Un settore, quello termale, fatto di piccole e medie imprese, ( 378 stabilimenti termali, in 20 Regioni, il 178, comuni) che garantiscono un tessuto di presenze e di continuità operativa di presidi sanitari di qualità a disposizione dei cittadini, con l’impiego di oltre 65.000 addetti, tra occupati diretti ed indiretti, che comprendono sia quelli direttamente impegnati nell’erogazione delle cure che quelli dell’indotto alberghiero, del commercio e dei servizi; un settore che può contribuire con risorse naturali e know how nazionali alla ripresa e alla crescita del PIL con un’offerta di cure scientificamente validate e di servizi di qualità.
L’onere che le Casse dello Stato sostengono per le cure termali, da sempre inserite nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) è da lungo tempo sotto controllo ed è pari complessivamente a circa 130 milioni di euro, che rappresentano appena lo 0,15% dell’intero ammontare del Fondo Sanitario Nazionale.
Un importo decisamente contenuto, che, però, riesce a sviluppare oltre il 70 % del fatturato complessivo per cure del comparto, attivando una vera galassia di economie locali.
“Sono necessarie risposte chiare ed urgenti” – ha sottolineato Jannotti Pecci – “perché il settore soffre ed è in grandissime difficoltà, alla vigilia di importanti appuntamenti, tra cui il rinnovo del Contratto nazionale di lavoro di Federterme e per le conseguenti decisioni di avvio degli investimenti aziendali e, soprattutto, quello rappresentato dal piano sanitario nazionale, in cui è imprescindibile che siano recepite le indicazioni più volte espresse dal Governo e, in particolare, dal Ministro della Salute, in ordine alle potenzialità di utilizzo delle terme nelle politiche di rafforzamento della medicina del territorio, con un particolare riferimento alla riabilitazione.”
“Attendiamo, inoltre” - prosegue Jannotti Pecci - “un urgente riscontro alla nostra richiesta di attivazione del tavolo negoziale con le Regioni, per la definizione del nuovo accordo tariffario, che potrà consentire alle imprese di disporre delle risorse necessarie, in termini di recupero dei costi di produzione, per poter procedere al rinnovo delle Convenzioni (ferme da anni) ed al rinnovo del CCNL degli oltre 15mila addetti del settore, scaduto lo scorso 30 giugno”.