“A giugno, mentre ero impegnato a Trento a ridefinire la deontologia medica, si è tenuta a Bologna la
X Conferenza sulle politiche della professione infermieristica con nel titolo, alla fine, la solita “
sfida che ci aspetta”.
Il concetto di “sfida”, è sinonimo di provocazione e di competizione. Che esso sia usato dagli infermieri cioè da una categoria prima di ogni cosa massacrata da politiche sbagliate e da rappresentanti che dire inadeguati è dire poco, è molto significativo.
Ma a chi è rivolta? Non certo:
- agli infermieri che dal 1999 sono prigionieri della post ausiliarietà,
- alla Fnopi che ancora ci deve spiegare le ragioni per le quali la legge che ha superato il mansionario è stata sterilizzata,
- agli autori del comma 566 che hanno clamorosamente fallito,
- alla sanità sempre più regrediente non solo finanziariamente ma soprattutto socialmente e culturalmente,
- al pensiero debole che sta spiazzando le professioni in tutti i modi.
Ora e sempre contro i medici
La sfida, cioè la provocazione e la competizione, tanto per cambiare, è rivolta ai medici che in ragione di essa, diventano di nuovo il nemico di comodo per coprire le magagne strategiche di una classe dirigente che, in questi ultimi anni e da quel che capisco, ancora ora, tradisce tante velleità di potere, ma poche idee sensate e che, evidentemente, ha bisogno, per legittimarsi, di avversari da combattere.
Ieri era il comma 566 oggi è lo skill mix. La professione reale per costoro è un dettaglio secondario. Il malato non certo un archè. Il buon senso praticamente una rarità.
A leggere gli atti della conferenza si coglie per intero il significato belligerante del concetto di sfida: nel linguaggio usato, nel tipo di esperti invitati e, ovviamente nelle tesi proposte.
Tutto puzza di guerra, di conflitto, di avversione, di ostilità, tutto parte dal presupposto che i sogni, non degli infermieri, ma di chi li rappresenta, sono ostacolati dai medici e che quindi i medici sono i nemici o per lo meno gli avversari degli infermieri, anche se sono solo gli avversari di chi li rappresenta.
Come se qualsiasi sogno fosse ammissibile e come se accettata la loro ammissibilità, la loro realizzazione, fosse possibile solo ed unicamente in un solo modo quello conflittuale.
Lotta dura senza paura
In nessun intervento della X conferenza di Bologna, ho letto della possibilità di intraprendere, ai fini della ridefinizione della professione infermieristica, altre strade, oltre quella della sfida, altre modalità, altre tesi.
Da nessuna parte ho letto, della possibilità di negoziare con i medici, di discutere con loro, di trovare soluzioni insieme. Cioè di concordare un cambiamento possibile. Sembra che il comma 566 non ci abbia insegnato niente. Che tristezza. E che responsabilità si sono presi coloro che sono andati a spalleggiare la linea della conflittualità.
La “sfida”, quindi, per la Fnopi rappresenta un campo semantico che esclude tutto quanto non sia imposizione legislativa quindi qualsiasi cosa assomigli ad un negoziato consensuale, anche se ad ogni piè sospinto, colei che oggi la propugna, la presidente Mangiacavalli, almeno nelle occasioni ufficiali, non fa altro che parlare di integrazione, di rispetto per i ruoli professionali, di multidisciplinarietà, di rispetto per le altre professioni giurando e spergiurando che i medici sono i medici e gli infermieri sono gli infermieri.
Arriva l’infermierologo compiacente
In questi anni abbiamo aiutato, tutti, me compreso, questa presidente, a “liberarsi” della Silvestro, (questa sì che era una vera sfida), ma che della Silvestro è stata intellettualmente la sua principale supporter e che della Silvestro ha mutuato per intero, come dimostra la X conferenza di Bologna, l’orrenda logica che punta a “riscattare” l’infermiere dalla subalternità professionale del medico.
