Seconda parte del nostro Forum con i sindacati della dirigenza medica e sanitaria e tecnico amministrativa. Questa volta a rispondere sono i leader di Fvm, Cisl Medici, Aaroi-Emac e Fedirets.
Ecco cosa ci hanno risposto i quattro sindacalisti.
QS. Con il cambio di maggioranza nel Governo pensate vi saranno cambiamenti di linea sulla sanità rispetto al precedente esecutivo?
Aldo Grasselli, Presidente Fvm
Perché mai dovremmo aspettarci un cambio di direzione? I Governi che si sono succeduti negli ultimi 10 anni hanno loro emanazioni anche in questo esecutivo (al netto delle scissioni di oggi) e non hanno saputo (o voluto) incidere seriamente sui problemi più gravi che affliggono il SSN da tempo e che abbiamo sistematicamente ricordato ad ogni cambio di maggioranza. Nulla fa pensare che il nuovo ministro della salute e i suoi sottosegretari facciano il miracolo.
Rilanciare la sanità pubblica è ormai solo un modo di dire. Per farlo occorre una iniziativa radicale, che chiama in causa diverse responsabilità.
Nell'ultimo decennio la sanità pubblica ha fatto da bancomat (insieme a tutto il sistema di welfare) con tagli di oltre 37 miliardi di euro. La spesa sanitaria privata out of pocket è arrivata a 40 miliardi. Il paradigma è ancora: meno stato e più mercato?
Perché diciamo ai cittadini che possono contare sulla nostra bellissima Costituzione se l’art. 32 non è più oggettivamente negli impegni concreti di bilancio?
Biagio Papotto, segretario Cisl Medici
Lo pensiamo e ci crediamo. Sulla base delle prime dichiarazioni del ministro Speranza sembrerebbe che ci possa essere finalmente quel "cambio di rotta" che la Cisl Medici ha da anni chiesto, altrimenti il livello del nostro Ssn è insostenibile. Vigileremo affinché non ci si discosti da una necessaria linea di discontinuità rispetto alla deficitaria condotta sin qui tenuta.
Alessandro Vergallo, presidente Aaroi-Emac
A pochi giorni dall’insediamento, è difficile esprimersi sulle linee strategiche che il nuovo Governo adotterà sulla Sanità. Dalle prime dichiarazioni rilasciate alla stampa dal neo Ministro della Salute, Roberto Speranza, emerge sostanzialmente l’intenzione di rafforzare l’universalità dell’accesso alle cure fornite dal SSN, con qualche accenno ad un potenziamento delle risorse di personale che dovranno garantirle, a fronte dell’idea, non nuova, di finanziare le maggiori risorse economiche necessarie con le maggiori entrate derivanti da una rimodulazione delle agevolazioni fiscali a favore del sistema bancario. Tuttavia, pur prendendo atto anche di altre dichiarazioni a salvaguardia della sanità pubblica, in primis quella del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel discorso tenuto in occasione della fiducia al Governo, non abbiamo ancora una sufficiente percezione che la sanità sia stata riposizionata ai primi posti dell’Agenda del nuovo Esecutivo, così come invece in qualche modo, pur con visioni anche diverse, scontratesi poi con ogni sorta di ostacoli, avevano contribuito a porla i Ministri dei due Esecutivi precedenti. Ecco perché, con gli altri Sindacati della Dirigenza Medica Ospedaliera, anche l’AAROI-EMAC ha chiesto un incontro urgente con Il Ministro Speranza a pochi giorni dal suo insediamento.
Elisa Petrone, Segretario generale aggiunto Fedirets
Dalle prime dichiarazioni del nuovo Esecutivo, rileviamo la volontà di ridare centralità, e quindi risorse adeguate, al SSN. Che la salute sia un bene primario e che la spesa sanitaria, in Italia peraltro inferiore alla media dei Paesi OCSE con cui ci confrontiamo, sia un investimento che porta benefici non solo alla tutela della salute ma anche alla crescita economica e produttiva del Paese, sono verità evidenti e perseguibili da una politica veramente attenta ai bisogni delle persone. Ci auguriamo che alle affermazioni di principio seguano i fatti, come non possiamo dire della precedente, seppur breve, esperienza di Governo.
