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QS Edizioni - martedì 26 novembre 2024

Lavoro e Professioni

Diritti e doveri di medici e pazienti

di Ivan Cavicchi
immagine 27 novembre - Se lo scopo dichiarato, al quale aderisco pienamente, è “rendere attuabile la Carta europea dei diritti del malato e il Codice di deontologia medica” penso che la strada del decalogo messo a punto recentemente da Cittadinanzattiva e Fnomceo, non sia quella giusta. Ci vuole ben altro
Fnomceo e Cittadinanzattiva hanno sottoscritto, un decalogo: “Intesa medico cittadino per una nuova alleanza al fine di rendere attuabile la carta europea dei diritti del malato e il codice di deontologia medica” (QS 31 ottobre 2017).
 
Molto simile alla Carta di Firenze, (14 aprile 2005),  è una lista di norme relative al comportamento, espresse sotto forma di  precetti, concepita per definire, nei confronti dei medici e dei malati, delle condotte tanto professionali che sociali, auspicabili quindi ideali.
 
Tali precetti sono concetti sintetici dedotti da due importanti documenti:
· la Carta europea per i diritti del malato
· il Codice di deontologia medica
 
In ragione di ciò il decalogo  si propone come qualcosa che riconduce il molteplice a poche idee, quindi una sinossi.
 
Ideale e reale
Auspicare dei comportamenti ideali è un modo per sollecitare il mondo ad essere migliore di quello che è.
 
Ma quando ciò che si auspica:
· è irreale, cioè del tutto indifferente allo stato delle cose, in questa circostanza, l’ideale poverino  diventa come tale implausibile,
· usa l’ideale consapevolmente per non fare i conti con la realtà, cioè per spostare il tiro dell’attenzione, in questo caso esso rischia di diventare ingannevole.
 
La forza dell’ideale non è nella sua astrazione utopistica ma è:
· nella sua concepibilità
· nella sua attendibilità
· nel suo grado di possibilità
· nella sua verosimiglianza
 
Il decalogo che ci è stato proposto, viola tutte e quattro le condizioni indicate, soprattutto: attendibilità, possibilità, verosimiglianza.
 
E’ per questa ragione che esso, pur ineccepibile come sistema di valori, è implausibile e quindi, suo malgrado, ingannevole.
 
In esso vedo il problema dell’ideale:
· reso impossibile dal reale,
· usato per trascendere il reale.
 
Inesigibilità e insolvibilità deontologica
I doveri professionali sono deontologicamente inesigibili quando, per ragioni che non attengono alla volontà del medico, sono relativamente impediti nella loro piena espressione.
 
Il medico è deontologicamenteinsolvibile quando, suo malgrado, quindi escluse le sue volontà e le sue intenzioni, è messo nella condizione di non adempiere pienamente le obbligazioni deontologiche contratte.
 
Oggi la grande questione inedita, perché non ha precedenti, e che soprattutto la Fnomceo e l’Ipasvi, (titolari della deontologia delle due più grosse professioni di cura), non hanno ancora capito, è che, per tante ragioni, tanto i medici che gli infermieri, sono sempre più deontologicamente insolvibili perché i loro doveri sono sempre più deontologicamente inesigibili.
 
Ma di questo problema nel decalogo non vi è nessuna consapevolezza.
 
Ai medici e agli infermieri è giusto ricordare i loro doveri, ma nello stesso tempo, se i doveri per tante ragioni sono come dei debiti deontologici inesigibili quindi impossibili da pagare, in questo caso, con l’ideale:
· si condanna il medico e l’infermiere ad essere eticamente insolvibili  trasformandoli loro malgrado quale controparte del cittadino,
· si assolve la sanità quale realtà dalle sue responsabilità de-deontologizzanti. 
 
Decidibilità
Per dimostrare perché il decalogo è inattendibile e ingannevole:
· non dirò semplicemente che esso, relativamente alla realtà che abbiamo, è irrealistico,
· dirò che esso è logicamente inconseguente e a tale proposito userò un linguaggio adeguato.
 
Questo linguaggio è quello della decidibilità vale a dire: la condizione logica grazie alla quale si può decidere, risolvere, stabilire qualcosa.
 
