Nuovo sistema previdenziale, nuovi criteri di gestione del patrimonio, nuovo Statuto. La rivoluzione dell’Enpam inizia oggi con una due giorni fitta di relazioni e dibattiti ai quali l’ente di previdenza dei medici italiani ha chiamato a partecipare tutti i rappresentanti della professione medica e odontoiatrica che afferiscono all’ente e che, secondo stime non ufficiali, sono così distribuiti: medici dipendenti, la cui previdenza è affidata per la quota maggiore all’Inpdap, 10%; medici di medicina generale, 56%; liberi professionisti puri (quasi esclusivamente odontoiatri), 17% e dagli specialisti ambulatoriali, 15%.
Tre obiettivi di riforma la cui road map è stata tracciata da altrettanti guru della cultura istituzionale ed economica del Paese: Gliuliano Amato per lo Statuto; Mario Monti per la gestione del patrimonio e Massimo Angrisani per la previdenza che, tra oggi e domani, svolgeranno tre lezioni magistrali sulle quali si articolerà il confronto. Le linee sulle quali l’ente intende muoversi sono state comunque anticipate dallo stesso Alberto Oliveti, vicepresidente vicario dell’Enpam, in
una recente intervista rilasciata al nostro giornale.
Sullo statuto il fine principale è quello di riadattare le regole della rappresentatività in modo da “rafforzare la rappresentatività, mantenendo la legittima e doverosa rappresentatività degli Ordini professionali, ma anche trovando il modo di rappresentare il contribuente, attraverso le forme associative e sindacali”. La strada per riequilibrare la situazione potrebbe essere quella di dare rappresentanza decisionale alle Consulte, ampliando il Consiglio nazionale e magari rendendo invece più snello e operativo il CdA. Per preparare la discussione odierna, nelle scorse settimane è stato inviato a tutte le organizzazioni del mondo medico
un questionario, le cui risposte serviranno da base di discussione.
Per il patrimonio il vero problema è quello di superare la distinzione tra mobiliare e immobiliare utilizzando un modello “che si basi su procedure di comportamento, quindi processi ottimali in serie, perché questo permette di ridurre i rischi, riducendo la discrezionalità nelle scelte e l’errore umano”. E poi scegliendo la via degli investimenti diversificati per classi di attività.
Per la riforma previdenziale, infine, Oliveti ha spiegato che non saranno toccate le pensioni in atto, né il valore dei contributi già incassati, e che non si vuole decidere “quale deve essere la data del pensionamento di ogni singolo contribuente”. L’obiettivo della riforma è piuttosto “soddisfare i nuovi criteri di equilibrio a 30 anni, ma soprattutto mantenere la catena intergenerazionale, cercando di fare in modo che questa riforma non si scarichi sui giovani”. E per farlo si stanno predisponendo due mosse: minore valorizzazione dei contributi, anche se sarà sempre più alta del pubblico; innalzamento dell’età pensionabile da 65 a 68 anni con gradualità a cominciare dal 2013 per arrivare a regime nel 2018.