“Il
parere contrario espresso ieri dalla Corte Costituzionale che ha dichiarato non fondate tutte le questioni prospettate nei ricorsi della Regione Veneto sull’obbligo vaccinale rappresenta un importante atto di tutela verso l’equità di accesso alla prevenzione per tutti i cittadini italiani e riporta il dibattito nei binari descritti dal Legislatore”. È l’opinione espressa in una nota congiunta dalla Fimmg (Federazione medici di medicinale generale) e dalla Sip (Società italiana di pediatria).
Per la Fimmg e la Sip, il decreto legge (D.L.) n. 73, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 130 del 7 giugno 2017, convertito con modifiche nella legge n. 119 del 31 luglio 2017, “ha suscitato le più svariate considerazioni e valutazioni, ma poco spazio è dedicato a un aspetto molto importante ovvero l’importanza di disporre di una legge che sanasse le incredibili e spesso ingiustificabili disparità di offerta vaccinale nelle diverse regioni italiane, non di rado tra ASL della stessa regione. Grazie alla presenza delle vaccinazioni nei LEA (livelli essenziali di assistenza), grazie all’obbligo vaccinale per la frequenza scolastica per 10 vaccinazioni e grazie all’offerta attiva e gratuita dei vaccini antimeningococco B e C, antipneumococco e antirotavirus sembrava ragionevolmente raggiunta l’opportunità di poter garantire a tutti i bambini in Italia le stesse vaccinazioni con un comune calendario vaccinale”.
“Purtroppo – proseguono Fimmg e Sip nella nota congiunta - nei primi mesi di vita del DL, alcune regioni hanno usato i margini d’azione loro garantiti per tornare a differenziare le politiche vaccinali in base a criteri e valutazioni non sempre chiari ma capaci di rendere nuovamente possibili significative disparità nell’offerta vaccinale a seconda della residenza. In alcune regioni si sta realizzando, ad esempio, la paradossale situazione che la scelta del vaccino non venga attuata a livello degli organismi scientifici, su criteri da questi validati, bensì da organismi amministrativi che si spingono anche a definire criteri che appaiono quanto meno discutibili”.
“Questo – per Fimmg e Sip - non solo porrà il problema immediato del completamento del calendario vaccinale per quelle famiglie che si sposteranno da una regione all’altra ma, soprattutto, porterà inevitabilmente a ripristinare un’iniqua offerta di salute nelle diverse regioni italiane i cui cittadini si vedranno proporre interventi di prevenzione sulla base di scelte dettate non dal perseguimento di obiettivi di salute ma da meri criteri economicisti che orienteranno la scelta verso il risparmio del momento (il vaccino che costa meno)”.
Un “atteggiamento” che, per Fimmg e Sip, “porterebbe ben presto le Aziende a produrre vaccini più economici anche se meno efficaci. Ben altro criterio sarebbe -e ben altro scenario realizzerebbe- l’offrire invece il vaccino più moderno, più completo, più efficace (scelta auspicabile). In ogni caso, se i criteri di scelta dei vaccini non verranno condivisi e resi omogenei in tutta Italia, l’equità dell’offerta vaccinale resterà purtroppo un obiettivo impossibile”.