“E’ un momento in cui dobbiamo essere uniti e voglio dedicare questa giornata a tutti gli operatori sanitari che ancora combattono in prima linea la diffusione del virus e a tutti coloro che hanno perso la vita.” Con queste parole
Livio Blasi, Presidente Cipomo, ha voluto aprire il webinar ricco di relazioni di primari oncologi che stanno affrontando l’emergenza in prima linea.
Si sarebbe dovuto aprire il 14 maggio il XXVI Congresso Nazionale Cipomo ma data la situazione di emergenza che ha reso impossibile l’organizzazione dell’evento, Cipomo ha deciso di posticipare l’appuntamento annuale senza però rinunciare alla sua presenza in questo momento difficile. Cipomo, infatti, ha realizzato in questa occasione il suo primo appuntamento “virtuale” con un webinar dal titolo “L’oncologia medica ospedaliera in Italia e l’emergenza Covid-19” per raccontare come la situazione è stata (ed è ancora) gestita nei reparti di oncologia, quale incidenza il coronavirus ha avuto sui pazienti oncologici e quali sono state le iniziative straordinarie nate per rispondere a questa emergenza.
Dopo i saluti di
Saverio Cinieri, Presidente eletto Aiom,
Francesco Grossi, coordinatore della survey Cipomo, ha illustrato i risultati dell’indagine promossa dallo stesso collegio nata con l’obiettivo di valutare l’impatto della pandemia sull’attività clinica delle unità di oncologia medica. La ricerca, pubblicata sul
European Journal of Cancer, ha mostrato come alcune procedure, come il cosiddetto “triage” dei sintomi e dei segni riconducibili a infezione da coronavirus, nonché la limitazione degli accessi agli accompagnatori e il rinvio di visite non urgenti o modalità di visita alternative (ad esempio telefonica) per i follow-up, sono state attuate dalla maggior parte dei centri italiani ancor prima di ricevere indicazioni precise dal Ministero della Salute o dalle Regioni.
Ciò può aver limitato la diffusione del virus nelle unità di oncologia medica già nelle prime fasi dell’epidemia preservando dall’infezione pazienti più fragili rispetto al resto della popolazione a causa della loro malattia, per le cure intraprese e perché spesso anziani. Da notare anche che circa il 70% delle oncologie mediche non ha avuto, o ha avuto solo in minima parte, una riduzione di attività, a dimostrazione che anche nei momenti più “caldi” dell’emergenza Covid-19 i pazienti sono stati assistiti con la massima attenzione, offrendogli sempre le cure migliori e con continuità.
A seguire,
Carlo Aschele, Consigliere Cipomo, ha presentato la metodologia della survey nata per avere una fotografia dei pazienti oncologici positivi al coronavirus. Sono stati selezionati per la ricerca persone con diagnosi di neoplasia in trattamento attivo dal 15 gennaio e affetti da Covid-19. I 168 centri oncologici sparsi sul territorio coinvolti hanno permesso di individuare 280 pazienti in linea con i parametri considerati. I risultati della ricerca sono attualmente in fase di pubblicazione.
Graziella Pinotti, Vice Presidente Cipomo, ha presentato Il progetto Homoncology, nato come progetto sperimentale nel 2014 presso l'UO di Oncologia Medica dell'Asst-Settelaghi di Varese e inserito nelle regole di sistema del 2020 della Regione Lombardia come modello assistenziale esportabile in tutta la Regione.
Prevede che medici e infermieri del reparto, assieme a fisioterapisti, psicologi e volontari sostenuti da un’Associazione di volontariato, possano seguire direttamente a domicilio pazienti oncologici fragili per condizioni fisiche o ambientali ma che necessitano di trattamenti attivi antitumorali in associazione a terapie di supporto. L'obiettivo è migliorare il setting di cura e la qualità della vita dei pazienti e diminuire gli accessi evitabili in Pronto soccorso e ricoveri impropri (progetto che è stato ovviamente valorizzato e implementato in questo periodo Covid). Al momento sono stati seguiti più di 200 pazienti, cui sono state somministrate terapie oncologiche per bocca sottocute ed endomuscolari, oltre a trasfusioni, alimentazione parenterale, terapie e procedure di supporto. L'indice di gradimento dei pazienti è stato elevato, si è osservata una bassa percentuale di ricoveri ospedalieri, un facilitato e diretto trasferimento alle cure palliative in caso di aggravamento delle condizioni generali.
Come sappiamo molta patologia oncologica è diventata una patologia cronica per cui, per essere sostenibili, i modelli assistenziali devono modificarsi. La sanità da ospedalocentrica deve sempre più spostarsi sul territorio, favorendo al massimo l'integrazione dei Medici di Medicina generale e gli Specialisti ospedalieri. Questo percorso assistenziale, che si basa anche su una forte sinergia tra le istituzioni e le associazioni di volontariato, va in questa direzione.
