Nella responsabilità medica non c’è solo l’effetto diretto dell’eventuale errore, ma anche le conseguenze che questo può avere sulla vita psichica e relazionale del soggetto coinvolto.
Partendo da questo presupposto la Corte di Cassazione (III Sezione civile, sentenza 25109/2017 depositata il 24 ottobre) ha respinto un ricorso contro la richiesta di un riconoscimento maggiore (50%) per danno biologico in un intervento di chirurgia plastica, ma ha comunque confermato la sentenza della Corte di Appello sull’entità del risarcimento anche per le conseguenze psicologiche.
Il fatto
Una modella si era sottoposta a un intervento estetico che, però, non era perfettamente riuscito e aveva lasciato sul corpo della donna numerose cicatrici.
Nel corso del giudizio si è accertato che, anche considerando la professione della paziente, il percorso che questa ha dovuto affrontare per effetto degli interventi chirurgici non aveva determinato solo tracce somatiche antiestetiche, ma anche una sofferenza psicosomatica.
La modella, infatti, era stata colpita da depressione che, anche se attenuata nel tempo, si era comunque stabilizzata in un equilibrio di sofferenza permanente.
Il quadro complessivo rende difficile secondo i giudici la quantificazione del danno biologico complessivo, e quindi si deve ricorrere all'equità, tenendo conto di numerose condizioni, come l'ansia, l'insicurezza, i rapporti con l'altro sesso, la compromissione dell'intera sfera affettiva.
La sentenza
In questo caso, secondo la Cassazione, è proprio con l'esatta quantificazione del danno biologico che la donna si è trovata in disaccordo con la decisione del giudice del merito e ha deciso di rivolgersi alla Cassazione.
Per la Cassazione però, la Corte d'Appello ha valutato tutti i profili di danno complessivamente e in maniera adeguata, tenendo conto anche dell'evoluzione del profilo psichico della patologia riscontrata. La sua decisione va quindi confermata.
Secondo la Cassazione infatti “il giudice del rinvio ha valutato tutti i profili … considerando che le traversie sopportate per effetto degli interventi chirurgici, oltre che provocare tracce somatiche antiestetiche, hanno determinato una sofferenza psicosomatica, valutando i vari effetti e operandone una gradazione nel tempo, considerando che la depressione è andata diminuendo fino a stabilizzarsi in un equilibrio, comunque, di sofferenza permanente e determinando tale danno biologico complessivo nella misura del 15%, in considerazione delle ripercussioni sul piano estetico e psichico che riguardano i profili fisici, psichici e relazionali”.
“Tali operazioni - prosegue la Corte - si innestano su una consulenza di ufficio che conclude ritenendo che il danno biologico complessivo è quantificabile con difficoltà e va stabilito in via equitativa, quale risultante di una pluralità di condizioni, come lo stato di ansia, di insicurezza, la compromissione della sfera affetti1va in generale ed ii rapporto con l'altro sesso”.