Quotidiano Sanità ha pubblicato i dati Eurostat sulle retribuzioni del personale sanitario nei paesi europei. Risulta che le donne guadagnano in media circa 9.000 euro meno degli uomini, ma in Italia la differenza è di oltre 12.000 euro, quasi il 30%.
Questo dato mostra la sopravvivenza di una antica iniquità e merita una riflessione sulla richiesta di ruolo politico da parte delle donne.
Il presidente della Fnomceo
Filippo Anelli ha incontrato, appena eletto, le donne presidenti o vice di Ordine o di CAO per garantire l'attenzione della Federazione alle problematiche irrisolte delle donne medico. Sul tema sono apparsi molteplici interventi; per lo più ci si chiede come possano accadere simili iniquità.
Provo a dire la mia avendo un passato da segretario del più numeroso sindacato medico italiano, firmatario di due contratti nazionali. Poiché nessuno può pensare che le donne abbiano una diversa capacità o competenza rispetto agli uomini, la prima constatazione è che o si calano le retribuzioni maschili, cosa impensabile, o si trovano i soldi per pareggiare gli stipendi.
Un problema sia contrattuale che, data la cifra in gioco, di bilancio dello Stato. Cosa si può fare allora? Evidentemente porre le donne in condizioni di lavoro tali da perequare la loro produttività a quella maschile. Allora le retribuzioni non potranno essere difformi.
Ho insediato la prima commissione pari opportunità nell'Ordine fiorentino, ho creato la commissione per la medicina di genere nel Consiglio Sanitario Regionale della Toscana, ho voluto una vice presidente donna. Ma questo, della differente retribuzione, non è un problema politico, più facile se vi è buona volontà, bensì una questione contrattuale.
Il fatto è che i contratti di lavoro sono tuttora pensati per gli uomini e non sono adattati a un universo femminile. Conosco bene quelli della medicina generale perché portano la mia firma. Ebbene, lo confesso, sono costruiti per operatori che hanno il loro tempo completamente disponibile per il lavoro. Non per lavoratori che debbono assentarsi perché qualcuno in famiglia si è ammalato. In tutti i contratti c'è scarsa tolleranza per quella elasticità di cui di solito hanno bisogno le donne.
In poche parole si tratta di modificare l'organizzazione del lavoro in modo da renderla fruibile anche alla donne. Esistono molteplici provvidenze per cui i padri possono svolgere un ruolo familiare che alleggerisce il carico delle donne. Tuttavia l'accudimento dei figli è tuttora un compito più femminile.
Bisogna poter suddividere qualsivoglia processo produttivo in modo equo tra i generi il che, nella medicina generale, si può fare nelle associazioni previste dalla convenzione. Ugualmente si può modificare il contratto ospedaliero. Insomma non si tratta solo di costruire nidi aziendale ma di cambiare le regole del lavoro il che, e qui è l'intoppo, richiede investimenti e adattamenti dei cicli di produzione. E' possibile, oltre che indispensabile e civile, ma esige una diversa scrittura delle norme, cioè delle piattaforme sindacali.
Le donne debbono cercare l'affermazione in ogni ruolo che faccia sentire la loro voce in tema di economia e produttività. Per quanto attiene agli Ordini il contributo delle donne è essenziale, e lo diventa sempre di più con l'evoluzione della demografia professionale, ma l'organo professionale si occupa dello stato di disagio dei medici di fronte alla travolgente evoluzione della scienza e della società.
I medici oggi sono in burn out per l'eccessivo tempo speso in burocrazia che ostacola la relazione col paziente il quale, inoltre, è diventato un esigente internauta conflittuale, per l'eccessivo divario tra aspettative e realtà della medicina, per la deriva economicistica dei servizi medici, per l'introduzione di tecnologie cognitive informatiche, perché la pretesa centralità del paziente ne frustra le aspettative professionali.
In tal senso le donne hanno le stesse difficoltà e lo stesso disagio degli uomini per cui il loro contributo dipende da quanto esprimeranno come rappresentanza di genere. Ma i problemi concreti del genere femminile nascono da come nei secoli si è consolidato il mercato del lavoro il che oggi rappresenta una patente iniquità ma che, proprio per questo, deve trovare soluzione all'interno del ciclo produttivo.
Le donne debbono conquistare i sindacati.
Antonio Panti