QS. Quali le prime richieste per il neo ministro Speranza?
Aldo Grasselli, Presidente Fvm
Facendo riferimento al quadro sopra sintetizzato, il ministro Speranza dovrebbe esigere un confronto e un reciproco impegno tra i soggetti istituzionali (MEF, Regioni, MIUR), le parti sociali e i sindacati dei professionisti e dei lavoratori. Se si immagina di realizzare finalmente uno scenario diverso dal solito balletto inconcludente a Lungotevere Ripa o altrove, occorre che il ministro pretenda di siglare un patto vero tra tutte le parti, un patto che rappresenti la base di appoggio politico per avviare un vero e proprio “piano Marshall” per il SSN. Non si può assistere a una dialettica tra MEF e Salute in cui ogni ipotesi di strategia di rilancio cade vittima della contabilità di cassa di fine mese. L’operazione di cui ha bisogno il Ssn non è una pillola sedativa ma una lunga cura ricostituente. Una iniziativa concretamente rivolta a far vivere meglio i cittadini sarebbe come si dice oggi win-win per cittadini utenti, lavoratori, imprese, PIL, equilibrio di bilancio, credibilità di un governo.
Biagio Papotto, segretario Cisl Medici
La nostra prima e più importante richiesta è a costo zero. Si tratta di tornare a considerare le oo.ss. non più come fastidiosi questuanti o - peggio - avversari da ridurre al silenzio, bensì per quello che esternamente sono: rappresentanti dei lavoratori, legittimati dal consenso che liberamente viene loro attribuito da coloro che ogni giorno prestano la propria opera al servizio della collettività. Si crei, quindi, una serie di contatti, si aprano tavoli di aperta discussione e di collaborazione, nel solo interesse del Paese. E questo, se mi consente, è proprio la mission essenziale di qualsiasi politico.
Alessandro Vergallo, presidente Aaroi-Emac
La principale richiesta discende direttamente dalla risposta al primo quesito. Chiediamo che la sanità venga considerata in una prospettiva globale di buoni ed oculati investimenti, naturalmente anche eliminandone gli sprechi laddove individuati, ma comunque non come un fastidioso fronte di spesa da poter ridurre al minimo indispensabile, magari addirittura utilizzandola come un salvadanaio a cui attingere per tentare di ridurre deficit di bilancio generati altrove. Inoltre, nella stessa prospettiva, insistiamo sul fatto che è improcrastinabile riportare ad un corretto equilibrio il mantenimento e l’implementazione dei servizi resi alla popolazione in rapporto inscindibilmente proporzionale alle risorse di personale. In altre parole, deve essere assolutamente corretta l’insana rotta tracciata e più o meno ugualmente percorsa da molti governi dei decenni precedenti, che si sono di volta in volta prodigati in demagogiche dichiarazioni di voler sostenere il sistema sanitario italiano, che comunque si avvale di risorse economiche pubbliche anche quando è privato, alle quali dichiarazioni invece hanno fatto da contraltare forsennate decimazioni delle dotazioni organiche dei professionisti necessari a garantirlo nel sistema pubblico, condite oltretutto da punizioni sia organizzative sia economiche a loro danno che non hanno avuto eguali in qualsiasi altro settore del pubblico impiego. Le emergenze da affrontare sono tante, frutto di programmazioni errate, di provvedimenti poco lungimiranti e di politiche sanitarie miopi, e certamente non possono essere risolte con provvedimenti tampone last minute, che negli ultimi tempi, per far funzionare gli ospedali, hanno annoverato il ricorso a cooperative più o meno fasulle, a Medici a gettone, a contratti libero professionali di facciata, a più o meno surrettizie ‘chiamate in soccorso’ della ‘Medicina di Famiglia’. Occorre porre mano a soluzioni strutturali per la carenza di Medici Specialisti, di cui si parla ormai quotidianamente e che sta alimentando la creatività di tanti Presidenti di Regione. Ebbene, sotto questo profilo, occorrono in primis sia un’analisi seria dei fabbisogni, sia ripensare la formazione post laurea, sia adottare strumenti per valorizzare il lavoro di questi professionisti. Un percorso complesso, che chiediamo al Ministro di voler affrontare al più presto attraverso un confronto collaborativo con le nostre rappresentanze sindacali. Ci auguriamo, infine, che il Ministro dimostri, fin da subito, attenzione alle condizioni di lavoro del personale ospedaliero, affrontando una volta per tutte il problema delle aggressioni che esso quotidianamente subisce, in ultima analisi sempre a causa delle inefficienze di un sistema in crisi, di cui lo stesso personale, mandato allo sbaraglio per mantenerlo in vita, in condizioni di lavoro spesso aberranti, è la prima vittima sacrificale.