In matematica la decidibilità è quando di un enunciato è possibile dimostrare la verità o la falsità.
 
Un decalogo è decidibile se può essere non solo affermato ma quando è possibile dimostrarne una qualche plausibilità e quindi una qualche possibile conseguenzialità.
 
Definisco quindidecidibile un decalogo rispetto al quale i medici e i cittadini ricevuti gli input (diritti e doveri) restituiscono degli output (diritti e doveri) coerenti con il decalogo stesso.
 
Il decalogo è decidibile solo quando i diritti e i doveri che esso propone ricorrono nelle prassi professionali o sociali e viceversa.
 
Siccome, data la realtà delle cose, per i medici, è relativamente impossibile che ciò accada, dal momento che in molti casi (non in tutti) mancano le condizioni di fondo prima dette (concepibilità, attendibilità, possibilità, verosimiglianza) il decalogo è indecidibile cioè ne vero e ne falso e per questoinservibile.
 
Conclusione: il decalogo è indecidibile quindi inservibile perché inconseguente
 
Conseguenze “politiche” dell’inconseguenza
Queste le conseguenze politiche:
· se il decalogo è indecidibile ed esso è  la sinossi della carta dei diritti e del codice deontologico, allora, per le stesse ragioni, anche la carta e il codice deontologico sono indecidibili,
· se questo è, allora coloro che lo propongono rischiano a loro volta di essere indecidibili dal momento che ci propongono un decalogo inconseguente.
 
Nel caso della Fnomceo l’indecidibilità del decalogo conferma la dissonanza terribile che esiste tra la federazione nazionale e la realtà difficile della professione che rappresenta (QS 23 ottobre 2017) ma anche, come vedremo, la scarsa sagacia della sua direzione.
 
Su un altro piano, quello dei documenti e delle strategie nel caso:
· del Codice deontologico dei medici l’indecidibilità del  decalogo conferma la necessità non più rinviabile di una sua radicale riscrittura,
· della Carta europea per i diritti del malato (2002) l’indecidibilità del decalogo sottolinea la necessità di andare oltre le declaratorie  dei diritti al fine  di definire più pragmaticamente i modi efficaci per la loro implementazione.  
 
Esempi di indecidibilità
Prendendoli dal decalogo, solo alcuni esempi.
 
Diritti dei cittadini.
Prevedere “il diritto di avere il giusto tempo all’ascolto” (nella carta di Firenze si dice: il tempo dedicato all'informazione, alla comunicazione e alla relazione è tempo di cura) è un principio giusto ma indecidibile perché esso è negato dai tempari, da organizzazioni del lavoro fortemente standardizzate, dalle insufficienze di personale, ecc.
 
In questo caso, pur trattandosi di un diritto la cui controparte vera è il sistema organizzato, il decalogo assume, nonostante la sua evidente indecidibilità, il medico come la sua unica controparte.
 
L’inganno deriva da ciò. L’indecidibilità di un qualsiasi diritto vieta per ragioni logiche di attribuirne la responsabilità solo al medico. L’indecidibilità è una questione di sistema
 
Doveri del malato
 
Tutti quelli previsti nel decalogo non hanno la caratteristica dei doveri, vale a dire, degli obblighi morali, ma sono null’altro che esortazioni per lo più di natura comportamentale che, per quanto interessanti siano, sono del tutto tautologiche e ridicole:
· tautologico è dire che bisogna collaborare con il medico,
· ridicolo è dire, nella società del web, che  il medico non deve essere sostituto con il web. Il web non si può spegnere e per far sì che il medico non sia sostituito ci vuole credibilità e fiducia.
 
La verità è che nel decalogo il malato risulta non avere doveri e meno che mai quello che dovrebbe essere il suo nuovo obbligo morale, vale a dire il mantenimento e la difesa della propria salute dal momento che oggi avere stili di vita insalubri è diventato un problema sociale. Ma questo il decalogo non lo dice.
 
Diritti del medico
A parte “non assecondare ogni interesse” tutti gli altri diritti sono tutti indecidibili perché dipendono dalle condizioni reali nelle quali opera il medico, in particolare “l’esercizio della propria professionalità” e “lavorare nelle migliori condizioni”.
 
