Abbiamo letto, con interesse, alcuni recentissimi interventi pubblicati su
Quotidiano Sanità (
Luca Benci,
Marco Castioni) a proposito dello stato di avanzamento dei lavori di attuazione della Legge Gelli, con particolare riferimento alla
disciplina delle coperture assicurative. L’accelerazione impressa dall’esecutivo durante l’estate rinforza - un po’ più credibilmente rispetto al passato - l’idea che il testo del decreto attuativo possa veder definitivamente la luce in tempi ragionevolmente brevi.
A seguito delle prime consultazioni istituzionali, le bozze iniziali sono state opportunamente (ri)lavorate, migliorando/risolvendo alcune gravi imprecisioni tecniche ma lasciando irrisolti alcuni complessi problemi e nodi interpretativi che certamente dovranno esser affrontati nel prosieguo del percorso.
Uno di questi riguarda proprio il tema della correlazione tra l’operatività delle coperture e l’adempimento, da parte degli esercenti, degli obblighi formativi e di aggiornamento loro imposti in materia di educazione continua in medicina (ECM).
Si tratta di un argomento che ha subito suscitato reazioni critiche, diremmo quasi sdegnate, da chi ha ritenuto inaccettabile che il decreto possa condizionare l’operatività della garanzia all’adempimento di obblighi che, in realtà, si risolvono frequentemente in adempimenti di pura forma e che talvolta non assolvono alcuna effettiva finalità educativa, ponendo semmai un ulteriore impaccio burocratico alle già difficili condizioni ambientali in cui i professionisti sono chiamati ad operare (in questo senso si legga la
lettera al direttore di Massimiliano Zaramella).
Di qui il grido di allarme, lanciato, da chi ha voluto vedere dietro al lavoro di attuazione, spinte lobbistiche tese a privilegiare gli interessi dei formatori, e degli assicuratori, rispetto a quelli di quei soggetti – anzitutto i medici - che la legge Gelli aveva in animo di proteggere, quale obiettivo primario della riforma.
Ora, al di là di qualsiasi valutazione politica o sindacale, che davvero non compete a chi scrive, vi sono alcune precisazioni da fare, per porre un po’ più di chiarezza sulla norma e correggere alcune inesattezze che sono state scritte.
Occorre, infatti, dire subito che il “J’accuse” è stato lanciato sulla base di una interpretazione normativa errata.
La principale norma in discussione, l’art. 3 comma 3 , non dice affatto quello che si è sentito affermare, ossia che la copertura dal rischio di rivalsa in caso di colpa grave non sarebbe operante per i medici che non abbiano ossequiato gli obblighi ECM.
Tutto al contrario tale disposizione - comunque irricevibile perché priva di qualsiasi ratio giuridica e palesemente in contrasto con la disciplina della legge24/2017 – sembra fornire (e non togliere) un sostegno alla categoria di (alcuni) medici liberi professionisti.
Leggiamola:
III- “Per le coperture di cui all'articolo 10, comma 3, della Legge, l'assicuratore si obbliga a tenere indenne l'esercente la professione sanitaria presso la struttura, a qualunque titolo, per tutte le azioni di responsabilità amministrativa, rivalsa o surroga esercitate nei suoi confronti ai sensi e per gli effetti dell'articolo 9, commi 5 e 6 della Legge e, in caso di azione diretta del danneggiato nei confronti dell'assicuratore, ai sensi dell'articolo 12, comma 3, della Legge. In questo caso, il diritto di rivalsa dell'assicuratore può essere esercitato nei confronti dell'assicurato qualora l'esercente la professione sanitaria non abbia regolarmente assolto all'obbligo formativo e di aggiornamento previsto dalla normativa vigente in materia di educazione continua in medicina per il triennio formativo precedente la data del fatto generatore di responsabilità.”
Ciò che è condizionato all’assolvimento degli obblighi formativi è il “diritto di rivalsa dell’assicuratore”, ossia il diritto di recuperare dal proprio assicurato quanto ha pagato al terzo danneggiato senza potergli opporre eccezioni fondate sul contratto (si pensi alla polizza che escluda la garanzia nel caso in cui il medico abbia operato in condizioni psicofisiche alterate, perché in stato di ebbrezza o sotto l’influsso di sostanze stupefacenti). In questi casi, esattamente come accade nella rc auto, l’assicuratore che, a rigore di contratto avrebbe potuto rifiutare l’indennizzo, è comunque tenuto a risarcire il terzo danneggiato salvo poi agire in rivalse nei confronti del proprio assicurato.
Tale regola è stabilita dall’art. 12 comma 3 della legge 24 ed è ritenuta di tale importanza da imporre al professionista la stipula di una copertura specifica del suo rischio (passivo) di rivalsa. In questo senso dispone l’art. 10 comma della Legge Gelli, a mente del quale “Al fine di garantire efficacia alle azioni di cui all'articolo 9 e all'articolo 12, comma 3, ciascun esercente la professione sanitaria operante a qualunque titolo in strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private provvede alla stipula, con oneri a proprio carico, di un'adeguata polizza di assicurazione per colpa grave”. Si tratta, come noto, di una disposizione davvero mal scritta (quanto proprio alla rivalsa assicurativa), nella parte in cui limita la sua operatività alle sole ipotesi di colpa grave e ai soli esercenti strutturati (allorquando l’azione diretta è prevista soltanto per le coperture dei liberi professionisti e delle strutture).
