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QS Edizioni - sabato 17 agosto 2024

Lavoro e Professioni

Accessi a medicina. Il modello francese è una minestra riscaldata

di Alessandra Spedicato e Pierino Di Silverio
immagine 1 ottobre - La soluzione per la massiccia fuoriuscita di medici dalle corsie ospedaliere non è quella di dare libero accesso alla facoltà con esame di sbarramento al primo anno, come in Francia, generando solo false illusioni agli studenti e alle loro famiglie e causando uno spreco di risorse umane ed economiche. Bensì quella di studiare ed attuare un’adeguata programmazione affinchè l’imbuto formativo diventi finalmente un cilindro formativo, investendo attraverso un incremento del finanziamento dei contratti di specializzazione
Come una minestra riscaldata torna in questi giorni la proposta di copiare la Francia per gli accessi al corso di laurea in Medicina e Chirurgia. Proprio quando, ironia della sorte, numerosi protagonisti del mondo della Sanità francese iniziano a mettere in discussione il sistema di selezione e formazione dei futuri medici in patria.

In Francia, il giovane studente, aspirante medico, deve affrontare un anno accademico denominato PACES (Première Année Commune des Etudes de Santé) che è comune a 4 corsi di laurea - Medicina, Odontoiatria, Farmacia e Ostetricia-, seguendo, nel corso dei due semestri, corsi di scienze di base (biologia, fisica, chimica), di scienze mediche (anatomia, istologia, fisica, chimica), di scienze umane e sociali.
Al termine del secondo semestre viene svolta la selezione nazionale per l'ingresso nel percorso specifico scelto, che rimane a numero programmato.
In media, soltanto il 20% degli studenti che hanno manifestato l'intenzione di dedicarsi agli studi medici riesce ad ottenere l'accesso al secondo anno e dunque ad iniziare il percorso di studi verso la carriera prescelta. Il restante 80% si ritrova ‘malheuresement’ ad aver sprecato tempo ed energie! Qualcuno lo ha definito un bagno di sangue! Una sorta di esame di ammissione prolungato ed estenuante che invece di durare poche ore come in Italia, dura un intero anno.

Nel 2014 in Francia su 58.000 studenti frequentanti il PACES, solo 7.492 sono stati ammessi al secondo anno nel percorso di medicina. Giova ricordare che in Italia quest’anno si sono presentati al test di ammissione circa 67.000 studenti per circa 9.770 ammissioni, al netto delle iscrizioni in Università straniere.

Anche l'accesso alle altre 3 facoltà del PACES è limitato dal numero chiuso (nel 2013 i posti riservati per odontoiatria sono stati 1.200, per ostetricia 1.017 e per farmacia 3.095).

Per gli studenti che non superano la selezione non esiste un percorso definito o meglio, il sistema formativo non prevede ufficialmente nessuna ancora di salvezza. Possono decidere di tentare nuovamente l'anno successivo oppure indirizzarsi verso altre facoltà, non necessariamente correlate al settore sanitario.

Esiste una passerella tra il PACES e la Facoltà di Biologia: se il curriculum personale è buono, si può accedere - dopo un colloquio e la valutazione dei titoli - al secondo o addirittura terzo anno della facoltà di Biologia (L2 o L3) oppure ripartire dall'inizio come se si fosse appena uscito dalla scuola superiore (che in Francia prende il nome di Baccalauréat). Alternativa è l'iscrizione al secondo anno del ciclo preparatorio per la scuola di Ingegneria. Possono anche iscriversi al L2 di Fisica o Chimica, che permette successivamente di accedere ad altre facoltà tecniche tra cui di nuovo ingegneria.

La Scuola Superiore di Ottica accoglie a Febbraio anche studenti che decidono di ritirarsi dal PACES già alla fine del primo semestre e offre un piano formativo che va dai 2 ai 5 anni di studio (BAC +2 a BAC +5).

In Francia cominciano a pensare che questo metodo sia uno spreco di risorse umane ed economiche ma, trovare una soluzione, non è semplice.
Il Ministro dell’Istruzione francese immagina la creazione di una licenza sanitaria (licence santè) in un percorso di studi strutturato su tre passaggi: licence, master, doctorat anche detto LMD, così come sta già avvenendo per altri percorsi di studio. La licence (durata 3 anni) permette l'accesso al mondo del lavoro, il master (durata 2 anni) prepara la strada verso un percorso professionale più qualificato e di alto livello o orientato alla ricerca e il doctorat (3 anni) è una ulteriore specializzazione che permette di essere più competitivi anche sul piano internazionale.

L'associazione nazionale degli studenti di medicina francese (Association Nationale des étudiants en médecine de France ANEMF) sottolinea l'esigenza di rivedere il numerus clausus (ma non specifica come) perché non offre equità di accesso al sistema. Infatti, mentre circa l'80% degli studenti del PACES vedono sfumare il loro sogno alla fine del primo anno di studi, e sono poi male indirizzati verso corsi di studi alternativi (tanto che una importante quota cambia radicalmente orientamento), chi ha risorse economiche si iscrive all'estero per poi rientrare nella Facoltà di medicina dalla "porta di servizio".
 
Un esempio è l'università di Medicina in Romania " Cluj Iuliu Hatieganu" dove si svolge regolarmente un corso di studi che prevede anche la lingua francese, con titolo facilmente acquisito e legalmente riconosciuto nell'Hexagone a seguito della direttiva comunitaria 2005/36/CE. Analogamente a quanto sta accadendo tra Italia ed Albania con la creazione dell'Università Cattolica Nostra Signora del Buon Consiglio. In questo modo non solo si alimentano le disparità sociali ma saltano anche gli obiettivi di programmazione della demografia medica su cui il numero chiuso consente di lavorare.