E “la questione medica”? Il problema della medicina amministrata? L’essere sottomessi ad un sempre più crescenteproceduralismo? Il decreto sull’appropriatezza?
 
Doveri del medico
Trascurando le banalità (ascoltare, informare, interagire, ecc.) tra i doveri del medico è previsto quello di “alleggerire la burocrazia”. Se penso soprattutto ai medici di medicina generale, a parte sorridere, non riesco a fare altro. Questo è un dovere massimamente indecidibile.
 
Anche se so…
Trovo un errore imperdonabile:
· imputare al medico le contraddizioni del sistema anche se so che anche lui ha delle responsabilità,
· ridurre le complessità in gioco a mere questioni comportamentali anche se so che i comportamenti dei medici hanno un ruolo importante,
· semplificare tutto a diritti e doveri anche se so che questi sono valori guida.
 
Il decalogo è di fatto il risultato di vecchie logiche:
· quella che centra tutto sul comportamento del medico (behaviorismo), inaccettabile per la sua rozzezza teorica e la sua eccessiva semplificazione delle complessità in gioco,
· quella che invece teorizza la centralità assoluta del cittadino proponendoci  un cittadino ideologico come se fosse  un sovrano al di sopra di tutto e di tutti quindi come  la grande variabile indipendente che tutti devono ossequiare.
 
In ragione di queste logiche in molti sono convinti che:
· il medico come si comporta è la causa di tutti i problemi,
· che il medico è l’unica leva da usare per risolverli,
· il cittadino può essere solo un “esigente” incontrastabile.
 
Conclusione: alla faccia della complessità il problema, per antonomasia, è il medico
 
La colpa ontologica: essere
Che la Fnomceo abbia sottoscritto un decalogo senza rendersi conto della sua indecidibilità, di fatto accettando che la professione sia implicitamente considerata la controparte principale del cittadino, mi pone molti interrogativi.
 
Dietro all’indecidibilità del decalogo si intravede una questione ma anche un atteggiamento che vorrei esplicare perché non si dice mai:si tratta di sollecitare il singolo medico in quanto tale a fare qualcosa in più e di diverso ma solo perché non si è in grado di ripensarlo come professione in questo tempo e in questa società.
 
Decaloghi e carte, servono a salvare la coscienza dal momento che essi non sono null’altro che espressioni apologetiche quindi auto difese.
 
L’errore che fanno quelli del decalogo è chiedere ai medici, che sono quelli che storicamente sono, di restare quello che sono ma di essere allo stesso tempo qualcosa di più e di diverso.
 
Cioè di essere “diversi ma senza cambiare”.
 
Nella “questione medica” ho ampiamente sostenuto il contrario:
· “essere diversi e invarianti” è praticamente impossibile,
· “essere altro quindi cambiare” è più ragionevole.   
 
L’esempio della “relazione
Il decalogo ignora che l’attuale forma di relazione medico/malato (quella che io chiamo giustapposizione) dipende non dalla umanità del medico ma dal modo positivista di conoscere la malattia che in sé è spersonalizzante (in senso metaforico) perché si occupa solo di organi e di malattie.
 
Con gli organi si hanno giustapposizioni ma non relazioni. Se tutta la conoscenza clinica si basa sull’osservazione oggettiva e obiettiva dei fatti biologici, sulle evidenze scientifiche, sull’uso di un metodo precostituito, a che serve una relazione con il malato?
 
Per cui, a conoscenza positivista costante, è inutile sollecitare il medico ad avere delle relazioni con il malato, oltre naturalmente le regole della buona educazione e del rispetto, dal momento che non si può cambiare la forma della relazione senza prima cambiare la forma della conoscenza.
 
Siccome allo stato attuale delle cose non si ha idea di cosa voglia dire cambiare la forma positivista della conoscenza, si fa un decalogo indecidibile e tutto viene ridotto a precetti, a deontologia sciocca, a sollecitazioni, auspicando un medico sostanzialmente invariante ma più amabile.
 
Una questione di soldi
La Fnomceo. a parte non rendersi conto dei problemi di decidibilità, ha anche ignorato un aspetto delicato che tanto per cambiare riguarda i soldi.
 
