toggle menu
QS Edizioni - giovedì 26 dicembre 2024

Lavoro e Professioni

Quale futuro per i medici di famiglia? “Né ‘dottor Tersilli’, né chiusi in un recinto come vorrebbe qualcuno. Ma in ogni caso dovremo cambiare. Ecco come”. Intervista al segretario della Fimmg Silvestro Scotti

immagine 9 aprile - È chiaro che guardando al futuro dobbiamo innovare ancora di più e per farlo occorre puntare sui giovani. La categoria non può permettersi di galleggiare. Ma il medico di famiglia alla ‘Tersilli’ o chiuso nel suo studio a fare ricette non può essere il futuro come non può esserlo un modello statico basato su piccoli ‘ospedaletti’ accentrati, in cui i professionisti sono bloccati in una logica oraria, che allontana il cittadino dai luoghi di cura.
La convenzione è stata siglata, ma la Fimmg non dorme sugli allori. "Con questa convenzione abbiamo dato risposte al passato e in questo senso gli arretrati sono una risposta concreta ad una categoria che aveva un blocco contrattuale da 8 anni. Ma è chiaro che guardando al futuro dobbiamo innovare ancora di più e per farlo occorre puntare sui giovani".
 
È molto chiaro Silvestro Scotti in questa prima intervista dopo la firma del nuovo accordo il 29 marzo scorso: "Il punto è che va cambiato il concetto di assistenza e presa in carico fiduciaria. Noi abbiamo voglia di metterci in gioco ma nell’era sempre più digitale mi sembra un passo indietro chiudere i medici di famiglia in un recinto come in qualche modo prevede la vecchia Balduzzi. Meglio un medico di famiglia dinamico che lavora in autonomia secondo obiettivi prefissati di salute e, soprattutto, senza pensare al suo paziente come a un numero di matricola ma assistendolo come una persona nel corso dei vari bisogni di salute, che si rendono via via necessari nell’arco della vita".
 
Ma in ogni caso la nuova convezione è stata firmata e da lì parte la nostra conversazione con il segretario nazionale della Fimmg.
 
Dottor Scotti, dopo quasi 10 anni avete firmato il rinnovo della convenzione. Quali sono le novità principali?
La prima è sicuramente la forte accelerazione che il nuovo Acn dà al ricambio generazionale. Sarà possibile fare entrare medici più giovani in possesso dell’attestato che non dovranno più aspettare, come accade oggi, 1 o 2 anni. Tutto ciò significa l'ingresso nel sistema di medici più giovani che potranno avere un percorso professionale più lungo, creando anche un equilibrio previdenziale per la categoria.
 
Nel nuovo Acn il medico di famiglia assume nuovi compiti in linea con le politiche sanitarie degli ultimi anni. Penso ai vaccini, al Piano cronicità, alle liste d’attesa e alla riduzione degli accessi impropri al pronto soccorso. Cosa vuol dire tutto ciò nella pratica?
Vuol dire che il medico di famiglia s’inserisce nell’evoluzione dei nuovi obiettivi di salute e testimonia come esso sia pronto al cambiamento e in questo senso va anche l’idea, che come Fimmg sosteniamo da tempo, sul fatto che l’evoluzione del contratto debba andare di pari passo con degli obiettivi di performance sulla salute.
 
Qualche esempio?
Penso al Pai (Piano assistenziale individuale) per l’assistenza dei malati cronici. Esso non può essere un mero atto burocratico. Il Pai deve voler dire presa in carico della persona e il medico a questo punto avrà degli obiettivi e degli indicatori cui mirare, come per esempio il mantenimento di una cronicità e che essa sia sotto controllo. Insomma il nostro ruolo dev’essere attivo.
 
A peoposito di cronicità, cose ne pensa del Piano della Lombardia? 
Guardi, del Piano lombardo mi ha sempre preoccupato il termine ‘gestore’ che sembra riportare tutto ad un’ottica economicistica. Il medico di famiglia dev’essere un ‘curatore’ e responsabile della tutela della salute del cittadino e questa è la direzione che dobbiamo prendere. Per carità, può essere solo un processo dialettico ma un gestore di prestazioni sul piano economico non è un percorso cui può tendere la medicina generale.
 