Elisa Petrone, Segretario generale aggiunto Fedirets
1. Il SSN non è fatto solo di medici e infermieri: occorre considerare il SSN come un insieme organico di professionisti che con le loro competenze danno un contributo, diverso ma ugualmente importan-te, al miglioramento della qualità della vita dei cittadini. Le professioni sanitarie, che hanno un ruolo centrale, non possono tuttavia svolgere pienamente il loro compito senza la collaborazione del per-sonale tecnico-amministrativo.
2. La situazione del SSN non è (purtroppo) tutta uguale: il coraggio di adottare strumenti specifici, che tengano conto del diverso livello dei servizi erogati, dei diversi contesti organizzativi, delle funzioni gestionali e non solo professionali. Basta tagli lineari e applicazione di parametri uguali per tutti (ad es. cosa c’entrano con le strutture complesse tecnico-amministrative i parametri LEA di posti letto e popolazione assistita usati ragionevolmente per individuare le strutture complesse sanitarie?).
3. I professionisti, in particolare nell’area tecnico-amministrativa, sono disorientati e pressati dal coa-cervo di norme sempre più complicate e difficilmente applicabili e dalle generalizzazioni che conside-rano tutti come furbetti o fannulloni: semplificare il quadro normativo, partendo da un’attitudine di fiducia e non di sospetto nei confronti di chi lavora dimostrando passione e spirito di servizio e atti-varsi concretamente per il rinnovo del CCNL 2016-2018 dell’Area Funzioni Locali, che è l’unico ri-masto al palo.
QS. Il Patto per la salute non è ancora stato siglato. Chiederete di essere convocati prima della sigla? E in ogni caso quali sono le vostre proposte in merito?
Aldo Grasselli, Presidente Fvm
Il Patto per la salute, pur con le dovute consultazioni, non porterà da nessuna parte se tutte le parti in causa non si daranno impegni economici e scadenze precise. Se rileggiamo i patti degli ultimi dieci-quindici anni cosa troviamo se non “magnifiche sorti e progressive” per il Ssn che non si sono avverate? I sindacati vanno a tutti i confronti possibili, più o meno concreti, ma ciò che conta, ciò che cambia le sorti della storia della sanità pubblica italiana sta nella volontà politica di stabilire nel 2020 l’anno di svolta, e la volontà politica definisce il carattere di un governo e la sua credibilità al momento delle verifiche politiche e poi elettorali.
Biagio Papotto, segretario Cisl Medici
Vorremmo certamente essere ascoltati e non semplicemente informati delle cosea fatto compiuto, come troppo spesso è accaduto nell'ultimo decennio (e i risultati sono sotto gli occhi di tutti). Chiediamo maggiore sensibilità in primis verso la sicurezza degli operatori. Non è ammissibile che in Italia ormai non faccia notizia la violenza verbale e fisica contro i medici e professionisti sanitari. Ci stracciamo le vesti se vediamo in tv gli stessi episodi in qualche paese meno sviluppato, e invece ormai la cultura di massa in Italia richiede interventi decisi.
Poi occorre ripensare globalmente quella che dovrà essere l'"offerta della salute" nel Paese. Occorre quindi porre in essere una visione strategica della sanità, che dovrà garantire standard elevati come quelli che ancora incredibilmente (visti i mezzi a disposizione e la miopia della politica) riusciamo a garantire a metà del costo di nazioni vicine. Dovranno quindi essere aumentate le borse di studio per le scuole di specializzazione e dovrà essere fatto lo stesso anche per la medicina generale, con l'obbligatoria previsione di un superamento congruo del "numero chiuso"attualmente in vigore per l'accesso alle facoltà.
