Ancora una volta la riunione della Commissione paritetica per la revisione del sistema di classificazione professionale, organismo previsto dall’articolo 12 del Ccnl relativo al personale del comparto sanità, appena conclusa, è stata l’occasione per verificare che tra la parte pubblica e le organizzazioni presenti al tavolo, cioè le sigle sindacali firmatarie del vigente Ccnl 2016-18 (Nursind è escluso, anche con sentenza del Tribunale, poiché non ha sottoscritto il Ccnl), il Comitato di Settore con i rappresentanti delle Regioni ed i delegati dell'Aran, Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni.
L’occasione, ovviamente, è stata data dalla distribuzione del memorandum approntato dal comitato di settore i cui contenuti "sono risultati solo in parte condivisibili dalle organizzazioni sindacali ed in particolare dalla Fsi-Usae che ha ribadito che: l’impostazione contenuta nel documento ci porta lontano dagli obiettivi di che le il Parlamento, le Regioni e le Aziende si sono dati rispetto al miglioramento del servizio sanitario nazionale. Ci sono problemi che non possono essere risolti con soluzioni semplicistiche e il comparto sanità è diverso da tutti gli altri comparti della pubblica amministrazione perché il prodotto del lavoro del comparto è la salute dei pazienti/utenti ed i professionisti della salute che vi operano, diversamente dagli altri comparti, non maneggiano documenti ma cittadini in carne ossa e malattie. Questa ragione e tutta una serie di altre questioni e di norme che in questi anni si sono susseguiti hanno qualificato questo comparto come diverso da tutti gli altri della Pa", scrive in una nota Fsi-Usae.
Adamo Bonazzi, Segretario Generale della Fsi-Usae, nel suo intervento, ha ribadito che: “La commissione è chiamata a fare delle proposte che rispecchino la realtà sul campo e che risolvano, una volta per tutte, le discrasie del sistema sanitario nazionale. Da una parte Governo, Parlamento e Regioni mettono in campo leggi, regolamenti, e piani sanitari, ambiziosi, qualificando gli operatori come elementi esclusivi ed essenziali del sistema ma, dall’altro, lo Stato, quale datore di lavoro, non è disposto a recepire adeguatamente, in campo contrattuale, le innovazioni che mette in campo sul piano legislativo. E, la questione, cioè la madre di tutti i nodi, è la collocazione iniziale della categoria. I professionisti del comparto in questi anni si sono qualificati, si aggiornano costantemente, hanno acquisito responsabilità penali di primo piano, si devono assicurare perché altrimenti non posso nemmeno lavorare e quindi ci sono tutte le premesse perché le cose debbano cambiare sia dal punto di vista giuridico che – con il prossimo contratto – dal punto di vista economico. Chi ha dato il proprio cuore e la propria anima al sistema si attende di avere riscontro degli investimenti personali profusi. Quindi, il nostro lavoro per arrivare a una soluzione condivisa ci sarà, ma questa soluzione deve essere una soluzione non un pateracchio. Chi pensa che si possa prefigurare il futuro di questo comparto con la coperta che abbiamo oggi si sbaglia e di sicuro non può trovare il nostro assenso.”