Luigi Cavanna, Consigliere Cipomo, ha raccontato la sua esperienza diretta a Piacenza dove ha assistito alla riorganizzazione dei reparti oncologici del suo ospedale per rispondere alla diffusione del virus. Gli oncologi hanno dovuto fare continue valutazione dei pericoli legati alla sospensione momentanea delle terapie per evitare ai pazienti il rischio di contrarre il virus in ospedale. Seguendo circa 250 pazienti a domicilio, il dott. Cavanna ha mostrato in uno studio come solo 7 di questi hanno avuto necessità di essere ricoverati. La difficile scelta di trattare i pazienti a casa controllandoli da remoto, ha dato spesso sollievo ai pazienti che temevano di andare in ospedale, contrarre il virus e morire da soli. E’ chiaro che il trattamento precoce domiciliare cambia favorevolmente la storia naturale di Covid-19 e tale risultato si verifica verosimilmente anche nei pazienti oncologici.
Ha preso poi la parola
Vincenzo Montesarchio, Segretario Cipomo, che ha spiegato come l’idea di utilizzare Tocilizumab per la polmonite da Covid-19 sia nata quando si è notato che la tempesta citochimica, che si può sviluppare in seguito all’utilizzo di farmaci che gli oncologi utilizzano per combattere i tumori, era simile a quella che si sviluppa nella sindrome da distress respiratorio acuto provocata da Coronavirus. In particolare, abbiamo trovato, in comune tra le due, un’elevata produzione dell’interleuchina 6, idea confermata anche dai colleghi cinesi che già avevano sperimentato il farmaco su 21 pazienti ottenendo un ottimo risultato su 20 di essi.
“Sabato 7 marzo – spiega Montesarchio - abbiamo creato una task force presso l’Ospedale Cotugno, costituita da infettivologi, rianimatori e pneumologi per poter trattare i primi pazienti, selezionandone due tra i peggiori, entrambi intubati. La domenica successiva, 24 ore dopo, uno dei due aveva già avuto un miglioramento importante ed oggettivo dei parametri respiratori. Abbiamo continuato a trattare due-tre pazienti al giorno e contemporaneamente, spinti dai primi risultati incoraggianti e convinti, quindi, della necessità di proseguire l’esperienza avviata, abbiamo coinvolto il Dr Gerardo Botti e il dr Franco Perrone, rispettivamente Direttore scientifico e Direttore dell’Unità Sperimentazioni Cliniche del Pascale, e finalizzato in 10 giorni un protocollo di Fase II presentato ad AIFA, approvato dal Comitato di Etica dell’ Istituto Spallanzani e partito il 19 marzo con l’arruolamento dei pazienti: in meno di 20 ore si è raggiunto il target dei 330 pazienti arruolati e trattati nello studio di fase II e sono stati in seguito arruolati oltre 4000 pazienti in totale (studio di fase II + coorte osservazionale prospettica e retrospettiva), con 600 centri registrati in tutta Italia che hanno aderito al protocollo”.
I dati preliminari saranno resi pubblici dall’Aifa nel giro di pochi giorni ma la sensazione è che il farmaco dia una risposta in circa il 70% dei pazienti trattati, e che siano fondamentali per ottenere una risposta sia la tempistica in cui il farmaco viene somministrato avendo maggiori possibilità di successo se utilizzato precocemente, sia le caratteristiche cliniche e le comorbidità dei pazienti.
A concludere l’incontro,
Bruno Daniele, Consigliere Cipomo, ha voluto condividere la sua personale esperienza dal momento che ha contratto l’infezione da Covid-19. “Quando inizialmente la malattia mi ha riguardato da un punto di vista solo professionale – ha raccontato Daniele - ha prevalso il disorientamento dovuto alle informazioni conflittuali, a loro volta derivanti dalla scarsità di conoscenze. E’ poi seguita l’ansia per il timore del contagio e, una volta contratta la malattia, la sofferenza per i sintomi e poi l’incertezza della prognosi. L’isolamento necessario per impedire che altri fossero contagiati e la solitudine che ne consegue sono stati alleviati dalla vicinanza virtuale ma costante di tanti familiari, amici, colleghi e pazienti. Soprattutto questi ultimi mi hanno molto toccato con messaggi di vicinanza, conforto e gratitudine, tanto che la malattia è stata anche l’occasione di un bilancio professionale che per fortuna è risultato positivo per tutto quanto sono riuscito a dare ai miei pazienti.
Il XXVI Congresso Nazionale Cipomo dal titolo
“L’oncologo medico oggi. E domani?” si terrà comunque nel giorni 1,2 e 3 Ottobre 2020 a Varese e sarà interamente dedicata alla figura dell’Oncologo Medico e del suo cambiamento alla luce della rivoluzione tecnico-scientifica, organizzativa, filosofica e demografica che è ancora oggi in atto.