Il sindacato dei medici CIMO è pronto a far partire una class action dei medici della dipendenza contro Regioni e Aran e ad appellarsi alla Corte Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per il mancato rinnovo del contratto collettivo, atteso da 10 anni, la cui scadenza è prevista per il 31 dicembre prossimo.
“La denuncia – spiega il Sindacato in una nota - ha il suo principale fondamento nella violazione dei diritti dei lavoratori e nella mancata applicazione delle indicazioni della sentenza della Corte Costituzionale n.178/2015, che stabiliva come illegittimo il blocco contrattuale dei dipendenti pubblici in atto dal 2010”.
Le iniziative giudiziali nazionali ed europee di CIMO “chiameranno in causa rispettivamente l’agenzia negoziale ARAN, le Regioni e lo Stato italiano – ciascuno per le rispettive competenze e conseguenti inadempienze – al fine di ottenere la loro condanna al risarcimento di tutti i danni che sono derivati e tuttora permangono a seguito della mancata stipula del contratto di lavoro per la dirigenza medica e sanitaria. A tale condizione di blocco stipendiale, risalente appunto al 2010, si aggiunge l’aggravante di condizioni di lavoro in costante carenza di organico, di turni di lavoro spesso insopportabili e non retribuiti quanto alle eccedenze orarie”.
“Siamo alle ultime battute di quest’anno e prendiamo atto della mancata volontà di firmare un dignitoso contratto e di riconoscere i diritti dei medici, dell’inconsistenza della mediazione dell’ARAN, che ha tentato addirittura il peggioramento delle condizioni normative del contratto collettivo, e del comportamento poco trasparente delle Regioni rispetto alle risorse da accantonare per legge. Una condotta delle istituzioni che speravamo fosse solo controversa ma che ora dobbiamo denunciare in sede non solo nazionale ma anche europea”, spiega il presidente nazionale di CIMO,
Guido Quici.
“Ci vediamo pertanto costretti a superare la fase del confronto sul tavolo negoziale per la oggettiva inconsistenza dei nostri interlocutori e dell’inesistente volontà di valorizzare il personale dirigenziale medico-veterinario senza il quale – è bene rammentarlo – la sanità pubblica non esisterebbe ed il SSN sarebbe presto schiacciato da un’esuberante imprenditoria privata di settore”.
“A questo punto – conclude Quici - se anche il recente sciopero non ha rammentato ai nostri interlocutori gli obblighi di intrattenere corrette relazioni sindacali che la stessa sentenza della Corte Costituzionale ha ribadito, sarà un Giudice nazionale a ordinare all’Amministrazione di emendare le proprie (volontarie?) amnesie ed un altro, europeo, a sanzionare lo Stato, le Regioni e gli organi cui è demandata la rappresentanza negoziale per il danno del loro comportamento omissivo nei confronti di coloro che in questi anni di crisi hanno garantito, pur con enormi difficoltà, il servizio sanitario pubblico”.