“L'epidemia da infezione da coronavirus è iniziata oltre un mese fa ed ha tragicamente coinvolto la nostra provincia più di ogni altro luogo in Italia e, forse, nel mondo. Siamo certi che i dati ufficiali non corrispondono alla realtà, dalle nostre stime attualmente nella nostra provincia circa 70.000 cittadini bergamaschi sono probabilmente infettati dal coronavirus. I dati certi potremmo averli solo in futuro con dei test immunologici, ci sembra pertanto poco utile fare dei ragionamenti sulla base dei risultati dei tamponi, laddove i tamponi di fatto vengono riservati quasi esclusivamente alle situazioni più critiche che accedono agli ospedali”. È quanto si legge in una nota la Fimmg Bergamo.
“Gli ospedali... è purtroppo vero – prosegue - che alcune persone vi arrivano tardi; questo non dipende però da un ritardo nell'attivazione dei servizi di emergenza/urgenza da parte del territorio, bensì dalla indisponibilità di posti letto nei presidi ospedalieri: gli attuali pochi posti disponibili vengono riservati alle situazioni più critiche, mentre si tende a lasciare al domicilio gli altri pazienti apparentemente meno gravi. Nonostante i nostri appelli non si è capito da subito che questa non è solo un'emergenza “intensivologica” (ove ringraziamo per i miracoli fatti nell'aumentare i posti delle rianimazioni), ma è anche – o forse soprattutto – un'emergenza di sanità pubblica. In questo primo mese gli sforzi organizzativi delle istituzioni sono stati concentrati quasi esclusivamente verso i livelli ospedalieri trascurando di fatto il territorio”.
“Nonostante – continua la Fimmg - l'inadeguata fornitura di dispositivi di protezione individuale e l'assenza di protocolli uniformi i medici di famiglia ci sono e ci sono sempre stati dal primo giorno, pagando spesso in prima persona l'aver curato coraggiosamente i propri assistiti. Ad oggi nella nostra provincia si sono ammalati 144 medici di famiglia e purtroppo 4 Colleghi (dr. Mario Giovita, dr. Antonino Buttafuoco, dr. Vincenzo Leone e in queste ore anche il dr. Carlo Alberto Passera) sono caduti sul campo. 200.000 cittadini bergamaschi in questo momento sono formalmente senza il loro medico di famiglia: in realtà questo numero è decisamente inferiore poiché quasi tutti i colleghi, nonostante debilitati dalla malattia, stanno lavorando 12 ore al giorno (spesso anche nel weekend) con consulenze telefoniche, ricette, certificati e prodigandosi direttamente per assicurare le visite indifferibili attraverso il coinvolgimento di altri colleghi e servizi”.
“Stiamo – evidenzia il sindacato - comunque attivamente collaborando con le istituzioni per provare ad arginare l'emergenza a livello territoriale. In queste ore è in fase di definizione con ATS Bergamo il progetto “Covid-Hotel” che permetterà un alleggerimento dei ricoveri ospedalieri meno critici e delle situazioni domiciliari non gravi ma delicate anche dal punto di vista sociale. Con Regione Lombardia invece stiamo definendo una modalità di sorveglianza attiva dei cittadini più fragili, anche con l'ausilio delle cooperative lombarde dei medici di medicina generale”.