Le due principali associazioni europee che si interessano di formazione medica, EJD (European Junior Doctors’ Association) e UEMS (European Union of Medical Specialists) convengono sul fatto che l’apertura libera nell’accesso a Medicina non può garantire un adeguato livello formativo degli studenti, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto pratico, dove tra l’altro in Italia siamo già carenti.
 
Venendo all’Italia, qualora si riuscissero a garantire strutture per l’insegnamento di capienza adeguata e con i necessari supporti tecnologici (perché se la medicina sta cambiando, dobbiamo prevedere che si modifichi anche la metodologia di insegnamento), è necessario garantire anche un tirocinio professionalizzante presso strutture, universitarie e non (visto il possibile decuplicarsi degli aspiranti medici), che sia di livello, con personale formato per l’insegnamento e con il giusto case mix. Altrimenti, rischieremmo di avere più studenti di medicina che posti letto!

Chi risolverà il problema pratico di trovare aule per circa 70.000 giovani? O si pensa di utilizzare i cinema come negli anni 70’? Il rischio concreto è che in questo modo si spingerebbe sull’acceleratore delle Università private!

Altro dato da considerare è la carenza di personale docente di ruolo e ricercatore scientifico nella area disciplinare di scienze mediche. Il report Anvur 2017 parla di 8.944 unità, con un’età media di 52 anni (fonte: Statistica e Studi MIUR a.a. 2016/17), un numero certamente inferiore rispetto alla necessità di insegnare ad un numero elevatissimo di studenti. E poi, quali parametri verrebbero usati per stabilire il superamento o meno dello sbarramento? Spetterebbe ai soli docenti universitari questo arduo compito? Questo tipo di valutazione sarebbe oggettiva o si potrebbe andare incontro ad elevate disparità tra le varie sedi universitarie ? Facile immaginare il numero di ricorsi amministrativi a tribunali che hanno già dimostrato una elevata propensione ad accoglierli.

In Italia oggi mancano i medici specialisti perché da anni non vengono finanziati in maniera adeguata i contratti di specializzazione e nemmeno vengono recuperati annualmente quelli non assegnati per rinuncia o trasferimento dei vincitori, mentre allo stato attuale i laureati in medicina e chirurgia sono in numero superiore rispetto alla media europea! E la funzione del numerus clausus è quella di permettere una formazione di qualità di personale medico, sia dal punto di vista teorico che pratico, in numero adeguato alle necessità del sistema sanitario nazionale evitando il rischio di una pletora medica.
Ma perché, ciclicamente, torna questa idea di abolire il numero chiuso a Medicina, senza fare alcun riferimento all’aumento delle dei contratti di specializzazione?

A pensar male, un maggior ingresso di studenti nelle aule universitarie determina un maggior introito per le casse universitarie ( tasse di iscrizione, circa 2000 € per ogni studente) e per i vari indotti paralleli ( testi universitari, corsi di preparazione agli esami), mentre l’aumento dei posti in specialità è solo una spesa per il MIUR e per le Regioni. Ma come lo stolto che fissa il dito invece di guardare la Luna, quello che lo Stato guadagnerebbe oggi ( con l’aumento degli iscritti all’università) lo perderebbe al termine del ciclo di studi in medicina, quando il giovane medico neolaureato potrà scegliere – grazie all’apertura delle frontiere - di andare a fare la specializzazione in Germania o in Finlandia ( dove addirittura si può cambiare specialità in itinere se non si è convinti della propria scelta!) invece che ammuffire in un corridoio di ospedale in Italia, in attesa di vincere la lotteria dei pochi contratti messi a disposizione dal nostro Governo.
 
Altra possibilità è che la pletora di laureati sia funzionale all’emergere di una nuova generazione di medici, a più basso profilo formativo , da impiegare nel sistema sanitario con uno inquadramento inferiore, stipendio inferiore (logicamente!) e con mansioni dedicate e tabellate, come i paramedici d’urgenza americani o gli ecosonografisti francesi. Così da risparmiare ulteriormente sui bilanci del personale e garantire al paziente un SSN universalistico (per ora) ma al ribasso.

La massiccia fuoriuscita dei medici dalle corsie ospedaliere per quiescenza o per le insostenibili condizioni di lavoro non è attualmente compensata da una giusta quota di specialisti. La soluzione, però, non è quella di dare libero accesso alla facoltà di medicina e chirurgia con esame di sbarramento al primo anno, generando solo false illusioni agli studenti e alle loro famiglie e causando uno spreco di risorse umane ed economiche, bensì quella di studiare ed attuare un’adeguata programmazione affinchè l’imbuto formativo diventi finalmente un cilindro formativo, investendo attraverso un incremento del finanziamento dei contratti di specializzazione.

Se il ministro Grillo vuole ispirarsi all’Europa, più che ai nostri cugini francesi dovrebbe guardare al modello portoghese. Circa 10 anni fa, in una situazione molto simile alla nostra ma con numeri inferiori, in Portogallo si decise di mantenere il numero chiuso negli accessi a medicina ma di modificare e incrementare i contratti formativi nel percorso post laurea, avvalendosi dei teaching hospitals. Per ora la scelta sta funzionando e, a guardarla bene, non è così diversa da ciò che l’Anaao va proponendo da tempo. 
 
Alessandra Spedicato
Capo delegazione Anaao Assomed in FEMS

 
Pierino Di Silverio
Responsabile nazionale Anaao Giovani
1 ottobre 2018
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