Nel nuovo Acn si parla anche di diagnostica di primo livello negli studi.
Nel momento in cui il medico di famiglia entra in un percorso di prescrizione di farmaci per la Bpco è giusto che possa effettuare una spirometria in studio per il monitoraggio della terapia. Ma penso anche alla possibilità di effettuare un’ecografia generalista. Insomma, l’obiettivo è innalzare la dotazione strumentale del medico di famiglia, attraverso un budget, proprio per dargli l’opportunità di garantire al cittadino un’offerta più ampia e con un controllo maggiore dell’appropriatezza terapeutica.
 
Dopo la firma ha dichiarato che ora bisogna lavorare ad una convenzione del cambiamento. In che senso?
Con questa convenzione abbiamo dato risposte al passato e in questo senso gli arretrati sono una risposta concreta ad una categoria che aveva un blocco contrattuale da 8 anni. Ma è chiaro che guardando al futuro dobbiamo innovare ancora di più e per farlo occorre puntare sui giovani. La categoria non può permettersi di galleggiare o inerpicarsi in inutili battaglie, per esempio con l’infermiere di famiglia. Dobbiamo però partire dal fatto che la medicina generale rappresenta ancora dopo decenni un punto di riferimento e con un alto gradimento dei cittadini. Serve però più integrazione con gli altri attori del Ssn, dobbiamo, come dicevo prima, essere capaci di produrre indicatori di performance anche perché oggi ci troviamo di fronte ad un paziente molto più informato ed esigente. Glielo dico chiaramente, il medico di famiglia alla ‘Tersilli’ o chiuso nel suo studio a fare ricette non può essere il futuro. Il medico di famiglia deve aumentare la sua offerta e deve offrire più garanzie di risoluzione dei problemi di salute al cittadino. Il tutto anche nell’ottica di mantenere sostenibile il Ssn e frenare la deriva consumeristica di salute che ha preso piede negli ultimi anni.
 
Senta, ormai sono passati molti anni dalla Legge Balduzzi che disciplinava le Aft, le Uccp e l’assistenza h24. Come ricorda la legge aveva suscitato molte attese nei cittadini mentre da parte vostra c’è sempre stato un certo scetticismo. La legge però è ancora lì, formalmente inapplicata. Quindi? Come la mettiamo?
Credo che quella legge vada, se mi concede il termine, ‘evoluta’. Le spiego, abbiamo un problema sulla carenza dei medici che rende francamente impossibile strutturare un modello di assistenza così com’è stato disegnato dalla Balduzzi. Un modello statico basato su piccoli ‘ospedaletti’ accentrati, in cui i professionisti sono bloccati in una logica oraria, di fatto allontana il cittadino dai luoghi di cura proprio in un’epoca in cui invece si vuole incentivare l’assistenza domiciliare. Ma il punto, come dicevo, è che va cambiato il concetto di assistenza e presa in carico fiduciaria. Noi abbiamo voglia di metterci in gioco ma nell’era sempre più digitale mi sembra un passo indietro chiudere i medici di famiglia in un recinto. Meglio un medico di famiglia dinamico che lavora in autonomia secondo obiettivi prefissati di salute e, soprattutto, senza pensare al suo paziente come a un numero di matricola ma assistendolo come una persona nel corso dei vari bisogni di salute, che si rendono via via necessari nell’arco della vita.
 
In campagna elettorale si è tornato a parlare tra gli addetti ai lavori del regionalismo sanitario? Lei come si sente? Centralista o federalista?
Non c’è dubbio che il federalismo ha una forte necessità di migliorare anche e soprattutto in termini di controllo e analisi delle differenze tra Nord e Sud. Giusto che le Regioni cerchino al loro interno di migliorare i processi ma quando si è in Conferenza delle Regioni bisogna fare delle sintesi nell’interesse del Paese perché se ognuno va per proprio conto rischiamo di perdere il senso di comunità di cui il Servizio sanitario nazionale rappresenta un collante fondamentale.
 
Senta, quale sarà la prima cosa che chiederete al nuovo Governo (quando ci sarà)?
Di sedermi al tavolo del Def per far capire che la questione dell’aumento delle patologie croniche dovute all’invecchiamento della popolazione rappresenta un’urgenza da affrontare con intelligenza. Occorre investire per tutelare la salute degli italiani, tutto a favore anche della produttività del Paese. Insomma vorrei far capire che la sanità non può più essere vista solo come una spesa.
 
A cura della Redazione di Quotidiano Sanità
9 aprile 2018
© QS Edizioni - Riproduzione riservata