Ma al di là di tali considerazioni critiche, che il decreto attuativo non può ragionevolmente risolvere, la bozza di testo precedentemente commentata su questo quotidiano non esclude affatto la garanzia in caso di inadempimento degli obblighi ECM. Tutto al contrario, limita la possibilità (ex lege riconosciuta all’impresa assicurativa) di agire in via di rivalsa nei confronti di coloro i quali siano in regola con gli obblighi formativi. Il che è razionalmente assurdo: la compagnia vedrebbe impedito il proprio sacrosanto diritto di rivalsa nei confronti di chi non avrebbe alcun altro merito se non quello di aver adempiuto a propri doveri di legge.
Al di là della incongruenza di questa disposizione (per fortuna ancora in bozza), ed alla sua manifesta illegittimità perché contrastante con la norma primaria (e dunque in eccesso di delega), dobbiamo dunque concludere che l’inadempimento degli obblighi ECM non toglie, nella versione attuale del testo, alcuna garanzia assicurativa ai professionisti, ma semmai limita (in modo incomprensibile) il diritto dell’assicuratore. E non si faccia confusione: la rivalsa dell’assicuratore non è nemmeno ipotizzabile nelle polizze della colpa grave (per la rivalsa erariale o privatistica), giacchè, in assenza di azione diretta, la compagnia non ha alcun titolo per rivalersi verso colui il quale deve assicurare.
Vi è poi un’altra disposizione della bozza di decreto ad introdurre – qui effettivamente – un possibile impatto negativo della violazione degli obblighi ECM sulla situazione assicurativa dei professionisti assicurati (e delle strutture). Ci riferiamo all’ultimo comma dell’art. 3 che prevede la variazione in aumento o in diminuzione del premio delle polizze assicurative in funzione di determinati parametri, tra i quali, oltre all’andamento della sinistrosità, anche il corretto adempimento degli obblighi formativi. Si tratta del retaggio di una norma che era già stata introdotta dalla precedente legge Balduzzi, salvo poi essere espressamente abrogata a seguito dell’approvazione del ddl AS 1324-B (legge n. 3/2018 “Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute”).
Le ragioni della radiazione di tal meccanismo dal comparto del rc sanitaria si spiega facilmente: il meccanismo del bonus-malus ha origine nel mondo dell’automotive, in cui esistono regole tariffarie specifiche, attorno alle quali poter effettivamente costruire procedure di adeguamento del prezzo in funzione di determinati parametri (la sinistrosità) tesi a maggiormente responsabilizzare l’assicurato. Analoghe regole mancano nella assicurazione della rc generale. Ma non solo: la frequente lungolatenza dei sinistri da “med mal” (a differenza dei danni derivanti da incidenti stradali, immediatamente riscontrabili) non consente di stabilire periodi di osservazione attendibili, all’esito dei quali comprendere l’effettiva sinistrosità di un determinato soggetto o di una determinata struttura.
Ecco perché è lecito attendersi che anche tale disposizione, anch’essa in odore di eccesso di delega, venga espunta dal testo definitivo del decreto, una volta che questo vedrà la luce.
Ciò posto ci siano consentite alcune considerazioni finali.
Al di là degli inutili allarmismi sin qui sollevati, la preoccupazione dimostrata circa la possibilità di condizionare l’effettività delle coperture assicurative all’assolvimento degli obblighi ECM merita comunque di esser presa in considerazione.
E’ infatti ben possibile che il testo finale del decreto, correggendo la propria insostenibile impostazione attuale, insista nel regolare quel rapporto di correlazione, subordinando davvero l’operatività di determinate coperture al corretto assolvimento degli obblighi di formazione ed aggiornamento continuo. Potrebbe cioè esser previsto che tra le esclusioni di copertura, siano esse opponibili o meno al terzo danneggiato, vi siano proprio i sinistri cagionati da un soggetto che non sia in regola con i propri obblighi ECM.
Una tale previsione sarebbe del tutto allineata alla funzione educativa ed responsabilizzante dell’assicurazione del terzo millennio, che tende – prima che a risarcire un danno – a mitigare il rischio oggetto, inducendo l’assicurato a tenere condotte che possano controllarlo al meglio o provocare una diminuzione dei fattori che potrebbero invece aggravarlo. Per chi, come chi scrive, non è medico, l’idea astratta del beneficio che la formazione continua potrebbe portare al sistema pare, all’evidenza, financo ovvia.
Ma par più che comprensibile la rivendicazione di pensiero –non ideologica ma tremendamente concreta – di chi denuncia che le regole di principio sin qui declinate in astratto si scontrano con l’effettività di un sistema formativo ritenuto per nulla efficiente, talvolta cosmetico e, alla fine, inutilmente ingombrante rispetto alle esigenze di operatività sul campo.
E’ però questo un tema che – ove fondato - andrebbe risolto su di un altro piano. Quello che attiene alla sostanza della formazione continua e non certo ai suoi rapporti di correlazione con la disciplina assicurativa. Rapporti di correlazione che, in un contesto sano, funzionante e ben calibrato, sarebbero certamente commendevoli, e quindi meritevole di esser regolamentati in ottica di sistema.
Maurizio Hazan e Irene Avaldi
Taurini & Hazan - studio legale