Non è quindi un caso se la stessa presidente abbia affossato
la proposta di deontologia di Pisa, oggettivamente l’unico vero tentativo di mettere in campo un pensiero all’altezza dei veri problemi della professione.
Di tutta la conferenza la cosa che mi ha colpito di più è stato il ruolo giocato da un personaggio molto bravo a diventare esperto in funzione dell’incarico che riceve e delle aspettative di chi lo ingaggia (ricordo i suoi lavori sulle mutue, sulla privatizzazione della sanità, commissionategli dalle assicurazioni) come è il prof. Mario Del Vecchio.
Questo personaggio, che ha avuto il coraggio di venirmi a dire che le mutue, cioè le diseguaglianze, sono di sinistra, ha di fatto offerto l’apparato concettuale di cui aveva bisogno la Mangiacavalli. Tutti gli altri, lo dico con rispetto, mi sono apparsi degli interventi per quanto interessanti tutti di contorno.
Le nuove verità dell’infermierologo
Cosa ha detto di straordinario questo straordinario
maitre a pensér dell’infermierologia? Tutte cose perfettamente in linea con i sogni prima della Silvestro e oggi della Mangiacavalli.
Qualche perla della sua relazione:
- il sistema è un "campo di gioco" su cui costruire il futuro
- il mercato è un luogo che più facilmente potrà decretare il successo degli infermieri
- il problema di fondo che si deve risolvere è l'infungibilità del medico cioè di una professione che non consente la sua sostituzione con un’altra professione
- la soluzione è lo skill mix e le specializzazioni
- dobbiamo puntare a un nuovo modello fondato su una diversa distribuzione di competenze
- gli infermieri devono "saturare" un nuovo perimetro
- si tratta di uno spazio di allargamento della loro professionalità da generalizzare altrimenti la professione si indebolisce.
- il primo sforzo da fare è "allargare" il perimetro quello futuro sarà di saturarlo
- è necessario "sgranare" la professione, definire bene le specializzazioni e le loro implicazioni organizzative e contrattuali...
Il grande esperto di mutue e assicurazioni, e questa volta di infermierologia, riassume così la sua posizione:
“I problemi sul tavolo sono quello della fungibilità, degli assetti organizzativi, della contendibilità delle posizioni sottintesa alla interdisciplinarità e della partecipazione al governo strategico: mi aspetto nei prossimi dieci anni che nelle aziende almeno il 20% dei direttori generali siano di matrice infermieristica”.
A parte che sembra un auspicio costruito a bella a posta per la carriera personale della Mangiacavalli ma devo dire, davvero un bel lavoretto. Complimenti. Come è affascinante questo 20%! Una vera evidenza scientifica! Quanto rigore accademico! E che indipendenza di pensiero! Quale amore per la verità, per i malati, per i diritti! Commovente! Il bene pubblico prima di ogni cosa. Immagino che per il prof. Del Vecchio anche questa robaccia sia di sinistra.
Come si diventa infermierologi compiacenti
Volete sapere come chi non conosce la differenza tra la padella che si usa in ospedale e quella che si usa in cucina per fare le frittate, diventa un infermierologo?
Ve lo spiego io. Prima di ogni cosa si documenta, cioè cerca di comprendere cosa desiderano i suoi committenti, poi si prende le loro proposte, cioè i loro sogni, che ricicla per bene, dando ad essi una sistematina e introducendo, se necessario, qualche nome ad effetto per farli apparire il più bocconiani possibile, infine, qualche dato, qua e là, usando il sex appeal del mercato, e l’infermierologo passa all’incasso.
Volete una prova? Per chi non l’avesse capito “sgranare” il profilo è il nuovo modo di definire quell’orrenda proposta della Silvestro di spacchettare il profilo dell’infermiere in sub e super profili. Quindi non è una idea del professor Del Vecchio ma che il professore Del Vecchio ci vende come una idea inedita e originale, bocconiana, ma al solo scopo di far felice la Mangiacavalli.