Alessandro Vergallo, presidente Aaroi-Emac
Sarebbe molto gradita la nostra convocazione prima che il Patto per la salute venga siglato. Non solo perché in qualche modo, nel percorso di edizione dei precedenti Patti, i pregressi Ministri hanno audito le Organizzazioni Sindacali dei Professionisti che alla fine devono erogare le cure, ma anche e soprattutto perché sarebbe un’occasione più unica che rara per evitare che il nuovo Patto per la salute sia destinato ad essere tradito per un’insufficiente finanziamento complessivo. Quanto ai contenuti della Bozza che è dato conoscere, purtroppo nutriamo non poche perplessità. In primo luogo, temiamo che la determinazione dei fabbisogni di personale medico ospedaliero, di cui tra l’altro anche all’art.1, oltre a non essere adeguatamente garantita, nel suo complesso, da stanziamenti ad essa dedicati specificatamente, si basi su criteri ancora sottostimanti le ormai tragiche carenze specialistiche in atto riguardanti in particolare l’Anestesia e Rianimazione e i Pronto Soccorso, decisamente ed incontrovertibilmente peggiori, nonostante ci sia chi sostiene non siano tali, in confronto a tutti gli altri settori ospedalieri. In secondo luogo, ci appare ancora debole l’iniziativa, di cui all’art. 5, di ‘valorizzare il ruolo dello specializzando all’interno delle strutture’, senza tralasciare il fatto che nulla si prevede riguardo all’inquadramento dei previsti ‘contratti di formazione-lavoro ad oneri regionali’ dei Medici in Formazione Specialistica in parallelo al CCNL della Dirigenza Medica, in modo che tali contratti non siano l’ennesimo volano di deregulation ad uso e consumo delle fantasie regionali più estrose, cui peraltro in questi giorni stiamo assistendo proprio nei Pronto Soccorso, con pessime iniziative di reclutamento addirittura di neolaureati per tramite di procedure assuntive asservite alla Convenzione della ‘Medicina di Famiglia’. Qualche preoccupazione, inoltre, riguarda la ‘Implementazione dei Fondi Sanitari Integrativi’, di cui all’art. 11, stante l’oggettiva difficoltà di contemperare tale implementazione con l’irrinunciabile, almeno per noi, connotazione pubblica del SSN. Questi sono solo i principali nodi da sciogliere, su cui sarebbe bene instaurare con urgenza un sereno e costruttivo confronto.
Elisa Petrone, Segretario generale aggiunto Fedirets
Per la verità noi, rappresentanti della dirigenza dei ruoli professionale, tecnico e amministrativo (quasi 5000 dirigenti in servizio, che si occupano di appalti, gare, assunzioni, formazione, prevenzione della corruzione, controlli, contenzioso, lavori e manutenzioni, comunicazione e relazioni con l’utenza, processi operativi, sistemi e flussi informativi, digitalizzazione, ecc.) inspiegabilmente non siamo stati mai – nonostante le nostre richieste - convocati ai tavoli del Patto per la Salute. Sarebbe proprio un bel segnale cominciare ad esserci per poter portare un contributo pratico e operativo, com’è nel nostro stile di lavoro e nella nostra sensibilità, alla soluzione dei molti problemi.
Saremmo infatti fortemente interessati a rappresentare l’emorragia di dirigenti tecnico/amministrativi degli ultimi 5 anni pari quantificabile nel 25% (2.000 unità su 7.000) di perdita della forza lavoro (contro poco più del 3% del personale sanitario) che ha svuotato gli uffici, reso impossibile far fronte all’ordinario (figurarsi alle continue innovazioni organizzative e legislative), comportato sommatorie insostenibili di funzioni e creazione di aziende sanitarie mega che poco hanno razionalizzato e spesso destrutturato le organizzazioni
QS. A breve ci sarà la legge di bilancio, primo vero banco di prova per il Conte/2. Ci vuole indicare le tre priorità per la sanità e per gli operatori del settore?