Il decalogo è stato realizzato con “il contributo non condizionato” di AbbVie cioè di una importante azienda farmaceutica. Assolutamente niente di male e soprattutto niente di illegale (nel mio libro “snodi cruciali…” ho dedicato un corposo capitolo all’importanza delle sponsorizzazioni non solo trasparenti ma qualificate, sottolineando il valore del mecenatismo) il punto infatti non è legale ma è morale.
 
Non so quanto sia costato effettivamente il lavoro necessario per la scrittura del decalogo che considerata la sua natura banale, non deve aver avuto bisogno di ricerche particolari e di costose consulenze.
 
Però so con certezza che il decalogo è indecidibile.
 
L’altro giorno Guido Giustetto nel presentare il suo libro (“Pillole” che per rigore etico e scientifico, dati e argomenti consiglio a tutti di leggere) (QS 25 novembre), giustamente ha sollevato il problema degli sponsor industriali e della subalternità dei medici nei loro confronti.
 
Se è vero ciò che lui sostiene, e cioè che bisogna ricostruire il patto etico che si è rotto tra industria farmaceutica e medici, allora mi permetto di aggiungere che nessun patto etico è possibile se oltre la trasparenza non si pone un vincolo di decidibilità. Non si può finanziare l’indecidibilità perché nel momento che questo avviene automaticamente prevale un interesse speculativo su un interesse sociale.
 
Contributi troppo incondizionati
Non voglio approfondire il significato di “contributo non condizionato” (rimando per questoad un interessante “vademecun sulla sponsorizzazione” scritto da Forum ecm), mi limito a dire che:
· finanziare l’indecidibilità  è legale ma nello stesso tempo inopportuno perché alla fine essa vale come un inganno,
· i soldi dati per il decalogo avrebbero dovuto  essere in qualche modo  “condizionati al suo grado di decidibilità” cioè  ad un grado qualunque di utilità, di plausibilità, di praticabilità, di non banalità,
· i contributi per finanziare l’indecibilità  sono socialmente sempre  uno spreco,
· la Fnomceo dato il suo ruolo istituzionale avrebbe dovuto garantire lei per prima  un grado soddisfacente di decidibilità ma non lo ha fatto.
 
Ma per  la Fnomceo i problemi non finiscono qui, pesanti tornano quelli della dissonanza.
 
Dissonanza sempre dissonanza
Il problema principale della Fnomceo, non è aver sottoscritto un decalogo ma è che il decalogo ci è stato proposto nel mentre:
· l’ordine di Bari chiamava in piazza i medici per protestare contro la regione  Puglia al fine di difendere l’integrità deontologica della professione,
· l’assessore alla sanità della Lombardia minacciava i medici di sospendere loro la convenzione se non sostenevano la sua contro riforma,
· l’Aran tentava di rifilarci il comma 566 per via contrattuale,
· il Veneto con i medici di medicina generale  in sciopero  minacciava di usare i medici ospedalieri come crumiri per sostituire quelli di medicina generale …ecc.,
· per la rielezione del quadro dirigente all’ordine di Bologna  si era alle prese con una lista definita “dell’assessore”.
 
Oltre il problema di indecidibilità c’è quindi anche quello:
· dell’incongruità,
· dell’inopportunità,
· della decontestualizzazione.
 
Conclusione
Il decalogo è perfettamente legale ma nello stesso tempo scade in una particolare forma di incoerenza.
 
La sua incoerenza non è teorica ma pratica ed è il risultato sinergico di cinque fattori:
· la sua indecibilità
· il finanziamento non condizionato ad un valore aggiunto
· l’essere incongruo
· l’essere inpportuno
· l’essere  fuori contesto
 
Queste 5 cose, nel mentre i rapporti tra cittadini e medici non sono proprio idilliaci, fanno del decalogo una banale quanto inutile lista di delle petizioni di principio. Per carità, ribadire dei valori non fa male a nessuno. Ma se lo scopo dichiarato al quale aderisco  pienamente è“rendere attuabile la carta europea dei diritti del malato e il codice di deontologia medica” penso che la strada del decalogo non sia quella giusta. Ci vuole ben altro.
 
Ivan Cavicchi
27 novembre 2017
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