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Ovviamente la Mangiacavalli ringrazia e dichiara testualmente:
- una professione matura lo è quando inizia a “sgranarsi,” cioè occupare spazi e posizioni lontane tra loro e dalla zona di comfort della professione e diverse dal contesto disciplinare
- si chiama 'posizione contendibile' si legge ricostruzione di una serie di competenze e professionalità
- dobbiamo mettere i nostri infermieri in condizione di 'contendere' i ruoli.
Il gioco è fatto e sulla testa degli infermieri si consuma attraverso la X conferenza della professione una gigantesca presa per i fondelli destinata a fare la stessa fine che ha fatto il comma 566.
Come intellettuale come docente universitario, come uomo di sanità pubblica, mi preme prendere le distanze da questo modo di fare cultura, di fare discussione, di fare ricerca. Questa roba non c’entra niente con la cultura. Confezionare “pacchi” agli infermieri non è cultura.
Competizione o cooperazione?
Vorrei suggerire alla presidente Mangiacavalli di leggere la parte del documento della deontologia di Trento dedicato ai rapporti tra professioni. Non solo, ma vorrei pregarla di divulgare presso la sua professione questo lavoro per favorire la discussione ma anche il confronto tra tesi diverse e contrapposte. Ovviamente confidando sulla capacità della professione di distinguere i pacchi dalle cose serie
La sfida vera, per Trento, sa, presidente, qual è? Non avere sfide. Se le professioni sono complementari non ha senso metterle in competizione come proponeva la Silvestro, molto prima del prof. Del Vecchio e della dottoressa Mangiacavalli, ha più senso esaltarne la cooperazione.
Immagino che, il prof. Del Vecchio, che parla di “campo di gioco”, in quella conferenza, abbia spiegato, la differenza tra i giochi competitivi e quelli cooperativi e i vantaggi e gli svantaggi degli uni rispetto agli altri.
Al malato, se parliamo di cura, conviene di più il gioco cooperativo, quello competitivo rischia di pagarlo lui sulla propria pelle. All’infermiere il gioco competitivo, leggi comma 566, fino ad ora ha solo rotto le ossa e chi oggi lo chiama alla guerra contro i medici è un imbroglione e un irresponsabile.
I ruoli sono definiti nelle relazioni con altri ruoli
Lei, signor presidente, mentre i medici puntano agli stati generali per ridefinire il loro ruolo, si dovrebbe preoccupare di trattare il suo profilo, non come se fosse un cesto di fagioli freschi da “sgranare” ma di attuare la legge che definisce il ruolo degli infermieri e che a partire dalle responsabilità prima dell’Ipasvi ed ora Fnopi, fino ad ora è rimasta sulla carta. E’ solo colpa vostra, non dei medici, se gli infermieri sono ancora dopo quasi 20 anni, nella post ausiliarietà.
Poi dovrebbe chiamare il presidente Anelli e dirgli: siccome i ruoli sono tali perché relativi ad altri ruoli, che ne dice se ci mettessimo d’accordo per chiarire tra noi le relazioni migliori? Che ne dice se insieme ci definissimo “autori” decidendo di mollare questo rottame concettuale delle “competenze” per passare ad una nuova idea di “impegno” e, su questa base, reinventassimo una organizzazione del lavoro dove, in luogo delle relazioni di ausiliarietà sperimentiamo relazioni tra autonomie? Cioè relazioni anche tra impegni? E non più solo tra compiti?
Ma per fare questo, mia cara presidente, ci vuole un pensiero che né lei né il prof. Del Vecchio avete, per cui capisco perché lei sia nella necessità di trasformare una conferenza della professione in una manfrina pur sapendo che quello che voi proponete non solo non è plausibile ma ha zero probabilità di passare.
Il tempo dei presidenti/senatori è finito e se il Pd ha perso tanti voti nella sanità è stato soprattutto a causa di quello che avete fatto sulle professioni tanto mediche che infermieristiche. Non siete riusciti a passare quando avevate i vostri rappresentanti in parlamento, come pensate di passare ora che le vostre insane politiche sono state sconfitte? Con i consigli dell’infermierologo compiacente?
