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QS Edizioni - domenica 22 dicembre 2024

Lavoro e Professioni

Sciopero dei medici. È in discussione un intero modello, il rischio è quello di avere un sistema sanitario a doppio regime

di Grazia Labate
immagine 25 novembre - Serve un progetto che rimetta il cittadino al centro, che lotti contro gli sprechi, che riorganizzi il sistema degli acquisti e metta le fondamenta su un principio troppo spesso trascurato, quello che vede la Sanità un prezioso strumento per lo sviluppo e la crescita economica, e non solo come il primo costo da tagliare per far quadrare i bilanci. Non è più tempo di procrastinare le scelte. Con la salute non si scherza.
Lo sciopero dei medici ha avuto un’adesione elevata anche negli ospedali più piccoli del territorio. Sono tante le questioni sul tappeto, dal rinnovo del contratto di lavoro fermo da 10 anni, alla carenza di risorse, alla mancanza di figure specializzate. Il livello di malcontento è generalizzato proprio per le condizioni difficili in cui i medici sono costretti a lavorare.
 
Nelle corsie degli ospedali pubblici è cresciuta la voglia di partecipare, di far sentire la propria voce.  Da troppo tempo le opinioni dei medici rimangono inascoltate. Non ci sono spazi di condivisione, momenti di confronto. Sempre di più tagliati fuori dalle scelte che riguardano la loro vita lavorativa. Dalle risorse che mancano, dalla autonomia decisionale delle regioni, dalla managerialità amministrativa.

È un modello in discussione, non un singolo ospedale. Una crescente protesta che ha già portato a meccanismi ormai inadeguati per rispondere alle richieste di una domanda di salute che è profondamente cambiata. L’astensione è durata 24 ore, l’intera giornata lavorativa anche se in tutti gli ospedali sono stati garantiti i servizi di urgenza ed emergenza. Sono saltati gli appuntamenti per visite e controlli ambulatoriali. Hanno aderito allo sciopero tutte le sigle sindacali della dirigenza medica in quella che viene definita “una delle più difficili vertenze degli ultimi anni”.
 
Lo sciopero, quindi, è stato indetto per avere:
• Un finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale 2019 che preveda le risorse indispensabili per garantire i nuovi Lea ai cittadini e per onorare i contratti di lavoro scaduti da 10 anni.  E’spregevole mettere in competizione, su risorse insufficienti, il diritto alla cura dei cittadini e quello a un dignitoso contratto di lavoro per i professionisti che quelle cure devono erogare.
• L’erogazione alla Dirigenza medica, veterinaria e sanitaria degli stessi aumenti contrattuali previsti per il restante pubblico impiego, risolvendo in via definitiva l’annosa questione del riconoscimento dell’indennità di esclusività di rapporto nella loro massa salariale.

• Il superamento, alla firma del CCNL, del congelamento al 2016 del trattamento accessorio posto dalla legge Madia, restituendo la Retribuzione Individuale di Anzianità dei dirigenti pensionati,patrimonio contrattuale irrinunciabile delle categorie, ai fondi aziendali per assicurare le risorse necessarie per carriere e disagio.

• La cancellazione dell’anacronistico blocco della spesa per il personale della sanità, rimasto fermo al dato 2004 ridotto dell’1,4%, per facilitare il turnover del personale aprendo una grande stagione di assunzioni nel SSN in grado di fare fronte nei prossimi 5 anni al pensionamento del 40% dei medici, veterinari e dirigenti sanitari attualmente operanti come dipendenti nel SSN, completando altresì i percorsi di stabilizzazione dei precari della Dirigenza, avviati con la legge Madia, ma ancora disattesi in molte Regioni.

• La previsione nella legge di bilancio per il 2019 del finanziamento di quota parte del contratto 2019-2021, o perlomeno dell’indennità di vacanza contrattuale, anche per sfuggire al sospetto di un nuovo blocco contrattuale.

A questi temi nazionali si aggiungono tanti temi tipicamente locali, che acuiscono le difficoltà del servizio sanitario pubblico, quali:
• la mancata definizione dei fabbisogni e delle dotazioni organiche,ferme di fatto nel 1999, quindi a quasi venti anni fa;

• i Piano Sanitari per la Cronicità che dovrebbero mettere in filiera le risorse territoriali costituite dai Medici di Medicina Generale e dai Pediatri di Libera Scelta, Specialisti Ambulatoriali, Professioni Sanitarie e della Prevenzione, Educazione ed Assistenza, invece di scaricare la cronicità sull’Ospedale, distogliendolo dalla sua funzione di gestione dell’Acuto e dell’Emergenza/Urgenza;

• la vessazione dei giovani medici, assunti con iniqui contratti libero professionali senza le minime garanzie degne di un paese civile;

• il netto decremento del numero dei medici veterinari che mette a repentaglio l’erogazione dei LEA;

• una rete ospedaliera obsoleta nonostante la riforma e la presunta riorganizzazione che ha gravato sempre più sugli ospedali decretando il fallimento di una moderna organizzazione territoriale;

• le sempre più scarse possibilità di carriera dei medici ospedalieri, che di fatto ne favoriscono la fuga verso il privato o verso la pensione visti i turni massacranti anche per i non più giovani.
 