Aldo Grasselli, Presidente Fvm
Ad abundantia, ne elenco 4:
1. Sintetizzare con un logoro “incrementare il finanziamento del SSN” è dem o populista? Ma il succo sta lì.
Per fare cosa, però, è il fattore decisivo. In tre anni (se li vuole vivere tutti) questo governo dovrebbe avviare una forte iniziativa di edilizia ospedaliera, a patto che le regioni razionalizzino la rete e dismettano ospedali dispendiosi, vetusti e pericolosi in termini di sicurezza antisismica. In questo modo si creano posti di lavoro, si creano presidi di cura moderni e affidabili per i pazienti che sono anche posti di lavoro più piacevoli per i sanitari.
2. Assumere, assumere, assumere! Mancano giovani medici e sanitari. Il personale è in media troppo anziano per un ruolo così delicato e stressante come la cura delle persone. Bisogna far saltare il collo di bottiglia delle specializzazioni esclusivo appannaggio dell’Università e formare i medici e i sanitari nei Teaching Hospital e nei servizi individuati nel Ssn, ma per fare questo occorre disarticolare strutture di potere decisamente robuste e mettere risorse per i contratti di formazione-lavoro. Lo stato, se vuole mantenere una funzione centrale in sanità, almeno eviti che l’inerzia autorizzi le regioni a fare arlecchinate normative e contrattuali in questa materia.
3. Eliminare i tempi morti della sanità con una potente digitalizzazione della tracciabilità dei processi di cura. Informatizzare le cartelle cliniche e tutti i dati sanitari dei cittadini. Se con uno smartphone si può fare trading senza problemi mentre si gira il mondo, è assurdo pensare che se si cambia regione diventiamo dei perfetti sconosciuti.
4. Fare davvero e finalmente una prevenzione primaria incisiva e moderna. Le sfide non mancano: vaccini, educazione sanitaria e sessuale, lotta agli abusi, stili di vita, sicurezza alimentare, salute e benessere animale, lotta all’antibiotico resistenza, ecc.. Costa poco e ha un elevato gradiente di rendimento in salute e spesa sanitaria risparmiata.
Biagio Papotto, segretario Cisl Medici
La domanda potrebbe apparire fuorviante. "Conte 2" caratterizza un'interlocutore che per noi vale esattamente come qualsiasi altro. Come CISL Medici e come CISL più in generale, infatti, non abbiamo mai avuto alcun tipo di preferenza (o all'opposto preclusione) verso questo o quel colore politico, avendo sempre e soltanto a cuore gli interessi legittimi dei nostri associati.
Per questo chiederemo:
1) maggiore attenzione e ai tavoli di discussione permanenti di poter intervenire tempestivamente sulle singole problematiche che dovessero presentarsi;
2) uno stanziamento congruo per il rinnovo dei contratti scaduti dal dicembre dello scorso anno, stanti le previsioni di bilancio della passata Legge Finanziariache prevedevano per il triennio una cifra complessiva di circa 1,7 mld di Euro, in pratica solo la garanzia dell'indennità di vacanza contrattuale;
3) un congruo finanziamento, i 4 mld in più sulla sanità.
Alessandro Vergallo, presidente Aaroi-Emac
Le priorità per la sanità in generale vertono tutte su adeguati finanziamenti certi, dedicati, mirati, e non, come invece temiamo, aleatori, generici, sbilanciati, anche per quanto riguarda le risorse da destinare al personale sanitario, medico in particolare, dato che, tra l’altro, i medici ospedalieri sono ancor oggi in attesa della firma definitiva del CCNL 2016-2018, quindi già scaduto. Ad oggi il contratto è ancora fermo alla firma di una preintesa la cui trattativa, estremamente sofferta, è stata condotta con un grande senso di responsabilità che non deve portare nessuno a poter pensare che i medici ospedalieri siano cittadini di serie b. Nel novero delle nostre proposte tecniche per una finanziaria che li valorizzi, invertendo almeno parzialmente la rotta persecutoria ai loro danni, iniziata da diversi esecutivi succedutisi da oltre una dozzina d’anni, le tre vie principali, che in gran parte da tempo chiediamo anche in accordo con le altre Organizzazioni Sindacali con cui abbiamo rapporti di cooperazione nelle iniziative di sensibilizzazione dei decisori politici verso il rilancio del lavoro medico ospedaliero, sono:
- per quanto riguarda il salario contrattuale accessorio, la defiscalizzazione e la decontribuzione ai fini INPS delle corrispondenti voci stipendiali in busta-paga; questo consentirebbe di recuperare, anche se solo in piccola parte, le pesantissime perdite economiche causate da oltre dieci anni di blocco contrattuale, le quali non saranno affatto sanate dal nuovo CCNL 2016-2018, che peraltro prevede una riduzione complessiva di tali voci, spostate come è noto sulla parte ‘fissa’ delle retribuzioni, con effetti positivi anche di incentivo a non fuggire dagli ospedali pubblici;
- per quanto riguarda le prestazioni effettuate in regime libero-professionale, ivi comprese le prestazioni concordate per la riduzione delle liste d’attesa, una riduzione dell’aliquota fiscale a carico di quelle puramente intra-moenia, lasciando dunque invariata la tassazione di quelle effettuate in regime di attività sia extra-moenia, sia intramoenia allargata, nonché una riduzione dell’IRAP a carico delle aziende datrici di lavoro, ma con obbligo di destinarne i conseguenti risparmi aziendali ad obiettivi di miglior servizio ai cittadini, per esempio sempre in riferimento alla riduzione delle liste d’attesa; questi sarebbero senza dubbio segnali positivi anche in direzione di una mai seriamente perseguita fidelizzazione del medico pubblico dipendente nei confronti dell’Ente datore di lavoro;
- per quanto riguarda l’obiettivo di contrastare la fuga all’estero dei medici ospedalieri italiani, dato che la prevenzione è sempre meglio della cura, incentivi fiscali, collaterali a quelli già previsti dall’art. 5 (Rientro dei cervelli) del ‘Decreto Crescita’, specificatamente a favore dei colleghi che inizino a lavorare in Italia come pubblici dipendenti assunti con regolare CCNL, valevoli per almeno 5 anni, scaglionati a crescere in tale periodo, in costanza del mantenimento del suddetto rapporto d’impiego pubblico; questo consentirebbe di agire positivamente in direzione dell’obiettivo in questione prima che si verifichi una migrazione verso tutto il resto del mondo di fior di professionisti per la cui formazione lo Stato e le famiglie hanno speso ingenti somme, e non solo dopo che la fuga è avvenuta.
Quasi superfluo sottolineare che si tratta di proposte il cui impatto economico è limitato ad una riduzione irrisoria del gettito fiscale nazionale.
Elisa Petrone, Segretario generale aggiunto Fedirets
1. Si comincia ormai a capire in molti contesti regionali e aziendali che le riduzioni (meno 40% in 10 anni) e l’invecchiamento della dirigenza tecnico-amministrativa (età media 55 anni) hanno delle pesanti negative ricadute sul sistema, in termini di inefficienze, rallentamento dei processi e delle attività. Sono quindi ne-cessarie iniziative concrete di valorizzazione della dirigenza tecnico-amministrativa quali ad esempio poli-tiche assunzionali, anche nell’ottica del superamento del precariato (le cui norme hanno finora escluso la nostra categoria) e di ricambio generazionale.
2. L’abrogazione del comma 687 della legge di bilancio giallo-verde che è illegittimamente in-tervenuto in una competenza del tavolo sindacale, pretendendo di collocare la dirigenza tecnico-amministrativa (5000 dirigenti) nella stessa Area contrattuale della dirigenza sanitaria (130.000 dirigenti), togliendole qualsiasi prerogativa e possibilità di autonoma rappresentatività.
3. Le conoscenze dei dirigenti dei ruoli professionale, tecnico e amministrativo, per carenza di offerta formativa di qualità o di sensibilità adeguata da parte delle Amministrazioni, spesso non sono messe nelle condizioni di stare al passo con le innovazioni culturali, tecnologiche e normative: è necessa-rio un piano di investimenti in formazione continua (ad es. corsi di elevata qualità e percorsi medio-lunghi di aggiornamento anche all’estero) per consolidare, arricchire e trasmettere il patrimonio diffuso di conoscenze ed esperienze professionali, oltre che un impegno a riconoscere e incentivare l’esclusività del lavoro tecnico-amministrativo che non deve essere una prerogativa solo del personale sanitario.
(Vai alla prima puntata)