Contro il ruolo
Lei signor presidente con la copertura di esperti di comodo, vuol de-ruolizzare le professioni medico sanitarie, incurante delle conseguenze che questa decisione potrebbe avere sul malato e soprattutto sugli assetti clinici assistenziali della cura e al solo scopo di permettere all’infermiere di fare “shopping” a scapito degli altri ruoli. Lei vuole togliere agli altri il ruolo solo perché non è ancora riuscita, pur con una normativa favorevole, a definire quello della sua professione. Ma le pare sensato?
Le faccio un esempio semplice è come se volesse abolire sia il ruolo del prete che dice messa sia quello del chierichetto che lo assiste, sostituendoli con uno skill mix, cioè ridefinendo come dice il Gergas Bocconi, il “perimetro delle loro competenze”. Ma le sembra sensato?
E’ del tutto evidente che l’abolizione dei ruoli alla fine finisce per cambiare la messa, se è lecito, lei presidente Fnopi e il professore della Bocconi quale messa ci proponete? Ed è proprio sicura che la sua messa sia la messa migliore che si possa offrire ad un cristiano? Insisto nella domanda e uscendo dalla metafora: fuori dai ruoli quale cura ci propone? Cioè quale medicina avete in testa?
E i medici? Non si sono accorti di niente
Vorrei dire ai medici, che leggono questo giornale, e quelli che non leggono ma sento brontolare, e che tendono a ridurre il più possibile la crisi della loro professione perché hanno per tanti motivi difficoltà a cambiare per davvero, rendetevi conto che, dalle “
competenze avanzate” siamo passati a “
contendere i ruoli”.
Non fate l’errore di sottovalutare il problema. Certo che “contendere il ruolo” è una follia ma nello stesso tempo ridefinire il ruolo oggi è una necessità ma non perché la Fnopi spara cavolate ma perché è cambiato radicalmente il mondo e il vecchio ruolo fa acqua da tutte le parti.
E’ sul grado di regressività del ruolo che le teorie sullo skill mix potrebbero fare presa ma le stesse teorie sarebbero del tutto vane se il ruolo fosse ridefinito per renderlo pertinente al mondo complesso in cui viviamo.
Quindi signori medici spero che agli stati generali riusciate a volare alto con la proposta; non fate l’errore di adattare la proposta ai vostri limiti, perché volare basso, cioè cambiare poco o niente, è, con l’aria che tira, inevitabilmente perdente. Alla proposta di contendere il ruolo, come insegna Trento, non si può rispondere con l’invarianza del ruolo ma con una definizione più moderna della professione rinnovando le relazioni tra i ruoli.
Trento docet
La proposta di Trento, diversamente dalla Fnopi e dalla Bocconi, ha scelto, sulla base di una analisi rigorosa (pubblicata e quindi disponibile), di andare controcorrente e di definire, proprio sul ruolo, la nuova deontologia per la professione e quindi di ridefinire i rapporti con altre professioni quindi con altri ruoli
Ecco in sintesi la proposta di Trento:
Deontologia del ruolo. La deontologia medica disciplina lo status, l’identità e il ruolo della professione oltreché nei confronti della persona del cittadino e del malato, anche nei confronti di altri ruoli professionali, del datore di lavoro. (segue testo)
A questo proposito essa:
- prevede tre tipi diversi di doveri nei confronti delle altre professioni: cooperazione, collaborazione coordinazione
- definisce la complementarietà reciproca,
- definisce i rapporti tra le prassi
- definisce l’interazione cooperativa e un sacco di altre cose
Il titolo sui rapporti con le altre professioni, si conclude con una proposta di coevoluzioni inter-professionale:
le professioni con rapporti di cooperazione e di collaborazione, con obblighi di coordinamento, hanno il dovere di trovare consensualmente delle soluzioni organizzative co-evolutive al fine di implementare la loro professionalità.
Bye Bye.
Ivan Cavicchi