La sopravvivenza del SSN è sulle spalle dei suoi dirigenti sanitari, nell’inefficacia dell’azione politica, che da troppo tempo ha considerato la sanità come una specie di bancomat per i tagli lineari degli ultimi 10 anni. E in gioco non solo il futuro di un lavoro al servizio di un bene costituzionalmente tutelato, ma anche quello della sanità pubblica nazionale. La categoria dei medici ospedalieri è allo stremo, chiede risposte urgenti.

Nella legge di bilancio ci sono le risorse per onorare gli impegni presi rispetto ai rinnovi contrattuali 2019-21? Gli impegni previsti per il rinnovo della dirigenza si aggirano intorno ai 450 mln l'anno. Dove sono le appostazioni nella legge di bilancio? La rassicurazione del ministro è arrivata alla vigilia dello sciopero nazionale di 24 ore dei medici e veterinari del Servizio sanitario nazionale, ci auguriamo che sia reale.

Nei prossimi giorni occorrerà vigilare, poiché l’aria che tira non è buona, lo spread non perdona, si sono già sprecati diversi miliardi che avremmo potuto usare per una sanità migliore, efficiente, moderna con risorse umane soddisfatte e sempre più attente ai bisogni di salute dei cittadini. La profondità della crisi che abbiamo attraversato è sfociata in una stagione di manovre economiche austere e rigorose. Tagli lineari e interventi attuati nell’emergenza hanno limitato enormemente le risorse per il Sistema sanitario nazionale, già provato da un passato di misure che hanno risposto solo a esigenze contabili.

Dopo i recenti esiti elettorali è inevitabile sollecitare la veloce ripresa del dibattito politico intorno all’assistenza sanitaria, che va assolutamente ridisegnata senza danneggiare le basi sulle quali è stata concepita. Ci sembra doveroso ricordare, dopo una campagna elettorale in cui le forze politiche hanno affrontato con superficialità il dibattito sulle sorti dell’assistenza sanitaria pubblica, che è di importanza capitale salvare questa preziosa conquista del nostro welfare e restituire il carattere di universalità che continua a ridursi a causa di cure sempre meno alla portata dei cittadini.

Le acque sono agitate ed è indispensabile un cambio di rotta. La sfida della sostenibilità è già stata posta ed è necessario accoglierla con urgenza accelerando la riflessione sul futuro.  Da protagonista della Sanità, su questa rivista, sulla stampa nazionale e negli incontri istituzionali e di studio organizzati negli anni più recenti, non ho perso occasione per mettere le mie competenze e la mia esperienza di studio, anche all’estero a servizio di un progetto ampio di ricostruzione del sistema salute.

Un progetto che rimetta il cittadino al centro, che lotti contro gli sprechi, che riorganizzi il sistema degli acquisti e metta le fondamenta su un principio troppo spesso trascurato, quello che vede la Sanità un prezioso strumento per lo sviluppo e la crescita economica, e non solo come il primo costo da tagliare per far quadrare i bilanci.

Non è certo un’idea innovativa, ma è alla base dell’organizzazione sanitaria della gran parte dei Paesi sviluppati e dovrebbe ispirare le nostre decisioni.
In un progetto di ampio respiro che abbia veramente a cuore la ripresa del Paese non si potrà concepire la politica sanitaria e quella economica solo dal punto di vista ragionieristico, ma bisognerà coniugarle per la crescita, per valorizzare l’innovazione e concepire così una coerente politica industriale.

Penso alle nostre imprese biomedicali alle start up in innovazione e ricerca biomedica che vedono profilarsi il rischio di procedere a pesanti ridimensionamenti occupazionali e a interrompere gli investimenti in ricerca e innovazione.

I Governi finora susseguitisi non hanno dato sufficiente importanza al fatto che di questi tagli faranno le spese prima di tutto i cittadini, che si troveranno un sistema sanitario a doppio regime: quello pubblico impoverito, con dispositivi medici acquistati al prezzo più basso, quindi di mediocre qualità e di tecnologia obsoleta; e quello privato non convenzionato, efficiente e tecnologicamente avanzato, al quale però potranno accedere esclusivamente i cittadini abbienti.

Non è più tempo di procrastinare le scelte. Con la salute non si scherza.
 
Grazia Labate
Ricercatore in economia sanitaria già sottosegretaria alla sanità  
25 novembre 2018
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