toggle menu
QS Edizioni - giovedì 28 novembre 2024

Lavoro e Professioni

Cassazione. Infermiera assolta per un danno subentrato a un paziente (shock emorragico post-operatorio) perché non si può dimostrare che la struttura sarebbe potuta intervenire

immagine 11 settembre - Per la Cassazione (sentenza 39497 del 29 agosto 2017) manca la prova che la struttura alle 4 di notte fosse in grado di eseguire gli esami di laboratorio disposti la mattina successiva. Né è provato che in caso di condotta diligente l'evento si sarebbe potuto impedire. LA SENTENZA:
L'infermiera del turno di notte non può essere considerata responsabile dello shock emorragico, per non aver allertato il medico di guardia sul peggioramento delle condizioni del paziente che si lamentava.

Per la Cassazione (sentenza 39497 del 29 agosto 2017) manca anche la prova che la struttura alle 4 di notte fosse in grado di eseguire gli esami di laboratorio disposti la mattina successiva. Né è provato che in caso di condotta diligente l'evento si sarebbe potuto impedire.

I fatti
A Torino, nel 2011, un medico e un’infermiera di una casa di cura convenzionata erano stati condannati a due mesi di reclusione per aver permesso che la situazione clinica di un paziente si aggravasse fino allo shock emorragico (lesioni personali colpose).
Il medico aveva operato il paziente di addomino-plastica, l’infermiera era addetta al post operatorio. Secondo gli estremi della condanna, entrambi, con la loro condotta omissiva hanno permesse l’aggravamento della complicanza, consentendo l’insorgenza dello shock emorragico.
Nello specifico, l’infermiera durante la notte, aveva rilevato lo stato di agitazione del paziente, il dolore di quest’ultimo allo scroto e la pressione arteriosa scesa a 90/60, ma non si era premurata di avvisare il medico di guardia.

Il ricorso

L’infermiera da quel momento ricorre da sola in Cassazione e la Corte le dà ragione: non è possibile addebitare all'infermiera di turno la responsabilità dello shock emorragico riportato da un paziente, per il solo fatto che questa, nonostante le lamentele, non ha allertato il medico di guardia sul peggioramento delle condizioni di salute del malato.
Secondo i giudici è infatti necessaria la prova che, nel cuore della notte, la struttura sanitaria fosse in grado di garantire gli esami di laboratorio necessari a diagnosticare la complicanza emorragica e che, se l'infermiera avesse avvisato il medico, questo avrebbe potuto compiere immediatamente gli interventi utili a impedire l'aggravarsi e il complicarsi della condizione di shock emorragico.

Le motivazioni

In questo caso, non era stata dimostrata nessuna di queste circostanze, né se durante la notte la condizione del paziente fosse ancora reversibile e gli interventi iniziati la mattina seguente potevano essere anticipati.
Mancava, insomma, il “necessario giudizio controfattuale” indispensabile per stabilire l’effettiva rilevanza della condotta del sanitario e, di conseguenza, l’effetto delle cure omesse (Cass., Sez. IV Penale, 30 maggio 2013, n. 23339) o, come si legge nella sentenza, la “dimostrazione del giudizio controfattuale è necessario per accertate la configurabilità della ineludibile relazione causale tra la condotta omissiva addebitata all’indagato e l’evento; e, pertanto, deve essere dimostrato al fine di accertare la sussistenza della responsabilità”.

Per i giudici di legittimità, insomma,  è indispensabile per accertare l’effettiva relazione causale tra la condotta omissiva dell’infermiera e l’evento e la mancanza o l’incongruente dimostrazione del giudizio controfattuale pone “il ragionevole dubbio riguardo alla reale efficacia condizionante della condotta omissiva in relazione al determinarsi dell’evento”.
La relativa indagine viene quindi affidata al giudice di rinvio.
11 settembre 2017
© QS Edizioni - Riproduzione riservata