sospetti covid e relative certificazioni.
- Monitoraggio sospetti covid e relative certificazioni.
- Diagnosi e cura dei pazienti covid e sospetti COVID al domicilio nell’ assenza di LG univoche e nazionali.
- Monitoraggio quotidiano dei pazienti covid positivi.
- Abituale prosecuzione cura per i pazienti cronici ed oncologici”
In conclusione, “se qualcuno ancora pensa che oltre ad aver lasciato sul campo più di un terzo dei 170 medici morti, la medicina generale possa subire ulteriori “assalti” da parte dei Decisori politici regionali e/o nazionali, con la compiacente accondiscendenza di quelle organizzazioni che pure la dovrebbero rappresentare, ebbene, pensate a cosa accadrebbe se quei numeri che qui vi abbiamo rappresentato, dovessero ricadere sulla insostenibile trasparenza di una rete assistenziale colpevolmente mai strutturata!”.
“I numeri della medicina generale - incalza lo Smi Lazio - sembrano leggeri perché non transitano con luci rosse e le divise a strisce dell’emergenza, ma affogano nei nostri studi nelle abitazioni che noi mettiamo a disposizione, pesano come macigni sulle spalle dei nostri collaboratori che, affranti ci supportano (a nostre spese) e sulle ore di lavoro infinite sottratte all’ormai inesistente tempo libero e strappate alle nostre giornate di malattia prive di qualsiasi tempestiva tutela. Speriamo che la forza e la passione della medicina generale possa reggere alle tante distonie che il COVID ha solo messo in risalto”
“La debolezza del rapporto convenzionale con il SSN - conclude il sindacato - ha aggravato la disomogenea risposta del SSN alla pandemia. Se non si realizza, nei fatti, la connessione concreta tra medicina del territorio, ospedalità, centri epidemiologici di prevenzione e specialistica ambulatoriale, sarà difficile, seppur tutta sulle spalle dei medici e degli uomini e donne del SSN, la lotta, che pure vinceremo, contro il COVID”.