Nel corso della propria esperienza professionale solo poco più di un assistente sociale su dieci (11,8%) non ha mai ricevuto minacce, intimidazioni o aggressioni verbali. Ben tre professionisti su venti (il 15,4% ) hanno subito una qualche forma di aggressione fisica; l’88,2% è stato oggetto di violenza verbale, mentre il 61% ha assistito ad episodi di violenza verbale contro i colleghi. Ed ancora: l’11,2% ha subito danni a beni o proprietà addebitabili all’esercizio della professione; il 35,8% ha temuto per la propria incolumità o quella di un familiare a causa del lavoro.
Sono questi alcuni dei dati della ricerca “Conoscere per agire. Il fenomeno dell’aggressività nei confronti degli assistenti sociali” promossa dal Consiglio nazionale degli Assistenti Sociali, dalla Fondazione Nazionale Assistenti Sociali e che è stata condotta su un campione di oltre 20 mila professionisti, quasi la metà dei 42 mila assistenti sociali italiani e presentata oggi presso la sede del Cnel.
Vi hanno collaborato i Consigli regionali degli Ordini degli assistenti sociali di Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia - Romagna, Valle d’Aosta, Friuli - Venezia Giulia, Sardegna, Trentino Alto Adige, Puglia, Sicilia, Umbria, Campania e Lazio.
La ricerca è stata realizzata da
Alessandro Sicora, Università della Calabria, che ne ha curato il coordinamento scientifico, Urban Nothdurfter, Libera Università di Bolzano e da
Mara Sanfelici, Università degli studi di Milano Bicocca.
“Rilevante è che nel solo ultimo trimestre - e quindi in un arco di tempo relativamente breve - oltre mille tra i partecipanti alla ricerca abbiano subito forme di violenza fisiche che hanno richiesto un intervento medico importante. Dato, questo, preoccupante - considerate le conseguenze in termini di danni alla salute fisica e psicologica dei professionisti coinvolti - anche per la percezione da parte degli assistenti sociali di una sempre maggiore incidenza del fenomeno della violenza durante lo svolgimento del proprio lavoro”, commentano il Consiglio nazionale degli Assistenti Sociali e la Fondazione Nazionale Assistenti Sociali in una nota che illustra in sintesi i dati.
Secondo la ricerca, infatti, un quarto del campione (25,4%) pensa che la violenza fisica contro gli assistenti sociali sia aumentata negli ultimi cinque anni; il 61% degli intervistati ritiene che lo sia quella verbale, il 47,1% ritiene che episodi che comportano danni o minacce di danni a beni e proprietà sia aumentata nello stesso arco di tempo.
Emerge, poi, che i settori nettamente più a rischio sono i servizi a tutela dei minori e i servizi a sostegno di adulti in difficoltà. Circa un quarto del campione (24,5%) svolge la professione presso servizi a sostegno e tutela di bambini e famiglie; un quarto del campione (25,5%) si dedica a persone che hanno necessità di sostegno legate all’età anziana (14,1%) o a condizioni di disabilità (11,4%); il 9,3% degli intervistati lavora in servizi per adulti in difficoltà, il 5,9% si occupa di progetti sociali nell’ambito del penale o del penale minorile; 18,2% in servizi integrati socio-sanitari Solo il 3,6% è dedicato a servizi a sostegno della popolazione immigrata.
Solo una parte delle aggressioni fisiche subite vengono segnalate alle autorità di pubblica sicurezza o al proprio ente, rispettivamente nel 10,6% e 23,3% dei casi. Presumibilmente in ragione di un certo grado di sfiducia diffuso tra i professionisti. Il 49% gli intervistati dichiara, infatti, che a seguito di episodi di violenza verbale l’ente di appartenenza non ha preso alcuna iniziativa concreta per aiutarli e sostenerli.
Per Gianmario Gazzi, Presidente del Consiglio Nazionale degli Assistenti sociali “il fenomeno violenza e le maggiori difficoltà nel rapporto tra assistenti sociali, isituzioni e cittadini non può prescindere dallo stato di crescente sofferenza in cui si trova oggi il sistema dei servizi sociali. Anzi, ne è una diretta conseguenza. E’ evidente che nei nostri servizi si scarica la sfiducia e la rabbia dei cittadini nei confronti delle istituzioni. Serve attivare nuovi sistemi organizzativi e strategie metodologiche per gestire meglio le criticità, così come serve - ed è ormai ineludibile - investire in risorse professionali, nella formazione anche continua oltre a costruire servizi adeguati e nella sicurezza nei luoghi di lavoro”.
Silvana Mordeglia, presidente della Fondazione assistenti sociali, sollecita “l’attenzione delle istituzioni pubbliche affinchè vi sia una maggiore consapevolezza delle effettive difficoltà che i nostri colleghi – complice anche una crisi economica che, almeno per quanto riguarda le conseguenze sui Servizi sociali, sembra non avere fine – sono costretti ad affrontare e gestire per poter svolgere al meglio i loro compiti. Siamo in presenza di episodi di violenza frutto di sofferenza e di tensioni sociali, ma non vanno assolutamente sottovalutati quelli che derivano anche da una falsa rappresentazione della attività degli assistenti sociali. Stereotipo, quest’ultimo, difficile da superare”.
Secondo Barbara Rosina, Presidente del Consiglio regionale dell’Ordine del Piemonte e coordinatrice tecnica della ricerca “è indubbio che i servizi sociali abbiano forze inadeguate rispetto ai cambiamenti in atto ed alle nuove esigenze e spesso non riescono ad esercitare nel modo dovuto il ruolo di accoglienza del disagio, di accompagnamento e di supporto. Sono necessari, e non più rinviabili, interventi per sostenere l’intero sistema dei servizi: le soluzioni delle criticità non possono essere delegate agli operatori che sono privi delle necessarie risorse economiche e degli strumenti necessari senza le quali è impossibile mettere in atto azioni efficaci”.