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QS Edizioni - domenica 24 novembre 2024

Lavoro e Professioni

Cassazione. Responsabilità medica: senza consenso informato (o se incompleto) il paziente va sempre risarcito. Ecco perché

immagine 6 settembre - Secondo la Corte di Cassazione (sezione civile, sentenza 16503/2017) chi non informa il paziente (consenso informato) va punito senza che sia necessario dimostrare che, se l'obbligo informativo fosse stato correttamente svolto, il paziente avrebbe probabilmente rifiutato l'intervento al quale invece si è sottoposto. LA SENTENZA.
Chi non informa il paziente (consenso informato) va punito senza che sia necessario dimostrare che, se l'obbligo informativo fosse stato correttamente svolto, il paziente avrebbe probabilmente rifiutato l'intervento al quale invece si è sottoposto.

La Corte di Cassazione (sezione civile, sentenza 16503/2017) non ha dubbi sul fatto che l'obbligo del consenso informato sia legittimazione e fondamento del trattamento sanitario. E in caso manchi è sicuramente “illecito”, anche se la cosa è avvenuta nell'interesse del paziente.

L’obbligo riguarda le informazioni circa le prevedibili conseguenze del trattamento cui viene sottoposto un paziente e l'acquisizione del consenso da parte di questo rappresenta una prestazione "altra e diversa da quella dell'intervento medico", perché la Corte la giudica “idonea ad assumere una rilevanza autonoma ai fini dell'eventuale responsabilità risarcitoria”.

La sentenza riguarda le lesioni da un intervento chirurgico di emilanectomia parziale, erniectomia e foratominotomia per tentare di risolvere una lombosciatalgia destra eseguito in una azienda ospedaliera, condannata dal Tribunale territoriale al risarcimento del danno al paziente. La Cassazione ha repsinto l’ulteriore ricorso contro la sentenza del Tribunale affermando che il “danno evento” provocato dall'omessa informazione è rappresentato dal compimento stesso di un intervento medico sul paziente senza averne prima ottenuto il consenso. Si tratta, insomma, della conseguenza di una condotta omissiva seguita da una condotta commissiva.

Il “danno conseguenza”, invece, può manifestarsi in vari modi, ma la Corte sottolinea in particolare la sofferenza e la contrazione della libertà di disporre di se stesso. In quanto tale, esso può considerarsi la regola esentata da prova specifica.

Nella sentenza la Cassazione traccia una vera e propria identità del consenso informato, dei suoi obblighi e dei suoi effetti in caso di incompletezza od omissione:
- l'obbligo del consenso informato costituisce legittimazione e fondamento del trattamento sanitario, senza il quale l'intervento del medico è - al di fuori dei casi di trattamento sanitario per legge obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità - sicuramente illecito, anche quando è nell'interesse del paziente; in base alla Costituzione e alla legge l’obbligo è a carico del sanitario, il quale, una volta richiesto dal paziente dell'esecuzione di un determinato trattamento, decide in piena autonomia di accogliere la richiesta e darvi corso;
 
- l’obbligo attiene all'informazione circa le prevedibili conseguenze del trattamento cui il paziente viene sottoposto e in particolare al possibile verificarsi, in conseguenza dell'esecuzione del trattamento, di un aggravamento delle condizioni di salute, per porre quest'ultimo in condizione di consentire consapevolmente al trattamento sanitario prospettato. Il medico ha quindi il dovere di informare il paziente sulla natura dell'intervento, la portata dei possibili e probabili risultati conseguibili e delle implicazioni verificabili
 
- l'acquisizione da parte del medico del consenso informato costituisce prestazione altra e diversa da quella dell'intervento medico richiesto, assumendo autonoma rilevanza rispetto all'eventuale responsabilità risarcitoria in caso di mancata prestazione da parte del paziente. Si tratta, in definitiva, di due diritti distinti: il consenso informato attiene al diritto fondamentale della persona all'espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico e quindi alla libera e consapevole autodeterminazione del paziente, perché nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge; il trattamento medico terapeutico riguarda invece la tutela del (diverso) diritto fondamentale alla salute.

Il diritto ad essere correttamente informati per potere esprimere un consenso al trattamento sanitario sulla propria persona va attentamente ricostruito alla stregua dei principi generali già affermati dalla Cassazione:
- la lesione del diritto a esprimere il consenso informato da parte del medico si verifica per il solo fatto che egli tenga una condotta che lo porta al compimento sul paziente di atti medici senza avere acquisito il suo consenso;
 
- il c.d. danno evento cagionato da questa condotta è rappresentato dallo stesso intervento sul paziente senza la previa acquisizione del consenso, cioè, per restare al caso dell'intervento chirurgico, dall'esecuzione senza tale consenso dell'intervento sul corpo del paziente; danno-evento in questione che risulta, dunque, dalla tenuta di una condotta omissiva seguita da una condotta commissiva;
 
- il danno conseguenza è, invece, rappresentato dall'effetto pregiudizievole che la mancata acquisizione del consenso e, quindi, il comportamento omissivo del medico, seguito dal comportamento positivo di esecuzione dell'intervento, ha potuto determinare sulla sfera della persona del paziente, considerata nella sua rilevanza di condizione psico-fisica posseduta prima dell'intervento, la quale, se le informazioni fossero state date, l'avrebbe portata a decidere sul se assentire la pratica medica.

Vale a dire:
a) dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre di sé stesso, psichicamente e fisicamente, patite dal paziente in ragione dello svolgimento sulla sua persona dell'esecuzione dell'intervento durante la sua esecuzione e nella relativa convalescenza;
 
b) eventualmente, dalla diminuzione che lo stato del paziente subisce a livello fisico per effetto dell'attività demolitoria, che abbia eventualmente eliminato, sebbene a fini terapeutici, parti del corpo o le funzionalità di esse: poiché tale diminuzione avrebbe potuto verificarsi solo se assentita sulla base dell'informazione dovuta e si è verificata in mancanza di essa, si tratta di conseguenza dannosa, che configura danno conseguenza indipendentemente dalla sua utilità rispetto al bene della salute del paziente, che è bene diverso dal diritto di autodeterminarsi rispetto alla propria persona, anche se in modo di riflesso incide sul bene della salute;
 
c) con riferimento alla possibilità che, se il consenso fosse stato richiesto, la facoltà di autodeterminazione avrebbe potuto indirizzarsi nel rivolgersi per l'intervento medico altrove, qualora si riveli che sarebbe stata possibile in relazione alla patologia l'esecuzione di altro intervento meno demolitorio o anche solo determinativo di minore sofferenza, si verifica anche un danno conseguenza rappresentato da vera e propria perdita, questa volta relativa proprio ad aspetti della salute del paziente.
6 settembre 2017
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